Guido Ruotolo, La Stampa 19/03/2009, 19 marzo 2009
Quando Gigi entrò in magistratura, nel 1995, Tonino aveva già attaccato al chiodo la sua toga. Mani Pulite, tangentopoli, l’offensiva dell’Antimafia
Quando Gigi entrò in magistratura, nel 1995, Tonino aveva già attaccato al chiodo la sua toga. Mani Pulite, tangentopoli, l’offensiva dell’Antimafia. Una stagione straordinaria e tragica, che per intere generazioni di studenti del diritto rappresentò un punto di riferimento per le future scelte professionali. Molti di loro, nel nome di Falcone e Borsellino, decisero di diventare magistrati. Per Gigi, però, la scelta fu motivata anche dalle sue radici familiari: un suo bisnonno magistrato - registra Wikipedia - fu addirittura bersaglio di un attentato, perché aveva perseguito il brigantaggio. Adesso i destini di Luigi, Gigi De Magistris, e Tonino, Antonio Di Pietro, si incrociano di nuovo. Insieme nella battaglia politica ed elettorale di giugno, candidato, Gigi, come indipendente nelle liste di Italia dei Valori per le Europee: «Mi impegno in politica perché sono stato ostacolato nell’attività di pm». Allora, però, Tonino Di Pietro, era il dicembre del 1994, quando si abbandonò la toga non aveva un campagna elettorale da affrontare. La sua discesa in campo, maturò dopo, almeno ufficialmente: «Mi sento usato, utilizzato, tirato per le maniche....». In queste ore il consulente tecnico Gioacchino Genchi confida di essere lui il vero consigliori di Gigi De Magistris. Genchi e De Magistris. Un rapporto molto più che solo professionale. Ambedue travolti dalla bufera delle polemiche e dalle iniziative giudiziarie e disciplinari. Salerno per Gigi De Magistris è un po’ come Brescia per Tonino Di Pietro. Due giudici a Berlino, che hanno fatto giustizia di tutte le accuse contro le due toghe. Salerno, però, coinvolta nello scontro istituzionale all’arma bianca con la Procura generale di Catanzaro, ci ha rimesso le penne. La mannaia della Disciplinare del Csm ha decapitato la sua Procura, dopo aver trasferito ad altra sede e ad altra funzione lo stesso De Magistris. E adesso Salerno e De Magistris sono indagati per abuso d’ufficio dalla Procura di Roma. Gigi (Gioacchino) e Tonino, si sono sfiorati in questi anni. A Catanzaro. Proprio nel corso della inchiesta madre di tutte le guerre combattute in questi mesi, «Why Not?». La storia è nota. Il protagonista è Antonio Saladino, l’imprenditore del lavoro interinale della Compagnia delle opere (Cdo). Una sua ex socia, Caterina Merante, indagata da De Magistris, svela le relazioni politico-istituzionali di Saladino. Fa i nomi di tutti, o quasi: da Prodi a Mastella, da Minniti a Pisanu. Perquisito, a Saladino vengono sequestrati cellulari e rubriche telefoniche. Ci sono tutti, ma questa volta proprio tutti, in quelle rubriche. Genchi estrapola i tabulati, fa gli incroci, i tracciati. Non risparmia nessuno, o quasi. In un’intervista al «Mattino», Antonio Saladino racconta dei suoi incontri con Tonino Di Pietro. Il primo risale alla campagna elettorale del 2001. Di Pietro scende a Lamezia Terme per conoscerlo. Il secondo incontro ravvicinato avviene a Roma: Saladino accompagna da Di Pietro un ex senatore dc che voleva candidarsi con IdV. Il terzo non si è tenuto. Per decisione di Saladino, che aveva ricevuto nel frattempo un avviso di garanzia. Solo che quell’incontro fu voluto da un certo Angelino Arminio. Quando esplose la bufera su Catanzaro al Csm, venne fuori che anche il vicepresidente di palazzo dei Marescialli, Nicola Mancino, aveva avuto rapporti con Saladino. Il consulente Genchi scovò una traccia telefonica risalente al 2001. Mancino si difese così: «Quella telefonata fu fatta da un’altra persona, da un rappresentante di Cl, Angelino Arminio che nel 2001 era nella schiera dei miei collaboratori». Si offese, Mancino. Masticò amaro, e ieri ha reso in qualche modo la pariglia: «Mai più De Magistris in magistratura». Arminio collaboratore di Nicola Mancino e Arminio collaboratore di Antonio Di Pietro? I detrattori di De Magistris, poi, scommettono che l’agenda di Saladino non sia stata sfruttata del tutto dal consulente Genchi. L’imprenditore della Cdo aveva rapporti con il presidente della Commissione Giustizia della Camera, Pino Pisicchio, IdV. E con Aurelio Misiti, ex assessore regionale calabrese della giunta Chiaravallotti (centrodestra) transitato poi nel partito di Di Pietro.