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 2009  marzo 22 Domenica calendario

«FRANCESCHINI SBAGLIA SULLA SOLIDARIETA’ ROSY BINDI? UNA CATTOLICA DELUDENTE»


«Vuole vedere la cosa più bella del mio ufficio?». Spalanca la finestra del balcone puntando l’indice a destra. Ok, c’è Montecitorio, e allora? «Cosa vede nel punto più alto?». C’è una croce, ultimo retaggio dell’origine pontificia del palazzo della Camera dei deputati. E da quel terrazzino, fa notare, si vede una croce svettare in tutti e quattro i punti cardinali, come a segnare la missione politica di Paola Binetti, che si è imposta di fare la bussola del cattolicesimo nel Pd. Sulla scrivania, il testo integrale del disegno di legge della maggioranza sul testamento biologico, in discussione in questi giorni nell’aula del Senato. «Lo stavo studiando nel dettaglio. Le cose che mi stanno più a cuore», l’obbligo di nutrizione e idratazione sui pazienti in fin di vita, «sono presenti tutte. Nessuno può negare che il senatore Raffaele Calabrò abbia fatto il massimo sforzo possibile per includere nel suo ddl le diverse posizioni emerse su questo tema».

Lo voterebbe se approdasse alla Camera così com’è?

«Lo voterei perché garantisce la qualità delle cure al paziente in coma vegetativo, chiedendo che rientrino nei livelli essenziali di assistenza, ma accoglie anche tutto quello che possono chiedere persone capaci di intendere e di volere. Tranne che assisterle in un suicidio. La sospensione di idratazione e nutrizione è l’anticamera dell’eutanasia».

La capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro, ha definito «osceno» questo ddl.

«Abbiamo posizioni nettamente diverse. Questo ddl esordisce con la citazione degli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione. Non si può non essere d’accordo».

Nella scorsa legislatura voi teodem avete fatto ballare parecchio il governo Prodi al Senato. Non si annoia alla Camera?

«No. Ma non nego che in questo momento avrei desiderato moltissimo essere al Senato e partecipare al dibattito sul testamento biologico. L’ho fatto la scorsa legislatura con passione, credendo che questa sia una delle battaglie più importanti perché marca una linea di frontiera tra il diritto alla libertà e il diritto alla vita, che devono registrare un reciproco bilanciamento».

Dicono che Veltroni l’abbia messa in castigo a Montecitorio.

«Se la democrazia fosse un luogo in cui i parlamentari vengono messi in castigo avrebbe tradito alla radice la sua natura. Noi teodem abbiamo mantenuto una convinzione profonda: che il Pd possa essere la casa di tutti i cattolici, senza che debbano rinunciare ai valori che definiscono la loro identità».

Quali sono questi valori?

«La vita e la libertà, intesa nella pienezza del senso di responsabilità che essa comporta, sono ciò che definisce l’identità del cattolico impegnato in politica».

Chi la conosce dice che lei è molto più fedele ai suoi valori che alla politica. Allora perché non ha mai dato il colpo di grazia al governo del ”cattolico adulto” Romano Prodi?

«Perché non credo che la missione di un cattolico impegnato in politica sia quella di far cadere un governo. La politica è una medaglia a due facce. Una è quella della mediazione che non rinuncia al dialogo. L’altra ha scolpiti alcuni principi irrinunciabili, come il valore della vita o della famiglia. Minarli significherebbe far precipitare le fondamenta della società».

La sua vocazione alla mediazione le costò una sonora sberla dall’Osservatore romano quando, nel 2006, lei formulò una risoluzione che non chiudeva alle ricerche sull’embrione. Cosa provò?

«Mi ferì molto. Si trattava di una mozione su posizioni molto simili a quelle di Obama, che ha aperto alla sperimentazione sulle cellule embrionali. Sosteneva che se si potesse prelevare una cellule staminale senza danneggiare l’embrione si potrebbe procedere con la sperimentazione. Io la sostenni perché si trattava di un’ipotesi dell’irrealtà. Per questo ero e resto contro la sperimentazione sulle cellule embrionali».

Delusa da Obama?

