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 2009  marzo 20 Venerdì calendario

L’ULTIMA GUERRA DEGLI SPOT FRA LO SQUALO E IL CAIMANO


Il combattimento fra squalo e caimano, una delle lotte animali più cliccate su YouTube, è in natura piuttosto raro, dall´esito incerto e quasi sempre mortale. Nei mari dell´economia, dove Squalo e Caimano sono nom de guerre di Rupert Murdoch e Silvio Berlusconi, le previsioni oggi sono altrettanto in bilico. La battaglia, in corso da tempo, è diventata spettacolare nelle scorse settimane. Con una data spartiacque, il 20 gennaio, l´uscita di George W. Bush alla Casa Bianca. Perso il mantello protettivo del grande alleato comune, Berlusconi e Murdoch hanno rotto gli indugi e si sono dichiarati una guerra fatta, nel loro stile, di colpi bassi. Da presidente del consiglio, Berlusconi non si è fatto scrupolo di aumentare le tasse al concorrente Murdoch, né di convocare Fiorello per convincerlo, senza successo, a rifiutare le offerte di Sky. Tantomeno di ordinare l´impropria alleanza fra Rai e Mediaset, con una piccola quota di Telecom, per lanciare Tivù sul digitale terrestre Tivù Sat, la piattaforma su satellite alternativa a Sky. In cantiere ci sono, a breve, un altro paio di mosse. Anzitutto, una raffica di nomine a viale Mazzini per militarizzare ancor di più la Rai in funzione anti-Sky. Secondo passo, la proposta in Parlamento di togliere la raccolta pubblicitaria alle pay tv, che è in effetti un assurdo tutto italiano.
Lo squalo australiano finora ha risposto morso su morso, l´unica tattica che apprezza. Bordate al governo affidate alla bellissima e popolare Ilaria D´Amico e attacchi alla già disastrata immagine del Cavaliere sui grandi giornali di sua proprietà sparsi per il globo. Campagne acquisti aggressive (Fiorello, Cuccarini, Panariello, i comici di Zelig e presto Luciana Littizzetto) che ora puntano, attraverso la sponda di Giampiero Solari, il geniale autore del sabato sera Rai, a conquistare altre prede eccellenti, come Adriano Celentano. Un´espansione niente male, in tempi di vacche magrissime. La crisi del resto non sembra esistere per gli abbonamenti alla pay tv, che stanno per raggiungere quota cinque milioni. «Il nostro obiettivo - dichiara il vice presidente di Sky Italia, Andrea Scrosati - è di raggiungere anche qui la percentuale di mercato dei grandi paesi europei, il cinquanta per cento delle famiglie». In cifre, dieci milioni di abbonamenti. Una scommessa che sembrava impossibile nel 2003, quando è nata Sky dalle ceneri di Stream e Tele+. Ma in soli sei anni la cura Murdoch ha compiuto miracoli, moltiplicando tutto per cinque. L´audience del satellite, balzata dall´1,8 al 9,3, gli abbonamenti da uno a cinque milioni, infine il fatturato esploso fino a 2,5 miliardi. Il sorpasso su Mediaset e Rai, che fatturano intorno ai tre miliardi, potrebbe avvenire già alla fine dell´anno prossimo.
C´è bottino a sufficienza per giustificare la prima vera guerra televisiva italiana. Forse non per spiegare del tutto il grado di livore dei contendenti. Per questo bisogna ricostruire i complessi rapporti dei duellanti. Berlusconi e Murdoch hanno in comune molte cose. Sono entrambi egocentrici ed espansionisti di natura. Murdoch, come Berlusconi, nasce outsider e non si è mai accontentato del successo. Se conquistava una rete, ne comprava subito altre, e poi giornali, radio, case editrici, imprese. Per un decennio i due sono stati alleati, perfino amici, con progetti di business in comune. La svolta è arrivata dieci anni fa, con la pantomima berlusconiana della vendita a Murdoch per liberarsi del conflitto d´interessi. Berlusconi fingeva e aspettava soltanto che qualche sciagurato del governo di centrosinistra si mettesse a tuonare contro l´arrivo degli stranieri, come puntualmente accadde. Murdoch invece ci aveva creduto e questa rimane l´unica fregatura che abbia mai preso. Ma anche da Arcore accusano il nemico, non del tutto a torto, di tradimento: non è stato Berlusconi al governo a spianare la strada al primo sbarco di Murdoch nell´Europa continentale? La sintesi di Sandro Parenzo, proprietario di TeleLombardia, conoscitore e quasi studioso di entrambi: «Berlusconi e Murdoch prima si sono amati, poi detestati e ora il loro rapporto si è stabilizzato su una reciproca invidia. In fondo ciascuno ha realizzato un sogno dell´altro». Sentimento solido. Amore e odio passano, l´invidia spesso resta per la vita. Berlusconi invidia a Murdoch perché ha costruito un vero impero su scala planetaria. L´australiano avrebbe sempre voluto creare un partito personale e diventare premier, senza la seccatura di dover mediare con la politica. E´ l´unico sogno che gli è rimasto nel cassetto e l´avrebbe di sicuro realizzato se in Australia, Gran Bretagna e Stati Uniti la vita democratica non fosse sbarrata ai partiti-azienda.
