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 2009  marzo 17 Martedì calendario

LO SCRITTORE E LE FORBICI DELL’EDITOR


Esce in Italia, da Einaudi, nella traduzione di Riccardo Duranti, un libro che viene da lontano, che ha una storia affascinante, e che per 27 anni, inutilmente, l´establishment letterario mondiale ha cercato di far dimenticare. Tutti sapevano che c´era, ma pochi l´avevano letto. Nessuno poteva pubblicarlo. A suo modo, un libro proibito. Si intitola Principianti (euro 19, pagg. VIII-294).
A scriverlo è stato Raymond Carver, alla fine degli anni Settanta, quando non era ancora nessuno: diciassette racconti in parte già pubblicati su riviste, in parte inediti. Finì nelle mani di un editor di Knopf, un editor non qualunque, una specie di genio dell´editing: si chiamava (si chiama tuttora) Gordon Lish. Il testo di Carver gli sembrò eccezionale. Non si limitò a decidere di pubblicarlo: lo prese e ci lavorò duro. Ne uscì un libro molto diverso, con centinaia di correzioni e il 50 per cento di pagine in meno. In questa versione fu pubblicato, nel 1981, col titolo Di cosa parliamo quando parliamo d´amore. L´esito fu clamoroso. A tutt´oggi quel libro è considerato una pietra miliare della letteratura di fine secolo: il minimalismo letterario nasce lì, e lo fa con una violenza e un fascino che non hanno risparmiato quasi nessuno. Va sottolineato che il lavoro di Lish non è riassumibile semplicemente in un accurato e ipertrofico lavoro di pulizia: le sue correzioni, oltre a tagliare, costruivano uno stile, aggiungevano frasi, cambiavano i finali, modificavano i personaggi.

