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 2009  marzo 17 Martedì calendario

AFRICA, AUMENTANO I CATTOLICI


Come narrano gli Atti degli Apostoli un etiope, tesoriere della Regina di Candàce, fu il primo africano convertito al Cristianesimo. In Africa è nato uno dei pilastri del pensiero cristiano: Sant’Agostino, vescovo di Ippona. Ma l’esplosione, soprattutto negli ultimi trent’anni, del cattolicesimo nell’Africa subsahariana si colloca tra i più grandi «successi» missionari nella storia della Chiesa. I cattolici erano 1,9 milioni nel 1900, 139 milioni alla fine del 2000, oltre 158,3 oggi. Mai, nella storia del Cristianesimo, si era verificata un’espansione simile.
Una presenza giovane, e dunque più fragile ed esposta alle «gelate» delle croniche emergenze africane, cui si aggiunge l’odierno allarme-rosso per gli effetti della crisi mondiale. La «crisi investirà in una terza fase le regioni più povere e vulnerabili», ha detto il direttore del Fondo monetario internazionale Strauss-Kahn. Preoccupano le ripercussioni sociali che potrebbero tradursi in rivolte sanguinose, come è già avvenuto l’anno scorso, contro il rincaro dei prezzi del grano e dei cereali. «Non si tratta solo di proteggere la crescita economica – ha aggiunto – o i profitti delle imprese, ma di contenere la minaccia di violenze, forse anche di una vera e propria guerra».
A ciò si aggiunge che, sulla costa orientale, il Sudan e la Somalia sono già segnati dalla violenza islamica. In Nigeria cristiani e musulmani sono arrivati alla lotta armata. Mentre a Ovest, dove negli anni Settanta s’era insediato l’ex impero sovietico, è sbarcata la Cina. Pechino, alla ricerca di materie prime necessarie al suo sviluppo, ha puntato su opere pubbliche, grandi finanziamenti, comunità. L’ombra asiatica (un mix di ultracapitalismo e di ultramarxismo ateo) si allunga proprio su quella parte del Continente dove ha maggiormente attecchito il cattolicesimo. Ci sono, infine, i problemi legati all’inculturazione della fede: prima eccessivamente «occidentalizzata», poi troppo subalterna ai costumi africani soprattutto nel campo della liturgia e in quello del matrimonio (convivenza prima della celebrazione del sacramento, tendenze poligamiche).
In ogni caso i cattolici sono cresciuti negli ultimi anni del 3,1%, con un incremento più alto della crescita della popolazione (+2,5%) che dunque non si spiega solo per motivi demografici. Ma anche per quelli che fides. org ( organo del Pontificio Consiglio che fu Propaganda Fide) definisce «i successi dell’evangelizzazione » che hanno avuto una forte impennata fino al 2005. In Nigeria e nella Repubblica Democratica del Congo si registra un numero di battesimi superiore a quello dei Paesi cattolici tradizionali come Italia, Francia, Spagna o Polonia.
Ancora alcuni dati. Quasi la metà dei battesimi di adulti nel mondo appartiene all’Africa. Entro il 2050, tre nazioni africane figureranno nell’elenco dei primi 10 Paesi cattolici: la Repubblica Democratica del Congo (97 milioni di cattolici), Uganda (56 milioni) e la Nigeria (47 milioni). Anche le vocazioni sono in piena espansione. Il Bigard Memorial Seminary, Seminario regionale per la Nigeria Occidentale ed Orientale, con i suoi 1.100 candidati al sacerdozio è il più grande del mondo. Negli ultimi sette anni i sacerdoti africani sono aumentati del 23,24%, mentre le due Americhe sono rimaste stazionarie e l’Europa e l’Oceania hanno visto diminuire i propri preti (in media del 5%). Anche le suore sono cresciute più che in tutto il resto del mondo (+15%). Se la tendenza proseguirà, tra 25 anni l’Africa supererà l’Europa per numero di cattolici, afferma uno studio dei vescovi tedeschi. Per questo anche nelle parrocchie italiane è sempre più frequente imbattersi in preti, viceparroci e catechisti africani: una sorta di neoevangelizzazione di ritorno della vecchia Europa. «Il Signore ha benedetto la mia Africa», amava ripetere il primo africano della storia giunto nella Curia vaticana, il cardinale Gantin, morto nel maggio scorso, e che venne nominato da Wojtyla nello stesso giorno di Ratzinger.
Negli ultimi decenni sono anche cambiate la qualità e la quantità della presenza «missionaria» italiana in Africa. A determinare un nuovo inizio sono stati i numerosi viaggi di Giovanni Paolo II che tra il 1980 e il 2000 si è recato ben 16 volte nel continente, raggiungendo 42 Paesi su 53. Alle missioni «classiche» dei Comboniani (dal fondatore Daniele Comboni, il primo vescovo cattolico dei tempi moderni, proclamato santo nel 2003), dei Padri Bianchi (attualmente 1.650), dei piccoli fratelli di Charles de Foucauld, dei missionari della Consolata si sono via aggiunte le presenze dei «movimenti ». Dai focolarini di Chiara Lubich ai ciellini di don Giussani, ai quelli di Sant’Egidio. L’Opus Dei conta quasi duemila numerari nel Continente: come Leon Tsilolo, medico in Congo, che segue il progetto Harambee. Mentre i salesiani italiani a Goma capitale del Nord Kivu da mesi e mesi danno assistenza a centinaia di orfani e di disperati in fuga dalla guerra e in cerca di cibo e cure.
Tutti insieme costituiscono un ponte tra il nostro Paese ed il Continente e tra la Chiesa italiana e «quella che vive in Africa». Sono una realtà in gran parte sconosciuta, che magari balza per un attimo agli onori della cronaca come nel caso delle due suore rimaste in mano ai rapitori tre mesi nel Nord del Kenia. I Focolari sono presenti in 50 nazioni con circa 178.000 persone. In Camerun, a Fontem, il popolo bangwa è stato «salvato » dall’estinzione causata dalla malattia del sonno, grazie ad un ospedale voluto dalla loro fondatrice. «Siamo 33 mila in Africa, puntiamo molto sui progetti Dream (contro l’Hiv) e Bravo per contrastare il fenomeno di milioni di "bambini invisibili", non registrati all’anagrafe che finiscono nel traffico degli esseri umani», dice il presidente di S.Egidio, Marco Impagliazzo.
«Abbiamo circa tremila persone che seguono la nostra Scuola di Comunità», dice Jesus Carrascosa, responsabile del Centro internazionale di Cl. Di Cl è Rose Busingye, infermiera che ha dato vita al Meeting Point di Kampala (Uganda). «L’obiettivo – ha detto – è non lasciare soli i malati di Aids davanti alla malattia e alla morte: la compagnia fa rinascere una speranza, aiuta a combattere la malattia». Padre Cervellera, missionario del Pime, spiega la «differenza» tra la presenza dei cattolici e quella delle varie Ong. «Quest’ultime portano aiuti, lodevolmente, ma quando vanno via la situazione ritorna al punto di partenza. La presenza cattolica cerca di educare le persone, di renderle consapevoli della propria dignità».