Avvenire 20/3/2009, 20 marzo 2009
IL PAPA IN AFRICA
PAROLE INOPPUGNABILI-
Caro Direttore, come infettivologo coinvolto da anni nella diagnosi e cura dell’infezione da Hiv, e che ha avuto la fortuna di poter lavorare anche in aree dell’Africa subsahariana ben prima che diventasse terreno di ricolonizzazione culturale ed economica, scrivo per esprimere innanzi tutta la mia vicinanza a Benedetto XVI in viaggio in Africa. Sono allibita dalla virulenza con cui viene attaccato a proposito della sua lapalissiana constatazione, scientificamente inoppugnabile, a proposito della priorità dell’aspetto educativo sull’esercizio della sessualità rispetto alla semplificazione del tema della prevenzione ridotto a pura diffusione dell’utilizzo del profilattico. Stupisce che a più di 25 anni dalla conoscenza dell’epidemia e delle modalità di trasmissione, la difficoltà di molti del prender atto dell’inefficacia della proposta di « inondare il mondo di preservativi » come criterio risolutivo per arginare l’allargamento a macchia d’olio del numero di infezioni. Stupisce la pervicacia nel non riconoscere l’enorme numero di dati accumulati a propositi della evidenza di potere solo ridurre il rischio di infezione ma non certo di eliminarlo, dato emerso già dagli studi di metanalisi su coppie sierodiscordanti come quello di Weller e di Pinkerton del 1993. Anche nello studio più cautelativo, che irrealisticamente escludeva tutti i possibili ( e frequentissimi) « incidenti di percorso» (rotture, scivolamento, cattiva qualità ecc. del condom) si arrivava a dare un margine di rischio infettivo del 5% in tal modo addirittura eccedendo il parametro di efficacia contraccettiva del preservativo stesso, che si attesta sull’ 85%. Oggi non si può certo ignorare che il « sesso sicuro con il preservativo » non esiste. E questo tralasciando tutti gli aspetti di resistenza psicologica, emotiva, addirittura allergica (l’allergia al lattice è in crescita esponenziale ovunque) che rendono ben più che un semplice problema morale quello del « sacchettino magico » . Ma tant’è. Anche in Italia alcuni esperti glissano e si inalberano continuano a proclamare che il preservativo è sicuro al 100% e che quella è la soluzione per il problema Hiv. Non parliamo dell’ideologico silenzio sul successo della politica ugandese dell’Abc ( Abstinence, Be faithful and Condom) documentata non dal Vaticano ma anche da un sociologo laicissimo di Harward, Edward Green nel suo « Rethinking Aids prevention learning from successes in developing Countries » del 2003. Fa male, soprattutto, la vergognosa « dimenticanza » soprattutto dalla realtà evidente che le reti di assistenza, vicinanza e cura dell’Aids nei Paesi africani, oggi percorse in lungo e in largo da miriadi di neofilantropi ( spesso miliardari), attori e « personaggi » a caccia di facili consensi, esistono grazie al lavoro silenzioso, costante e pluridecennale di missionari e volontari cristiani che ben prima che i burocrati e politici che oggi strepitano si accorgessero del problema si erano rimboccati le maniche curvandosi sulle persone infette o malate. Grazie dunque a Benedetto XVI che con serena fermezza non evita di andare al nodo dei problemi antropologici: la prevenzione efficace dell’infezione dell’Hiv riguarda l’esercizio della ragionevolezza e della libertà intera dell’uomo, non è riducibile ad un sacchettino di lattice o peggio ancora a un criterio che riguarda la persona solo dall’ombelico in giù. dalla riconnessione della ragione con il primo organo sessuale dell’uomo, il suo asse « cuore- cervello » , che può scaturire la vera svolta per contenere questo dramma in atto.
Chiara Atzori
I VERI RIMEDI-
Caro Direttore, nel tentativo di ridurre le gravidanze tra le adolescenti e la diffusione delle malattie sessualmente trasmesse, i governi di molti Paesi si dimostrano sempre più propensi a promuovere una massiccia distribuzione del preservativo. Il quotidiano scozzese di Edimburgo, l’ « Evening News » , in un articolo del 16 gennaio 2007, ha riferito che in Scozia il preservativo viene distribuito persino ai ragazzi di 13 anni, mentre allo stesso tempo il Governo scozzese vieta il fumo fino a 18 anni ( nel 2005 sono stati distribuiti gratuitamente un totale di 53.638 preservativi ai ragazzi tra i 13 e i 15 anni ad Edimburgo e dintorni). Negli Stati Uniti le autorità sanitarie di Washington D. C. hanno anch’esse distribuito 250.000 preservativi nella settimana precedente il giorno di San Valentino, secondo quanto riportato dal ’ Washington Post’ il 16 febbraio scorso. Eppure i dati smentiscono queste posizioni. Cresce, infatti, la mole degli elementi a sostegno della poca efficacia del preservativo nella protezione dall’Aids. Il 2 marzo il « Washington Post » ha pubblicato un lungo articolo in cui si esamina l’esperienza dello Stato africano del Botswana, e cioè: « L’abitudine ad avere rapporti sessuali con più partner costituisce il meccanismo più efficace per diffondere una malattia mortale in un continente vulnerabile » . La riduzione del numero di « partner multipli e contemporanei » è la priorità assoluta nella prevenzione della diffusione dell’Hiv, che nella regione registra il 38% di tutte le infezioni di Hiv nel mondo, così dicono esperti e funzionari del Sudafrica sull’Aids. Il Botswana ha seguito per molti anni la politica raccomandata dagli esperti internazionali di promozione del preservativo e di distribuzione di farmaci antiretrovirali. Tutto con pochi esiti positivi. Il tasso di contagio di Hiv nel Paese è tra i maggiori nel mondo. Circa il 25% della popolazione è attualmente infetta. La maggiore efficacia dei programmi diretti a modificare il comportamento delle persone, rispetto a quelli di distribuzione dei preservativi, viene riconosciuta sempre di più da parte degli esperti sanitari. L’11 marzo 2006, il «British Medical Journal » ha in un articolo ( « Risk Compensation: The Achilles’ Heel of Innovations in Hiv Prevention? » ), osserva che mentre i farmaci e le altre misure possono aiutare a ridurre la diffusione dell’Hiv, questi possono anche frenare il cambiamento verso comportamenti più sani, diminuendo la percezione del rischio tra la gente. La rivista « Science » riferisce sulle conclusioni di uno studio ( « Understanding HIV Epidemic Trends in Africa » ), pubblicato il 3 febbraio 2006 in cui gli autori hanno scritto che una riduzione nella diffusione dell’Hiv è stata ottenuta grazie ai cambiamenti nel comportamento sessuale. Il motivo, conosciuto anche da noi, è che il virus dell’Aids è 450 volte più piccolo dello spermatozoo, e che, quindi, la permeabilità del lattice con cui è fabbricato il preservativo lascia passare il virus con una percentuale dal 15 al 20%. I cambiamenti riguardano principalmente il ritardare l’inizio dell’attività sessuale da parte degli adolescenti, e la riduzione del numero dei partner sessuali casuali. Il tema connesso a questo dibattito è, dunque, quello della promozione della continenza, della fedeltà coniugale, e del valore della sessualità nel matrimonio.
Gabriele Soliani