Le correzioni impressero alle storie una radicalità e un´audacia che costituiscono la loro cifra distintiva. Prima dei tagli, le trame avevano un vero finale e l´autore era tutt´altro che freddo
Quello speciale mix di freddezza, velocità e mutismo nacque dunque in laboratorio
Una svolta che condizionò tutta la produzione letteraria successiva benché le storie e l´approccio iniziale fossero genuinamente carveriane, lui portò in quel libro una genialità, una radicalità e un´audacia che gli varrebbero quasi lo statuto di co-autore. Per questo il caso di quel libro è pressoché unico, e infinitamente curioso: sarebbe come scoprire che Moby Dick, prima dell´intervento di un editor, era lungo la metà, non era raccontato in soggettiva da Ishmael e non prevedeva nessuna enciclopedia sui cetacei. Alla fine la balena perdeva. Sono colpi…
Forse anche per questo, la memoria di questa stranissima genesi è stata per anni soppressa, più o meno sistematicamente. Carver continuò a scrivere, sottraendosi al controllo di Lish, ma anche mettendo a frutto, magari inconsapevolmente, quello che Lish gli aveva insegnato: c´è da chiedersi se avrebbe mai scritto i suoi libri successivi in quel modo, se non avesse letto se stesso corretto da Lish. In ogni caso, continuò a produrre, anche senza tutoraggio coatto, splendidi libri. Non dimenticò mai, però, quella falsa partenza, e fino alla morte coltivò il sogno di far uscire il suo libro d´esordio nella sua versione originale. E´ difficile capire la ragione, ma una soddisfazione del genere non gli fu concessa. Solo negli ultimi anni, la tenacia della vedova, Tess Gallagher, anche lei poetessa e scrittrice, è riuscita a eludere la resistenza del mondo editoriale: oggi Principianti sta uscendo in tutto il mondo, a prendere il suo posto accanto, e non contro, il già pubblicatissimo e famoso Di cosa parliamo quando parliamo d´amore. Un particolare curioso: l´unico Paese in cui Principianti non uscirà, per legittima decisione dell´editore di Carver, sono gli Stati Uniti. (L´ha però pubblicato il New Yorker, e compare nella collana "Library of America").
Per tutti coloro che amano leggere, e ancor più per quelli che amano scrivere, questo singolare caso letterario offre una reperto archeologico pressoché unico, e di enorme interesse: è come scoprire i diversi strati di fondazione di una città antica. Carver 1 e Carver 2 sono, in piccolo, un città di Troia dissepolta dall´oblio. E´ evidente che molte cose si possono imparare, passeggiando fra quelle rovine. Si capisce che Carver aveva qualche problema a dare una struttura equilibrata ai suoi racconti, e Lish era bravo a raddrizzare le cose. Si scopre con una certa sorpresa che i suoi personaggi, prima dell´intervento di Lish, piangono, hanno emozioni, pensano pensieri leggibili, tradiscono posizioni morali. Si constata che spesso le storie di Carver avevano un vero finale, e che l´invenzione di storie sospese nel nulla che si spengono bruscamente e senza apoteosi finale è in gran parte figlia di Lish. Si scopre che Carver mostrava senza problemi una certa solidarietà per i colpevoli e una forma di calda complicità con coloro che sbagliano: nella versione di Lish tutto ciò scompare completamente, in favore di una sovrannaturale freddezza.
Anche si scopre, va detto, che davvero c´era un tesoro, nella città sepolta, e Lish, costruendo quella nuova, uccise qualcosa di davvero prezioso. Carver aveva in effetti un´abilità abnorme nel descrivere l´umanità intera attraverso la descrizione sommaria di alcuni suoi esempi insignificanti. In questo è dubbio che ci sia stato qualcuno migliore di lui, a parte ovviamente Checov. I non-eroi di Carver sono una delle grandi realizzazioni della letteratura di tutti i tempi. Li otteneva con pochi tratti, con una certa velocità, sommando dettagli insignificanti fino formare una figura incredibilmente reale: chi legge fa la strana esperienza di sapere pochissimo di un personaggio e simultaneamente di sapere tutto, di lui e del suo mondo. Devo a Dario Voltolini la più esatta descrizione di una simile esperienza: chiudi gli occhi, tocchi con un dito la pelle della balena, e vedi la balena tutta. Dai uno sguardo veloce a due americani che fanno il barbecue e vedi l´America. Era un trucco che riusciva praticamente solo a lui. Ma ora sappiamo che lui lo otteneva con cinque passaggi di pennello, e Lish li ridusse a uno. Il tesoro della città perduta sono le altre quattro pennellate. Quasi tutte, quasi sempre, ammirevoli: gesti, parole, pensieri. La loro bellezza era perduta per sempre, adesso è tornata. Lish probabilmente la conosceva, sapeva che c´era, ma la barattò con qualcosa che, in ogni caso, aveva il suo valore: buttò via le quattro pennellate e tutti i finali, e inventò il minimalismo.
Adesso che lo sappiamo, forse qualche conclusione di carattere storico dobbiamo pure tirarla. Io riassumerei così: il minimalismo fu un´invenzione artificiale. Voglio dire che, senza alcun dubbio, i racconti che Carver scriveva quando iniziò a scrivere non sono più minimalisti di molti racconti di Hemingway. Non c´è nulla che non si possa già trovare in Un posto tranquillo illuminato bene. Anzi si potrebbe dire che quel Carver era spesso più caldo, più appassionato, più lungo, e più moralista del miglior Hemingway (e quindi, in un certo senso, anche più bello). L´accelerata in avanti, nella direzione di una superiore freddezza-velocità-mutismo, la diede senz´altro Lish, e fu, dunque, un´accelerata nata in laboratorio. Di per sé non vuol dir molto e non intacca il valore dell´operazione. Ma ci ricorda che una delle sterzate più gravide di conseguenze che la letteratura abbia avuto negli ultimi anni, fu il risultato di un processo quasi manifatturiero: nacque della fusione tra creazione pura e lavorazione industriale. Da allora, dal conio di quel modello, una superiore freddezza, e un mutismo quasi sacerdotale, sono divenuti un valore riconosciuto e pressoché stabilizzato dello scrivere letterario: ma va ricordato che nel suo DNA la scrittura letteraria non aveva un simile valore, se non sfumato. La nostra tradizione si fonda su una sequela di grandi per cui freddezza, velocità e mutismo potevano essere sfumature di colore utilizzabili, ma non erano in alcun modo la tinta dominante. Da Faulkner a Céline, da Proust a Joyce, da Tolstoj a García Márquez, la nostra storia si fonda su una grandeur mentale e stilistica che irride qualsiasi minimalismo. Ma l´esperienza carveriana ha ridisegnato tutto, e il canone letterario si è risistemato su un metro di misura che quei suoi libri hanno definitivamente sventrato, spostando enormemente i concetti di freddezza, velocità, mutismo. Scrivere è diventato, assai più che in passato, una questione di controllo, di misura, di talento nel nascondere, di distacco. No so giudicare una svolta del genere: ma so che conoscere la sua genesi, e il peccato originale che la generò, potrebbe aiutarci in qualche modo a capire meglio cosa scriviamo e cosa leggiamo oggi.