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 2009  marzo 17 Martedì calendario

UNA FORT KNOX CONTRO IL CARO-GRANO


Un anno fa, alla borsa di Chicago, il grano costava 0,46 dollari al chilogrammo. Adesso viene comprato a 0,18. In un anno, con il crollo dei prezzi, sono stati bruciati 200 miliardi di dollari, tutti persi dai produttori. I consumatori non hanno ricevuto nessun vantaggio: i prezzi di pane e pasta invece di crollare sono aumentati. «Nelle nostre campagne, e in quelle di tutto il mondo - dice Sergio Marini, presidente della Coldiretti - il grano è sempre stato un bene stabile. Ma da tre anni a questa parte anche questo alimento, assieme a riso, mais e altri cereali, è diventato oggetto di speculazione, come qualsiasi altra merce. E´ per questo che, per la prima volta, organizziamo qui a Roma il "G8 Farmers Union", la riunione delle associazioni dei coltivatori dei Paesi del G8. Vogliamo difendere il nostro reddito e anche i consumatori: l´aumento del grano nei nostri Paesi ricchi provoca difficoltà a chi deve arrivare a fine mese con un salario sempre più magro ma nei Paesi poveri può provocare la morte di migliaia di persone».
La riunione si svolgerà giovedì. Accanto alla Coldiretti ci saranno le associazioni di agricoltori di Giappone, Stati Uniti, Canada, Germania, Francia, Inghilterra e Russia. Già si annunciano le prime idee per il documento finale. «Noi proporremo - dice Robert L. Carlson, della National Farmers Union degli Stati Uniti - di creare una riserva globale di cereali, da utilizzare in caso di carestie ed aumenti estremi dei prezzi. Si tratta di depositi da riempire quando la quantità è elevata ed i prezzi sono bassi e da utilizzare quando la speculazione porta i prezzi in alto». Il grano come l´oro, con una serie di Fort Knox pieni di frumento, mais, riso e tutto ciò che serve per alimentare gli uomini e gli animali. Pienamente d´accordo la Coldiretti italiana. «Lo stoccaggio - dice Sergio Marini - è uno strumento importante contro la speculazione. Nella nostra storia non avevamo mai visto sbalzi così alti nei prezzi agricoli e la volatilità dei prezzi è pericolosa. Se sono troppo alti, tanti non riescono a comprare: per i Paesi poveri questo è un dramma. Il grano non è un´automobile, il cui acquisto in momenti di crisi può essere rinviato. Il cibo serve tutti i giorni. Si parla sempre di crisi delle banche, delle auto, del settore manufatturiero e si prevede una perdita di Pil pari all´1,5%. Ma in agricoltura, con un calo dell´1,5%, non si avrebbero solo disoccupati: aumenterebbero anche i morti per fame. Gli stoccaggi sono indispensabili perché la crisi picchia anche con i prezzi troppo bassi, come quelli di oggi. Il contadino sa che non avrà reddito e allora rinuncia alla coltivazione. In Italia, ad esempio, le semine del grano duro da pasta quest´anno saranno ridotte del 30%».
Il meeting romano metterà a confronto associazioni che operano in realtà molto diverse. «In comune - dice Mamoru Moteki, presidente della giapponese Ja Zenchu - abbiamo però una richiesta per tutti i nostri governi: riconoscere che il cibo rappresenta un elemento essenziale per l´umanità e per questa ragione non deve essere trattato come un qualsiasi altro bene». Il Giappone - 3 milioni di agricoltori, il 5% dei 61,5 milioni di lavoratori del Sol Levante - riesce a produrre solo il 40% del cibo che gli serve. «La coltura più importante è il riso e dobbiamo anche aumentare la produzione, riattivando le risaie oggi non utilizzate. Dobbiamo educare i bambini a mangiare pane e spaghetti prodotti con farina di riso, come sostituti della farina di grano che deve essere importata. Abbiamo fatto una proposta importante ai giovani che hanno perso il lavoro nell´industria, invitandoli a venire in campagna e fare i coltivatori e gli allevatori. I primi 800 hanno già accettato». Negli Stati Uniti - solo 960.000 persone dichiarano di essere agricoltori a tempo pieno ma ognuno lavora 169 ettari - la produzione più importante è il mais, con 306 milioni di tonnellate. «Siamo autosufficienti - dice Robert L. Carlson - in tutti i comparti agricoli. Esportiamo grandi quantità di grano e di cotone. Ma bisogna mettere ordine nella concorrenza internazionale. E´ giusto che un governo finanzi gli agricoltori per garantire la sicurezza alimentare ai suoi cittadini. E´ giusto che il surplus competa in maniera equa sul mercato mondiale. Ma solo se il prezzo è equo: esportare il prodotto protetto a prezzo più basso è un attacco al libero mercato».
Non mancheranno i temi di confronto, nella riunione romana. «Noi non vogliamo protezionismo - dice il presidente della Coldiretti - ma trasparenza. Come Obama negli Usa, chiediamo che per ogni prodotto che arriva sul mercato sia indicata la provenienza. Il consumatore deve sapere, leggendo un´etichetta, dove e come è stato coltivato l´alimento destinato alla tavola. Poi sarà lui a decidere. Soprattutto in questi mesi di crisi l´informazione è indispensabile. C´è infatti il rischio che, di fronte all´emergenza economica, qualità e sicurezza vengano dimenticate. E si dimentichi anche che il cibo è un diritto per tutti gli uomini e non solo merce di scambio».