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 2009  marzo 20 Venerdì calendario

IO, SCHIAVO RIBELLE DI SORIA


Il ragazzo che ha fatto crollare l’impero è timido, gentile, estremamente educato. La parola che usa più spesso è «tranquillo». Tutti i suoi sogni c’entrano con la serenità: «Vorrei avere un lavoro qualsiasi ma tranquillo, senza nessuno che mi possa fermare. Vorrei smettere di prendere il Lexotan per dormire, ho sofferto troppo. Vorrei vivere a Torino perché è una città bellissima, amichevole. Sono stato anche a Milano, non voglio parlarne male, ma è troppo caotica per me».
Tranquillo. Parla nello studio del suo avvocato, Gianluca Vitale. Ci tiene a dire una cosa in particolare. Ora che, per la prima volta, ha deciso di uscire allo scoperto: «Non cerco vendetta, non l’ho mai cercata. Voglio solo giustizia e pace».
Faceva il maggiordomo a casa del professor Giuliano Soria. «Facevo tutto», specifica. Factotum del Premio Grinzane Cavour. Ha lavorato in archivio. Ha fatto l’autista. Cameriere alle cene di gala. Si è preso cura dell’anziana madre del professore. Ha lucidato gli appartamenti di Torino, Costigliole d’Asti e Parigi. Sempre da clandestino. Aveva tutto da perdere. l’unico che ha denunciato quello che molti avevano visto o almeno intuito.
All’anagrafe del mondo è Hemrajsing Dabeedin, nato a Mauritius il 17 aprile 1986. Per tutti, semplicemente, Nitish. Perché Nitish? Anche di questa domanda si imbarazza un po’: « il mio soprannome. Mia madre e mio padre mi hanno sempre chiamato così, fin da quando ero bambino. Non so esattamente cosa significhi. Mi hanno detto che vuol dire ”buono”». Su Nitish ”il buono”, nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere Giuliano Soria, si legge: «Non gli concedeva nessun’ora di riposo fino alle 24 e oltre. Lo rimproverava spesso con parole quali: ”Negro, puzzi, non fai la doccia, animale, schiavo”. Oppure frasi come: ”Stasera t’inc...” O ancora: ”Che bella donna che sei”. Gli diceva che avrebbe dovuto fare il travestito per guadagnare di più. Gli sottraeva arbitrariamente 50 euro dallo stipendio se il cappuccino non era buono». Nitish era costretto a mangiare cibi scaduti e congelati da oltre un anno. Anche la carne di mucca. Proibita per chi, come lui, professa la religione induista. Maltrattamenti e violenza sessuale: «In questi giorni ho sempre letto il giornale - spiega il ragazzo - so che Soria ha ammesso i reati legati alla gestione economica del Grinzane e negato quelli che mi riguardano. Non voglio entrare nel merito delle accuse. Ma tutto quello che ho denunciato è esattamente quello che è successo. In molti hanno visto. Anche la mia gamba ferita. So che dovrò ripetere ogni cosa davanti al giudice: sono pronto a farlo».
 magro, ha gli occhi chiari e luminosi, la pelle ambrata, la voce ancora acerba. «Certo che ho avuto paura - dice - tutti al Grinzane Cavour avevano paura. Altrimenti anche altre persone avrebbero presentato la denuncia. Ma lui era potente. Ripeteva sempre: ”Io sono la legge”».
Nitish non ha mai pensato di scappare: «Ho preso coraggio giorno dopo giorno. Alcuni amici mi hanno consigliato di registrare quello che mi diceva. Così ho fatto. Poi gli ho scritto un massaggio: ”Da oggi non lavoro più per lei..”». E Soria? «Mi ha telefonato, ha cercato di convocarmi come faceva sempre. Ma io non ho più risposto alle sue telefonate».
C’è un cosa che Nitish sogna più delle altre, anche se non la dice. «Non vogliamo che questa intervista sembri strumentale», spiega l’avvocato Vitale. Quello che sogna è un permesso di soggiorno. Nessuno che lo possa fermare. «Al signor Soria l’avevo detto fin dal primo giorno di lavoro. Volevo essere messo in regola. Ma lui diceva ogni volta: ”Poi vediamo, poi vediamo”».
Nitish ora ha un altro lavoro - ancora in nero - e una famiglia lontana preoccupata per lui: «Mio padre fa il sarto, mio madre sta a casa, mio fratello studia. Hanno saputo quello che mi è successo dallo zio che vive a Milano. Allora non ho potuto negare, ma non gli ho detto proprio tutto tutto...».
Era partito due anni fa, dopo gli studi, con il sogno dell’Europa. Svizzera, Francia, Italia, Torino: «Non volevo questo. Non mi piace il clamore. Volevo solo stare tranquillo. Ma ho sofferto troppo, davvero tantissimo, non riesco ancora a dormire senza medicine. Dico che sto bene, ma sono solo parole. Non si può stare bene quando hai vissuto da schiavo».