Pur detestandosi, i due continuano a stimarsi e soprattutto a temersi. Un elemento che spinge Fedele Confalonieri a ironizzare sulla reale portata del conflitto: «Silvio e Murdoch si conoscono troppo bene per farsi davvero la guerra. E´ un´idea che eccita la stampa e piace all´opposizione, che non sa più a quale santo votarsi». Ciascuno sa che l´altro è in grado di fargli molto male e in ogni caso il conflitto aperto è nemico dei buoni affari. Nel mondo degli affari sono in molti a pensare che l´esibizione di muscoli di oggi serve a preparare domani un tavolo di trattative. «Alla fine quei due un accordo lo troveranno, magari per spartirsi altro». Per esempio la rete telefonica di Telecom, il cui scorporo dalla casa madre è già stato votato in Parlamento. Nel futuro prossimo della tv, destinata a passare in buona parte attraverso il collegamento Internet, è questa una risorsa vitale. Nei giorni scorsi è arrivata la sorprendente benedizione alla vendita della rete Telecom a Berlusconi da parte del più noto dei consiglieri economici di Prodi, Angelo Rovati. Non si sa se vera o per bruciare la trattativa.
Ma intanto l´accordo finale fra i due grandi predatori è un´ipotesi, la realtà di oggi è la guerra. Giustificata da una posta altissima, il futuro del mercato dei media, dunque dell´Italia. Nel giro di cinque anni si completerà la rivoluzione del digitale. In Italia significa la fine del duopolio Rai-Mediaset, che l´immenso potere politico-aziendale di Berlusconi può soltanto ritardare, non impedire. «Quello che fa impazzire il Cavaliere in questa vicenda - spiega Francesco Dini, ex manager Mediaset passato alla nemica Cir di De Benedetti - è di dover interpretare per la prima volta la parte del vecchio, del resistente, del signor no». Il futuro è dalla parte di Murdoch, che lo combatte sul terreno della popolarità, con l´ingaggio delle star più amate, l´esclusiva del calcio, le campagne garibaldine alla «vietato vietare», la novità tecnologica, la luccicante promessa al pubblico di un�offerta più ricca, libera e bella. A Berlusconi rimane il ruolo odioso del vecchio gabelliere, quello che aumenta le tasse, impone tetti e divieti, sfrutta il controllo politico per mantenere un obsoleto status quo di fronte al nuovo che avanza.
Se ne rendono conto perfino i suoi, i manager di Cologno Monzese e Segrate, dove il capo ha smesso da tempo d´essere al di sopra di ogni critica. «E´ diventato vero che Berlusconi comanda meno nelle sue aziende che in Rai o in Parlamento» rivela uno dei manager sul piede di partenza. Berlusconi ha lasciato andar via dal gruppo tutti gli esperti di prodotto, come Giorgio Gori, ha puntato sulla scommessa sbagliata del digitale terrestre, senza dotarsi di contenuti, si è comportato insomma da politicante, fidando nell´eternità del duopolio all´italiana, garantita dalla sua stessa presenza al governo. Ora la domanda da un milione fra le teste pensanti del suo gruppo è: che ne sarà di Mediaset dopo Berlusconi? E le risposte non sono scontate. Se alla Rai o in politica, tutti scattano sull´attenti agli ordini del Cavaliere, nelle sue aziende qualcuno comincia a porsi dei dubbi. Per esempio sulla minaccia di togliere le reti Mediaset dal bouquet Sky a partire da giugno. Per i capi di Publitalia, in testa Giuliano Andreani, è una prospettiva terrificante. Significa non raggiungere più con gli spot i cinque milioni di famiglie abbonate Sky, in pratica il quarto di popolazione più ricca, per giunta in tempi di crisi della raccolta pubblicitaria.
La lotta fra Squalo e Caimano è insomma piena di incognite. Nel filmato di YouTube alla fine di un ferocissimo scambio, prevale lo squalo sul caimano (per la precisione, un alligatore). Ma è soltanto un documentario di Discovery Channel, prodotto da Sky.