Fabrizio Nicotra, Il Messaggero 19/3/2009, 19 marzo 2009
CLANDESTINI, 101 DEPUTATI PDL CONTRO LE DENUNCE DEI MEDICI
Il disegno di legge sulla sicurezza all’esame della Camera «contiene norme inaccettabili che necessitano di indispensabili correzioni» e dunque il governo non deve porre la questione di fiducia sul provvedimento. Lo chiedono 101 deputati del Popolo della libertà con una lettera inviata a Silvio Berlusconi. La truppa, capitanata da Alessandra Mussolini, contesta in particolare le norme che obbligano i medici a denunciare gli immigrati clandestini e l’iniziativa spacca la maggioranza. La Lega non gradisce e Umberto Bossi alza la voce: «Il testo resta così com’è». Se la Mussolini sostiene che anche Gianfranco Fini condivide le critiche al disegno di legge, il presidente della Camera precisa di essere perplesso sulla norma che riguarda i medici e non certo su tutto il pacchetto. Nel centrodestra, però, la tensione è alta e il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, attacca la Mussolini e i firmatari: «Un’iniziativa propagandistica che lascia il tempo che trova». Per la prossima settimana è stata convocata una riunione del gruppo di Montecitorio per affrontare la questione.
Sono due gli elementi politicamente significativi che emergono dall’iniziativa degli oltre cento deputati del Pdl per impedire la fiducia e riscrivere parti della legge sulla sicurezza. Innanzi tutto è la prima volta dall’inizio della legislatura che si manifesta un dissenso di così ampia portata nelle file della maggioranza su un provvedimento del governo. Si tratta di una vera e propria ”azione di massa” - al punto che qualcuno parla di vera e propria rivolta - nata dall’impulso di Alessandra Mussolini e rapidamente tracimata a Montecitorio: segno che la contrarietà alla norma che obbliga i medici a denunciare i clandestini che si rivolgono alle loro cure o addirittura il no al reato stesso di immigrazione clandestina segnano nel profondo la coalizione. Impossibile derubricarla a semplice fatto di coscienza: al contrario è un rifiuto che trova radici nel corpo stesso dell’elettorato che si rifà al maggior partito della coalizione di governo.
Il secondo elemento è, se possibile, ancor più lacerante. Riguarda lo stop che settori consistenti del Pdl vogliono imporre al movimentismo leghista sul terreno che gli è più proprio, quello più identificativo. Da tempo, infatti, il partito di Bossi non perde occasione per distinguersi dal resto dell’alleanza; un atteggiamento che, a partire dalle sponde offerte al Pd sul federalismo, testimonia della volontà del Carroccio di non essere percepita come la destra del Pdl ora che FI e An danno vita al nuovo partito. E non è certo un caso se il capogruppo lumbard alla Camera, Roberto Cota, boccia la ribellione giudicandola «figlia di manovre interne in vista del congresso del Pdl». Infatti. Specularmente, si può dire che la ”pancia” del Pdl rigetta l’oltranzismo targato Lega, anche e soprattutto in vista del prossimo appuntamento elettorale per le Europee. Il fatto poi che anche Fini, più o meno velatamente, abbia criticato la norma sui medici, contribuisce ad avvalorare i sintomi di una crescente insofferenza. Berlusconi si ritrova tra le mani una matassa spinosa: deve tenere il punto visto che il Senato ha già approvato all’unanimità quelle stesse norme (e Cicchitto e Bocchino gli danno man forte), senza tuttavia confermare le accuse di essere troppo tenero verso Bossi. Che comunque sfida dissenzienti e alleati: nessuna modifica, il provvedimento va bene così com’è. Messaggio per nulla oscuro rivolto in primis al Cavaliere.