«La sua posizione sorprende soprattutto l’intelligenza, perché nella sperimentazione sulle cellule embrionali la possibilità di successo è pari a zero. In America, in Europa e nei Paesi orientali hanno sperimentato, senza successo. l’evidenza del risultato che rende scandalosa la posizione di Obama».

Il governo Prodi voleva staccare la spina a Welby, questo governo si è battuto per far vivere Eluana. Non l’ha mai sfiorata il dubbio di trovarsi dalla parte sbagliata?

«Sulla difesa della vita ci sono differenze abissali tra me e certa sinistra. Se la parte laicista prevalesse non sarei in difficoltà io, ma tutti i cattolici che si riconoscono in questi valori».

Ma lei ha molti più valori in comune con il centrodestra. Perché sta a sinistra?

«Perché per una persona come me, laureata nel 1967 in Medicina e Chirurgia all’Università Sacro Cuore di Roma e con 40 anni di esperienza professionale come neuropsichiatra infantile, la vita più povera di prospettive e di capacità, quindi più indifesa, è quella di un bambino, tanto più se portatore di patologie. E una politica che guarda a sinistra, per me, è quella che fa dell’attenzione ai più poveri, ai più deboli e ai più soli il suo epicentro».

Che giudizio dà di Franceschini?

«Sta dando prova di grande vitalità. Ogni giorno fa una proposta diversa».

Meglio lui o Veltroni?

«Il Veltroni della campagna elettorale era molto carismatico, ma nel passaggio alla fase attiva non è stato tanto brillante. C’era un governo ombra più numeroso di quello in carica. Franceschini ora è in gran forma. Sta trasmettendo l’idea di un’attenzione della sinistra verso le persone fortemente in difficoltà. E ci sono molti cattolici che si riconoscono in questa cultura solidale. Ma questi cattolici stanno davvero a casa loro a sinistra? O devono pagare dazio rinunciando alla difesa del diritto alla vita?».

Risponda lei.

«Intanto vediamo cosa farà Franceschini. Mi auguro che inglobi tra le persone in difficoltà anche i pazienti e non cada nell’errore di considerare solo i poveri sani, perché i più poveri sono i malati. La mia preoccupazione sono i bimbi che nascono immaturi e sotto peso. Ma non vorrei che, siccome sono soggetti che non votano, venissero parcheggiati nel dimenticatoio».

Sta dicendo che quella di Franceschini è una solidarietà interessata?

«Se la solidarietà è una proposta di aiuto sociale, ben venga. Ma se è quella che abbiamo visto con Eluana, ovvero qualcosa del tipo ”soffre troppo quindi sopprimiamola”, non ci siamo proprio. Il Franceschini che di fronte a questo tipo di disagio gira le spalle da un’altra parte non mi piace».

Franceschini, per l’esattezza, ha detto: ” impossibile immaginare di imporre idratazione e alimentazione”. Se l’aspettava?

«Mi sembra che Franceschini in questo momento stia combattendo molte battaglie e quella che gli sta più a cuore è ridare credibilità al Pd interpretando la linea prevalente nell’elettorato di centrosinistra. Ma ha posto male la questione. Nessuno sta imponendo nutrizione e idratazione come se fossero una violenza: è un servizio all’altro».

Ha avuto il sospetto che la morte di Eluana sia stata indotta?

«L’autopsia lo esclude. Ma quella di Eluana è stata una morte indotta per definizione».

Lei è l’unica ad essersi posta il problema del parere della madre. Pensa non fosse d’accordo con Beppino Englaro?

«Non ho mai parlato con lei. Ma sono convinta che la sua malattia sia la conseguenza di una sofferenza che veniva da molto lontano. Il rapporto viscerale tra una madre e una figlia non dimentica mai l’intimità della gestazione. Non posso pensare che una madre possa accettare di lasciar morire la propria figlia così».

Lei crede che i cattolici oggi si sentano più rappresentati dal PdL o dal Pd?

«Non potranno mai essere totalmente né con un’ideologia né con l’altra».

Come la convinse Francesco Rutelli a scendere in campo?

