Avvenire 17/3/2009, 17 marzo 2009
DARWIN: UN INQUIETANTE RIDUZIONISMO ANTROPOLOGICO
Ho letto con molto interesse l’articolo di don Fiorenzo Facchini – ’Darwin meglio dei suoi nipotini’ – pubblicato il primo di marzo su Agorà. Sono rimasto però stupito dalla considerazione secondo cui il darwinismo sociale sarebbe una deriva dei seguaci di Darwin e non apparterrebbe a Charles. Eppure leggendo il libro Darwin ’L’origine dell’Uomo’ c’è da rimanere inorriditi. In un capitoletto intitolato ’Selezione naturale operante nelle nazioni civili’, Darwin spiega perché l’uomo civilizzato ha uno svantaggio rispetto al selvaggio, e scrive: «Fra i selvaggi i deboli di corpo e di mente vengono presto eliminati; e quelli che sopravvivono godono in genere di un ottimo stato di salute. D’altra parte, noi uomini civili cerchiamo con ogni mezzo di ostacolare il processo di eliminazione; costruiamo ricoveri per gli incapaci, per gli storpi e per i malati; facciamo leggi per i poveri; e i nostri medici usano la loro massima abilità per salvare la vita di chiunque fino all’ultimo momento. Vi è ragione di credere che la vaccinazione abbia salvato migliaia di persone, che in passato sarebbero morte di vaiolo a causa della loro debole costituzione. Così i membri deboli della società civile si riproducono. Chiunque sia interessato dell’allevamento di animali domestici non dubiterà che questo fatto sia molto dannoso alla razza umana. sorprendente come spesso la mancanza di cure o le cure mal dirette portano alla degenerazione di una razza domestica: ma, eccettuato il caso dell’uomo stesso, difficilmente qualcuno è tanto ignorante da far riprodurre i propri animali peggiori» (pag.176). «Dobbiamo perciò sopportare – continua Darwin – gli effetti indubbiamente deleteri della sopravvivenza dei deboli e della propagazione delle loro stirpe» (pag.177). Se capisco bene, per Darwin aiutare i deboli, curare i malati, vaccinare salvare migliaia di persone è un «effetto deleterio » per l’evoluzione della specie. Ma l’autore inglese non ha dubbi, per favorire la selezione naturale in cui il debole deve essere soppresso a favore del più forte, Darwin ha scritto: «Eppure l’uomo potrebbe mediante la selezione fare qualcosa non solo per la costituzione somatica dei suoi figli, ma anche per le loro qualità intellettuali e morali. I due sessi dovrebbero star lontani dal matrimonio, quando sono deboli di mente e di corpo; ma queste speranze sono utopie, e non si realizzeranno mai, neppure in parte, finché le leggi dell’ereditarietà non saranno completamente conosciute. Chiunque coopererà a questo intento, renderà un buon servigio all’umanità » (pag. 255). Ed ancora «Il progresso del benessere del genere umano è un problema difficile da risolvere; quelli che non possono evitare una grande povertà per i loro figli dovrebbero astenersi dal matrimonio, perché la povertà non è soltanto un gran male, ma tende ad aumentare perché provoca l’avventatezza del matrimonio. D’altra parte, come ha notato Galton, se i prudenti si astengono dal matrimonio, mentre gli avventati si sposano, i membri inferiori della società tenderanno a soppiantare i migliori » (pag.256). Insomma per Darwin se sei povero e debole non dovresti avere diritto a sposarti. Forse non ho compreso bene quello che don Facchini voleva intendere, ma a me sembra che Darwin esprima chiaramente e con convinzione quei concetti che hanno generato razzismo ed eugenetica.
Antonio Gaspari
I riferimenti richiamati riguardano l’eugenetica più che il darwinismo sociale, che viene visto come lotta tra dotati e meno dotati o fra classi sociali per il progresso della società. Essi lasciano intendere che Darwin non era certo tenero verso le persone più deboli, considerate un peso per la società. Sconsigliando la procreazione alle persone deboli di mente e di corpo non si è però spinto agli eccessi dei sostenitori dell’eugenetica (a partire dal cugino Galton), alcuni tra i quali hanno promosso l’eliminazione o la sterilizzazione dei portatori di tare. In questo senso essi hanno esteso il suo pensiero e possono ritenersi peggiori di lui. Occorre inoltre tenere presente che le affermazioni riportate figurano nell’opera ’L’origine dell’uomo’ del 1871 che non tratta dell’origine delle specie, ma riguarda l’evoluzione della specie umana (della quale ben poco si conosceva a quel tempo) e sviluppa considerazioni assai discutibili sul futuro dell’uomo e della società, espressioni di un evidente riduzionismo antropologico, come in varie occasioni ho rilevato.
Fiorenzo Facchini