Orsola Casagrande, il Manifesto 17/3/2009, 17 marzo 2009
I MERCANTI DELLA SETE
Strade in tilt, cariche della polizia, diciassette fermi, ed è appena cominciata. Si è aperto a Istanbul, in Turchia, il Quinto forum mondiale sull’acqua: Onu, Banca mondiale e aziende private per sei giorni spiegheranno al mondo come affrontare il problema della risorsa che non c’è. Il consiglio principale è il solito: privatizzarla. Lo strumento per approvvigionarsi, il solito: le grandi dighe. Ma una piattaforma di centinaia di associazioni contesta
Diciassette fermi e la violenza della polizia contro i manifestanti del contro-forum. Si è aperto così il quinto forum mondiale dell’acqua a Istanbul. O meglio, nel palazzo, gli oltre venticinquemila partecipanti al summit ufficiale poco o nulla hanno saputo di quanto accadeva per le strade di Istanbul. Traffico in tilt, manifestazioni di protesta contro la privatizzazione dell’acqua, ma anche contro la costruzione di dighe che specie nelle zone del Kurdistan turco (vedi la diga di Ilisu) distruggerebbero villaggi e danneggerebbero irrimediabilmente l’ecosistema di una delle zone più belle e storiche dell’area.
Ieri a Istanbul la polizia ha attaccato la manifestazione del Suyun Ticarilesmesine Hayir Platformu (la piattaforma contro la commercializzazione dell’acqua), formata da sindacati e organizzazioni ambientaliste. A Beyoglu, nei pressi dell’arena dove si svolge il forum ufficiale, oltre trecento manifestanti sono stati violentemente attaccati dalla polizia che ha separato gli attivisti turchi da quelli europei. I primi sono stati picchiati e fermati. Sono stati sparati anche i famigerati proiettili di gomma. Il bilancio è di almeno diciassette fermati, che sono stati prima portati all’ospedale in attesa di essere trasferiti alla stazione di polizia di Vatan.
Forum e controforum
In questi giorni in parallelo al forum ufficiale si svolgono infatti due controforum, che in realtà si intrecciano tra loro. Uno è quello organizzato dall’Alternatif su forumu, il forum dell’acqua alternativa e l’altro appunto quello promosso dalla piattaforma. Dalle zone kurde intanto ieri è partita alla volta di Istanbul anche la carovana dell’acqua promossa da varie organizzazioni europee e locali. Il progetto Gap, Guneydogu Anadolu, progetto dell’Anatolia del sud est, che ogni tanto sparisce dalle cronache per poi ricomparire con nuovi progetti, è oggi nuovamente all’ordine del giorno. Sia per la costruzione della ormai notoria e contestatissima diga di Ilisu, che minaccia la città millenaria di Hasankeyf, sia per la costruzione di un’altra diga di cui proprio in questi giorni si è ritornato a parlare.
Il governo turco ha annunciato di essere pronto a investire seicento milioni di dollari per la realizzazione di un progetto di centrale idroelettrica e diga nella provincia di Sirt, di nuovo nelle zone kurde che sono le zone del paese più ricche di acqua. La Mesopotamia, la terra tra i due fiumi, non a caso è per la Turchia irrinunciabile. E la guerra che insanguina le zone kurde Ankara la sta combattendo anche per mantenere il controllo totale di quello che è considerato il «rubinetto» di una buona fetta di regione.
Nella sua dichiarazione rilasciata alla vigilia del forum ufficiale, la piattaforma contro la commercializzazione dell’acqua dice di «rifiutare il quinto forum mondiale e tutti i suoi sostenitori in Turchia e all’estero. Il forum mondiale dell’acqua - aggiunge il documento - che è sponsorizzato dalla Turchia e dalle corporation internazionali dice di voler unire le civiltà e fa una chiamata generale a questo forum. Ma dietro questo invito fatto con parole ridondanti che confondono la gente c’è una sola verità: questi poteri vogliono commercializzare l’acqua, la condizione di sopravvivenza sine qua non per tutti gli organismi viventi».
In realtà come sempre in Turchia il forum mondiale dell’acqua offre l’opportunità a quanti dissentono in questo paese di farsi sentire. Contro la privatizzazione dell’acqua, certo, ma anche contro la guerra che continua nel silenzio complice del mondo nelle zone kurde, e ancora contro la crisi economica che (dati di ieri e nonostante le parole rassicuranti del premier Erdogan) comincia a mordere: la disoccupazione è passata dal 12.3% di dicembre al 13.6 di gennaio. Ma nello stesso periodo dell’anno scorso era al 10.6%: un aumento preoccupante e destinato a continuare.
La tensione è altissima in Turchia anche perché questo fine settimana sono previste le celebrazioni del Newroz, il capodanno kurdo. Da una settimana sono ripresi pesanti i raid dell’aviazione turca anche in nord Iraq, mentre in tutte le zone kurde sono in corso rastrellamenti e arresti. Inoltre la settimana dopo il Newroz la Turchia è chiamata alle urne per le elezioni amministrative. Un appuntamento importante e non soltanto per verificare lo stato del consenso del premier Erdogan e del suo partito.
La sopresa dei kurdi
Il Dtp, partito della società democratica filokurdo, lo va infatti ripetendo da settimane: queste elezioni saranno anche una sorta di referendum sulla questione kurda. Ieri lo ha ripetuto il candidato del Dtp a Istanbul, Akin Birdal: «Nonostante la propaganda mediatica, queste elezioni saranno una sorpresa. Gli oppressi di questa città diranno la loro, siano essi kurdi, armeni, donne, omosessuali, lavoratori». E non è un caso che proprio in questi giorni si stiano facendo sempre più insistenti le voci di una possibile conferenza di pace che si dovrebbe tenere nel Kurdistan iracheno. Alla conferenza sono stati invitati, oltre al governo iracheno anche i governi turco, siriano e iraniano, il partito Dtp e lo stesso Pkk. Si parla anche di possibili osservatori europei. Ma fino a questo momento si tratta di illazioni e voci.
Minisummit dei mercanti d’acqua
Intanto fino a sera si sono registrati scontri sporadici tra i manifestanti del contro forum e la polizia. Domenica oltre tremila persone avevano dato vita a una manifestazione contro le politiche sull’acqua del governo turco e contro i progetti di dighe nel sud est kurdo. Il forum ufficiale, che quest’anno registra un numero record di partecipanti, si è aperto con un mini summit al quale hanno partecipato alcuni capi di stato, tra cui, oltre a Erdogan, il presidente dell’Iraq Jalal Talabani, quello del Tajikistan, Rahmon, il primo ministro sud coreano e il principe del Giappone, Kotaishi.
Il forum ufficiale durerà una settimana e si concluderà con un summit ministeriale che dovrebbe approvare nuove linee guida per una politica «più attenta» di gestione dell’acqua e per la risoluzione di conflitti legati all’acqua. Ma la realtà, come hanno detto ieri i manifestanti, è che l’unica politica perseguita dagli stati e dalle multinazionali è quella della privatizzazione dell’acqua.