«Finita la battaglia che avevo condotto come presidente di Scienza e Vita, lui mi propose di candidarmi. Pensai: forse adesso posso difendere i valori che ho insegnato, la tutela della vita, trasformandoli nei punti di riferimento di un partito».

Molti hanno pensato che lei fosse la longa manus di Ruini.

« così poco vero che quando ho deciso di candidarmi l’ho fatto in totale solitudine».

Chi conosce bene il cardinale, infatti, sostiene che lui non vedesse di buon occhio la sua candidatura.

«Non gliel’ho mai chiesto, forse proprio per non sentirmi dire questo. La mia coscienza è il solo fattore di condizionamento che ho».

Mai avuto il sospetto di essere stata arruolata dai ”compagni” per portare a sinistra i voti dei cattolici che non avrebbero mai votato un partito pieno di laicisti e abortisti?

«No, perché io non gioco a far sembrare che questa sia la casa dei cattolici, ma che lo sia veramente. E se non lo è, il mio disagio è pubblico».

Sta di fatto che i voti che lei portava in dote hanno contribuito anche alla causa di chi sostiene l’aborto e l’eutanasia.

« vero, ma nel Pd non c’è solo questo».

Ritiene che vada cambiata la legge 194?

«Sicuramente sì. Intanto mi batterò perché venga applicata fino in fondo».

Una delle sue battaglie è stata quella contro i Dico. L’ha delusa Rosy Bindi?

«Ci aspettavamo ben altro da un governo di centrosinistra che ha istituito un ministero ad hoc sulla famiglia, che su questo obiettivo costruì una parte importante della campagna elettorale».

Che pensa dei ”cattolici adulti”?

«Se pensiamo che ogni cattolico deve essere una persona matura che deve misurarsi con le difficoltà, non può che essere un cattolico adulto. Se per ”adulto” si intende la posizione di chi prescinde dalle parole del Santo Padre, quella è una diversità che non va mai bene per un cattolico, perché è proprio della nostra fede il rispetto per l’insegnamento della Chiesa. Mi piace di più l’espressione ”cattolico coerente”».

Non prova imbarazzo a stare nello stesso partito di tanti cattolici che fanno di testa loro?

«Certo che sento disagio. Ma in ogni grande partito convivono anime diverse. Non mi preoccupa che nel Pd ci siano ”cattolici adulti” o gente favorevole all’aborto e all’eutanasia».

E cosa la preoccupa?

«Il rischio che la diversità diventi ostracismo che neghi ai cattolici la libertà di manifestare le proprie idee».

Se dovesse accadere?

«Se questo rischio diventasse realtà abbandonerei il Pd».

Potrebbe concretizzarsi se sarà Pier Luigi Bersani, di area dalemiana, il nuovo leader del Pd.

«Se il Pd relegasse la cultura cattolica a un ruolo meramente marginale, se ne andrebbero anche i miei amici Popolari. C’è già una migrazione in atto verso l’Udc».

E lei non è attratta da Pier Ferdinando Casini? Il suo mentore Rutelli sembra di sì...

«No, io credo che i cattolici debbano stare a destra, a sinistra e al centro».

Come giudica il centro che sta costruendo Casini?

«Molto importante. Se Casini fosse con Berlusconi, molti degli errori che questo governo sta facendo non li farebbe. Se fosse con il Pd, molte delle derive laicistiche non ci sarebbero. Ma c’è bisogno di nuovi soggetti politici, capaci di intercettare i cambiamenti del Paese».

Sta pensando di fondare un partito?

«Nessuno fonda un partito da solo».

Lei assieme ai Popolari.

«Tutte le opportunità sono aperte».

Cos’è per lei l’omosessualità?

« una variante della sessualità normale. Io credo che i gay meritino il rispetto che spetta a ogni persona. Ma la coppia omosessuale non può richiedere gli stessi supporti offerti alla famiglia tradizionale».

Tempo fa lei disse che i gay erano potenziali pedofili e l’omosessualità una malattia.

«Non io. Fino a pochi anni fa, il Dsm IV, la ”bibbia” della psichiatria mondiale, annoverava l’omosessualità come una malattia, poi questa parola è scomparsa. Quello che permane è la soggettività con cui uno vive questa condizione. Prendo atto che gli omosessuali ci sono, ma non possono essere considerati una categoria monolitica. Quando si sentono attaccati, compiono attacchi di segno contrario. Sono stata molto più discriminata io da loro che viceversa».

