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 2009  marzo 17 Martedì calendario

IN AULA COL VOLTO NASCOSTO DA UNA CARTELLINA. IL GIUDICE: QUI NON SI PROCESSA UNA NAZIONE


Non risponde ai giornalisti, entra in aula, impugna testardo il pesante fascicolo d´archivio in cartone blu per celare la faccia. Per cinque lunghi minuti, finché la corte guidata da una donna, la giudice Andrea Humer, entra in aula, e lui, l´imputato deve alzarsi, gettare quella maschera di cartone, affrontare la vergogna. Non si mostra pentito, secondo qualcuno ha perfino le lacrime agli occhi.
 cominciato così, ieri, il processo su uno dei crimini sessuali più agghiaccianti degli ultimi decenni. Ecco Josef Fritzl, il padre-violentatore, ecco lo stimato imprenditore di successo che nel sotterraneo della sua bella villetta ad Amstetten ha tenuto segregata per 24 anni la figlia Elisabeth nel buio, in catene e imprigionata come in cassaforte, l´ha violentata almeno tremila volte, ha avuto da lei sette figli, uno dei quali forse è morto neonato perché lui si rifiutò di portarlo in clinica e salvarlo. Ecco il mostro davanti agli occhi del mondo, teso ma deciso a difendersi di fronte alle telecamere tv e internettiane e ai giornali i cui inviati americani e russi, arabi e giapponesi, hanno occupato la piccola St. Poelten.
«Questo è il processo contro un singolo criminale, non il crimine d´un´intera nazione», dice con voce ferma la 48enne giudice Andrea Humer. Nelle sue mani, oltre che in quelle di altre due donne, la 33enne procuratore Burkheiser e la 46enne perita psichiatrica Adelheid Kaestner, ci sono il destino di Fritzl e l´immagine dell´Austria nel mondo. Gli è andata male, al padre-padrone assetato di voluttà e dominio per 24 anni: tre donne dure, da sempre in prima linea contro la violenza sessuale, adesso decideranno con la Giuria il suo futuro. E lui comincia a piegarsi.
Certo non si aspettava di vivere un giorno come ieri, Josef Fritzl, quando, il 28 agosto del 1984, completata la costruzione della cantina-prigione sotto la villa, vi imprigionò Elisabeth, la figlia del cuore, allora appena diciottenne. Certo non si aspettava di comparire davanti a una corte presieduta da una donna, con la giacca lisa a quadretti, camicia blu, cravatta pacchiana e pantaloni scuri, quando cominciò a scendere giù in cantina ogni volta che aveva voglia. Incatenava Elisabeth, o la narcotizzava, poi in preda alla sua libido violenta la violentava in ogni modo, ignorava rabbioso e voluttuoso come una bestia le sue grida, le sue suppliche di smetterla. Sopra, la moglie di Josef non sentiva o forse faceva finta di non sentire.
Certo Josef non si aspettava di dover vedere ieri, davanti alla Corte delle tre donne, la prima parte del video di undici ore d´interrogatorio e racconto del martirio che Elisabeth ha reso davanti alle telecamere della giustizia per testimoniare senza dover rivedere il padre aguzzino.
Adesso inizia a confessare, Josef l´incestuoso dagli istinti irrefrenabili. Sì, è vero, ammette, ho abusato di mia figlia, ho avuto da lei sette bambini. Era astuto, abile, aveva progettato per libido il suo delitto perfetto, il piccolo imprenditore di successo Josef Fritzl: il 29 agosto, il giorno dopo aver imprigionato la figlia nella cantina-prigione invasa dai ratti per abusarne a suo piacere, andò dalle autorità a denunciare la sua scomparsa. « scappata di casa, è entrata in una setta», disse, presentando come prova una falsa lettera di lei. Tutti gli vollero credere.
Adesso si difende invocando un´infanzia difficile, la madre che lo picchiava. Allora, nella villetta di Amstetten dove tutti lo stimavano come cittadino modello, festeggiava con party e cene con i vip del posto, sopra. Sotto, Elisabeth dimenticava la luce del sole, e dava alla luce un figlio dopo l´altro. Senza alcun aiuto medico, senza igiene, solo un libro di istruzioni per donne incinte, I figli-nipoti di Josef il mostro nacquero uno dopo l´altro: Kerstin nel 1988, Stefan nel 1990. Lisa nel ”92, Monika nel ”93. Lisa e Monika, sempre nel ”93, furono consegnate da Josef al brefotrofio: lui giurò che la figlia fuggita con la setta glieli aveva lasciati davanti alla porta di casa. Nel ”97, la stessa sorte della consegna come trovatello tocca al prossimo, Alexander.
Non è ancora la fine dell´orrore: Alexander era nato insieme a un gemello, nato e morto senza nome né sepoltura. Si era ammalato subito da neonato. Elisabeth aveva supplicato il padre di portarlo in clinica per salvarlo, lui non ne volle sapere. «So wie´s kommt, kommt´s», succede quel che succede, le aveva risposto. Il piccolo morì, papà-nonno Josef lo cremò in un forno a legna. Per anni ancora Elisabeth visse nella cantina-prigione dei ratti e del buio, sempre alla mercé delle voglie del padre. Nel 2002 nacque Felix, e insieme a Kerstin e Stefan crebbe là sotto senza vedere mai il Sole.
Il martirio finì il 19 aprile 2008: Kerstin era gravemente malata. Josef la portò in clinica. Una settimana dopo, la polizia insospettita fermò il padre-carnefice e Elisabeth la vittima a un passo dalla clinica, ed Elisabeth confessò tutto. Il 27 aprile Josef si decise a confessare. Ammise anche che qualche volta lasciava Elisabeth in pace: da solo, senza la moglie, se ne andava in Indocina con voli low cost a spassarsela con le minorenni vendute sul mercato del sesso.