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 2009  marzo 18 Mercoledì calendario

DAI QUARK A DIO E RITORNO


«Lo scienziato non è chi fornisce le vere risposte, ma chi pone le vere domande: il contrario del teologo». E’ questo il punto, se si parla di rapporti tra fede e ragione per Nicola Cabibbo, uno dei grandi della fisica e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. La scienza si fonda sul dubbio: «Cerca di adattarsi a ciò che scopre di volta in volta, poggiando le certezze sempre su nuove basi». E aggiunge: «Dispone lo stato d’animo a sprofondare nella libertà dell’incertezza».
Cabibbo è un padre moderno della fisica teorica. Negli Anni 60 ha svelato i misteri dell’interazione debole, la «colla» che tiene insieme i quark, i mattoni degli atomi. La costante matematica che porta il suo nome ha lanciato i colleghi verso il Nobel. Ma lui di Nobel non ne vuole sentire più parlare. Esaurito quindi il gossip scientifico, può parlare di «cose per me più importanti»: un appuntamento sarà il 21 marzo, quando siederà al tavolo delle «Meditazioni cosmiche con la matematica», ospite al Festival della Matematica assieme ad Arno Penzias, cosmologo e Nobel per la fisica.
Lui è uno scienziato che dialoga con i teologi, ma riflette su quanto possiamo sapere dell’Universo anche senza chiedere al suo creatore. «Nessuno contiene in sé le verità, ma ogni individuo anela di ricostruirle». Il fedele ne prende atto dall’interno, lo scienziato s’intrufola in alto nello spazio e in basso, nell’indeterminato mondo della materia, e osserva. «L’osservazione diretta della scienza sperimentale è l’unico strumento che abbiamo per conoscere il mondo fisico». Uno strumento, tuttavia, incompleto, perché - sottolinea - non abbraccia tutti gli orizzonti: «Ci sono delle zone di mistero, che si sono ristrette, ma che rimarranno sempre». Si tratta di un limite, che è contemporaneamente prassi e motore: «Il dubbio non fa vacillare la mente scientifica, semmai la indirizza dalla parte giusta. Il dubbio sgretola la ”ragione estesa” della religione».
Per Cabibbo l’ordine dell’Universo è scritto in parole comprensibili e sono le «parole matematiche». Non è un caso - dice - che in molte culture antiche l’origine del cosmo sia proprio la parola: il verbo biblico, il logos greco e l’Om induista - in diversi tempi e con diverse sfumature - hanno rappresento l’atto primordiale della creazione. «L’Universo è fatto di ”parole matematiche” e noi possiamo capirle. Ma ci vuole pazienza, è una lingua complicata».
E se i numeri non tornano, come può avvenire nelle computazioni della meccanica quantistica, che cosa si fa? Cabibbo è un pioniere della cromodinamica quantistica, lo studio del «collante» tra quark e gluoni. Capire come si legano è una delle imprese più complesse, forse più divina che umana. E infatti i fisici hanno messo al lavoro i computer del progetto APEnext - in Italia a cura dell’Istituto nazionale di fisica nucleare - con potenze di calcolo pari a decine di migliaia di pc.
Cabibbo non nasconde il desiderio che proprio la meccanica quantistica possa attirare l’attenzione dei teologi per dialogare su interrogativi comuni. Un invito, tuttavia, non ancora accettato. «Quantistica e origine e destino dell’Universo sono misteri che stimolano la ricerca, non la frustrano». Ma che fanno tremare i teologi. «Una lettera al ”New York Times”, a firma del cardinale e arcivescovo cattolico di Vienna Christoph Schönborn - ricorda - è passata alla storia per la critica al neodarwinismo, ma pochi ricordano che accennava anche alle ”bizzarrie” della quantistica».
I detrattori della scienza - conclude - enfatizzano «i grandi dubbi» del momento come prova della sua presunta inefficienza interpretativa. Ignorando che proprio questi sono il fondamento della vitalità della ricerca: «Quello che per la fede potrebbe essere una voragine per la scienza è spazio vuoto da esplorare».