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 2009  marzo 19 Giovedì calendario

Nella deliziosa commedia del 1961 «Un, due tre» Billy Wilder raccontava la proiezione americana verso il blocco comunista attraverso non le armi, non l’idelogia ma una bibita simbolica e frizzante, la Coca-Cola

Nella deliziosa commedia del 1961 «Un, due tre» Billy Wilder raccontava la proiezione americana verso il blocco comunista attraverso non le armi, non l’idelogia ma una bibita simbolica e frizzante, la Coca-Cola. Nulla è infatti più America nel mondo della Coca-Cola. Per segnare la sua scelta filo americana Deng Xiaoping, il padre delle riforme cinesi, volle la Coca-Cola in Cina e non la Pepsi, in fondo meno simbolica, meno a stelle e strisce. Da quella scelta politica oggi la Coca-Cola domina il mercato delle bevande del Paese fino al punto di volerlo quasi monopolizzare con il tentativo di prendere il controllo di un altro gigante dell’arte di dissetare, il mega produttore di succhi di frutta Huiyuan. Però, a una settimana dal viaggio in America del ministro degli esteri Yang Jiechi, Pechino sembra volere chiudere la porta in faccia a Washington impedendo il mega piano di espansione che avrebbe dato alla bevanda Usa oltre il 40 per cento del mercato nazionale. Yang ha discusso con tutta l’amministrazione americana su una lista complessa di temi, dall’economia alla sicurezza in Asia, al Medio oriente, alla spinosa questione dell’Iran. La decisione del ministro del commercio estero cinese contro l’acquisizione appare non casuale, sembra un messaggio. L’acquisizione della Huiyuan per 2,4 miliardi di dollari era il più grande tentativo di acquisizione da parte di una società straniera di una azienda cinese. Pechino formalmente ha spiegato che l’operazione avrebbe creato un monopolio delle bevande e avrebbe schiacciato la competizione a molti livelli. La Huiyuan domina il settore dei succhi di frutta e ha oltre il 10 per cento del mercato delle bibite, settore cresciuto del 15 per cento nel 2008. La Coca-Cola ha il 9,7 per cento del mercato e la Cina è oggi il suo quarto mercato per importanza mondiale, terreno di scontro strategico con la rivale Pepsi. Difficile negare questo fatto basandosi semplicemnte sui numeri, ma certo, la recente legge sul monopolio è stata finora usata in maniera molto parziale in Cina e sembra singolare che la decisione venga annunciata oggi e non invece tra qualche settimana, saltando le coincidenze politiche. In realtà le camere di commercio internazionali a Pechino non hanno fatto mistero di sospettare azioni di protezionismo in un momento in cui le aziende cinesi si stanno guardando intorno nel mondo per operazioni di acquisizione. Il messaggio però, suggeriscono a Pechino, andrebbe visto proprio in relazione con il recente viaggio a Washington di Yang. Yang è andato in America con la borsa dei soldi per sostenere ancora l’economia locale e cercare di offrire un appoggio per evitarne il tracollo. In concreto questo significherà nuovi acquisti di enormi pacchetti di obbligazioni americane di ogni tipo. Secondo stime della Rand Corporation la Cina ha già 1,7 trilioni di dollari di obbligazioni americane, di più se si contano gli acquisti anche di Hong Kong. In Cina si levano voci sempre più contrarie a questa immensa campagna acquisti in America, anche perché significa meno soldi investiti nell’interno povero della Cina e non si concretizza con l’acquisizione di aziende americane da parte cinese. Nel 2005 gli Usa impedirono alla compagnia CNOOC cinese di comprare l’azienda petrolifera americana Unocal per 18,5 miliardi di dollari. Questo è proprio il punto che sta a cuore a Pechino. La Cina vorrebbe che l’America sollevasse quelle che sono le attuali restrizioni di fatto alle aziende cinesi per comprare aziende americane. Perciò manda un messaggio: noi per ora sospendiamo l’acquisizione da parte della Coca-Cola. Il terreno comunque è delicato. L’importanza strategica del petrolio oppure delle aziende industriali Usa su cui i cinesi stanno mettendo ora gli occhi, non è la stessa delle bibite. Ma neppure la Cina è più disposta a firmare assegni in bianco all’America in attesa che la crisi finanziaria e la svalutazione del dollaro si mangino tutto il capitale cinese. Alla fine in ogni caso il problema non sono i soldi, ma, come per l’«Un, due, tre» di Billy Wilder, la politica e i suoi simboli. Il presidente Usa Barack Obama che cosa sarà disposto a dare al suo collega cinese Hu Jintao durante il loro incontro a Londra ad aprile? Con la risposta giusta si stappa una Coca-Cola gigante per tutti, altrimenti acqua di rubinetto. La Coca non è sotto pressione solo in Cina, Il presidente venezuelano, Hugo Chavez, ha lanciato un ultimatum alla Coca-Cola perché liberi entro un terreno di un ettaro ad Ovest della capitale Caracas, che dovrà essere destinato alla costruzione di case popolari. Una decina di giorni fa, durante il suo consueto programma televisivo settimanale «Alò presidente», Chavez aveva detto, rivolgendosi ai dirigenti della Coca-Cola: «vi chiedo di andarvene ora. Concedo all’azienda Coca-Cola due settimane perché liberi volontariamente quel terreno».