Fu messa sotto processo dal Pd per le sue dichiarazioni.

«Per la prima volta il partito riunì il collegio dei saggi. Quell’attacco fu molto duro, non me l’aspettavo, soprattutto perché fu costruito su un fraintendimento».

Indossa ancora il cilicio, come confessò a Zincone?

«Ho commesso l’ingenuità di dire una cosa che poi è rimbalzata sulla stampa e nel web, perdendo la dimensione del rispetto per il senso del pudore personale. E questo ha costituito per me un oggetto di riflessione costante. Credo sia giusto che ognuno custodisca la propria intimità».

Ha fatto un fioretto per la Quaresima?

«Certo, non potrei non farlo».

Ha cosa ha rinunciato?

«Questo è un periodo che invita a vivere con maggiore spirito di sacrificio e penitenza alcune cose, come il rapporto con il cibo. Lo spirito della Quaresima è chiedersi dove può essere oggi la maggiore difficoltà e affrontarla con il maggior buonumore possibile».

Lei è una numeraria dell’Opus Dei. Come vive la quotidianità?

«La prima cosa è la santificazione del lavoro, che è soprattutto lavoro ben fatto, quindi competente. E per me significa affrontare il lavoro politico con un grande impegno di studio».

Quante ore prega?

«Vivo la messa quotidiana, come tanti altri parlamentari, nella cappella di Vicolo Valdina, poi ci sono l’Angelus, le Lodi, la preghiera del pomeriggio e della sera, il rosario, la lettura del Vangelo. Quella dell’Opera è una vita molto semplice».

Sua sorella Stefania dice che lei era molto sobria anche da ragazza e che suo padre faticò a comprarle la prima auto...

«Una 850 azzurro pavone», ride. « vero, faccio proprio fatica a capire il consumismo».

Però indossa sempre belle collane.

«Sono quasi tutte regalate».

Da ragazza è mai andata in discoteca?

«Sono andata a ballare una volta. Ma ai miei tempi, nel week-end, organizzavamo le feste a casa nostra con il gelosino».

Il gelosino?

«Era un piccolo registratore, il più povero che si potesse avere».

Che balli faceva?

«Allora cominciava il rock ”n’ roll, anche se io ero un po’ legata. Abitavamo a Monteverde Vecchio, i nostri amici venivano quasi tutti da fuori Roma».

 mai stata innamorata?

«Sì. Avevo un fidanzato ai tempi dell’università, ma poi capii che il mio destino è un altro».

Come la presero i suoi?

«La mia è una famiglia molto unita. Quello che dispiaceva a mia madre era che io non potessi avere una mia famiglia».

Non le è mancato un figlio?

«Amo molto i miei nipoti, ma sono contenta della mia vita».

Il suo primo ricordo d’infanzia?

«La mia prima casa in Prati, da dove venimmo via nell’ottobre 1948. Avevamo una finestra che dava sul cortile e noi 4 sorelle stavamo lì ad aspettare che i nostri genitori, che insegnavano, tornassero dal lavoro».

Vero che raccattava tutti i casi umani del quartiere Tiburtino e li portava a pranzo a casa?

«Non solo io. Facevamo catechismo nelle borgate e, piuttosto che regalare cibo ai bambini, ce li portavamo a casa. Era un modo di includerli nella famiglia. Poi li portavamo al mare, al cinema. Anche in dieci in una macchina, perché allora non c’era il limite di cinque».

I suoi ex studenti del Campus biomedico dicono che lei era una generosa, ma tosta.

«La prima cosa che si deve avere è il senso del dovere».

I suoi colleghi in Parlamento dicono che lei è un’ingenua che sbaglia continuamente giudizio sulle persone.

«Preferisco sbagliare per aver creduto nella buona fede piuttosto che coltivare la cultura del sospetto».

Ma non è un difetto da poco per un politico.

«Sarà. Ma, nonostante tutto, io credo ancora nell’infinita bontà che c’è nel cuore di ogni uomo».