Elena Dusi, la Repubblica 17/3/2009, 17 marzo 2009
QUEL NUCLEARE PULITO TRA UTOPIE E REALISMO
«Il sistema energetico mondiale del 2050? Sarà completamente diverso da quello attuale, ma di certo non potrà ancora contare sul contributo del nucleare da fusione», prevede Arturo Lorenzoni, direttore di ricerca presso l´Istituto di economia e politica dell´energia e dell´ambiente dell´Università Bocconi di Milano.
I limiti che questa tecnologia pone sono infatti ancora molti, ma le difficoltà non frenano le ambizioni. «Per costruire un reattore a fusione bisogna superare ostacoli enormi. Ma il gioco vale la candela, perché questa fonte di energia usa l´idrogeno come combustibile ed è dunque inesauribile, non emette nulla di nocivo e può essere ottenuta in qualunque paese del mondo. Inoltre, la reazione di fusione è così difficile da ottenere che non rischia di sfuggirci di mano come invece può avvenire con la fissione» spiega Neil Calder, il portavoce di Iter, la gigantesca centrale in costruzione a Cadarache, in Provenza. Tanto ambiziosi sono gli obiettivi di Iter che nel Consorzio hanno deciso di unire le loro forze paesi di mezzo mondo: dalla Ue al Giappone passando per Cina, India, Corea, Russia e Stati Uniti.
«Gli ostacoli per arrivare alla fusione sono di due tipi» spiega Calder. «Durante la reazione la materia diventa calda come all´interno di una stella e assume lo stato di plasma. Noi dobbiamo migliorare le nostre capacità sia di mantenere il plasma stabile che di confinarlo all´interno del reattore, usando un campo magnetico. Non sono sfide per niente facili e non è realistico pensare che la fusione nucleare arrivi a rappresentare l´unica fonte del futuro, considerato l´aumento esponenziale di "fame energetica" del mondo». Difficoltà così enormi si traducono in tempi di realizzazione astronomici. Il reattore di Iter dovrebbe iniziare a generare energia intorno al 2025 dopo 10 miliardi di dollari di spesa. Ma quello in costruzione a Caradache è solo un prototipo e per attendere la centrale vera e propria che accenderà le lampadine delle case bisognerà attendere il 2040.
Anche Aldo Pizzuto, capo del Gruppo di ricerca dell´Enea sulla fusione, invita alla cautela. «E´ stata posta una pietra miliare verso la strada che ci porterà all´uso su scala commerciale di questa energia - dice - ma don definirei quella avvenuta nei laboratori di Livermore una svolta». «C´è ancora molto da fare, sia per loro che puntano sui fasci di luce e il sistema inerziale, sia per noi europei che stiamo lavorando sul confinamento magnetico», aggiunge. E´ convinto che nel 2050 il mondo girerà in maniera molto diversa da oggi, ma a farla da padrona sarà il nucleare tradizionale, quello a fissione. «Penso - precisa Pizzuto - che conterà per il 60%, mentre le rinnovabili difficilmente supereranno il 30% e la quota restante sarà garantita dalle fonti fossili».
Restando alla metafora politica, un «programma» profondamente riformista alla Bad Godesberg, fondato su uno scenario in cui la domanda continua a crescere in maniera esponenziale come prevedono diverse proiezioni della Iea, l´Agenzia internazionale dell´energia, che solo ora alcuni centri studi iniziano a rivedere sulla scorta delle nuove politiche a sostegno dell´efficienza. Non tutti tra gli scettici della fusione si spingono infatti così avanti nel pragmatismo e qualcuno si concede qualche previsione più visionaria. «Credo che i soldi destinati alla fusione potrebbero essere impiegati in maniera più efficace e diretta su tecnologie più mature, soprattutto quelle dell´efficienza energetica - dice ancora Lorenzoni - ma non ho dubbi sul fatto che sia in corso una rivoluzione». Quando i grandi rivolgimenti della storia bussano alla porta per la prima volta non sempre è possibile riconoscerli, ma il docente della Bocconi un possibile identikit in mente lo ha. «La crisi dell´auto avrà un ruolo determinante - sostiene - non tanto perché taglierà i consumi di petrolio, ma in quanto avrà enormi ricadute sulla rete di distribuzione. Le vetture a batteria elettrica durante la fase di parcheggio inizieranno a funzionare da accumulatori distribuiti di energia, stravolgendo il concetto stesso di rete».
Grazie a questa innovazione anche le rinnovabili potranno dare un contributo più cospicuo che Lorenzoni al 2050 immagina intorno al 40-45%, insieme a un 25% di carbone e petrolio, un 20% di gas e un 15% di nucleare da fissione. «Tutto dipende dalle scelte politiche - chiarisce - e le differenze tra Germania e Francia stanno lì a dimostrarlo. Sono paesi culturalmente, tecnologicamente e geograficamente simili, ma la prima, con 23.903 MW di potenza installata produce sei volte più energia eolica della seconda. In questo senso la spinta che sta arrivando dall´America di Obama invita ad essere ottimisti».