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 2009  marzo 14 Sabato calendario

DEBITO, LA CINA AVVERTE GLI USA


«A dire il vero, un po’ allarmato lo sono». Wen Jiabao ai cinesi è simpatico, piace il suo modo di farsi capire. Ieri mattina in chiusura dei lavori dell’Assemblea nazionale del Popolo (il parlamento), il premier ha voluto parlar chiaro anche agli Stati Uniti. «Abbiamo fatto ingenti prestiti di capitale agli Usa e naturalmente siamo preoccupati per la sicurezza dei nostri investimenti ». l’inquietudine, di fronte alla crisi, di un Paese che detiene circa mille miliardi di dollari in titoli di Stato Usa, il maggior creditore di Washington. «Vorrei chiedere ancora una volta agli Stati Uniti – ha detto – di mantenere le loro promesse e garantire la sicurezza dei capitali cinesi». Ed era già notte a Pechino quando da Washington sono arrivate le risposte. Per il consigliere economico Lawrence Summers «l’impegno del presidente Obama è chiaro, dobbiamo essere gestori attenti dei nostri investimenti», mentre il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, è stato ancora più diretto: «Non esiste al mondo Paese più sicuro degli Stati Uniti per fare investimenti».
I timori di Wen e dell’establishment cinese sono affiorati su diversi temi. La crescita, per cominciare, quasi il feticcio della scommessa nell’anno della crisi: «L’obiettivo dell’8% è difficile da ottenere, ma possibile», si è esposto il premier. Alla tenuta della crescita Pechino si affida per scongiurare scompensi sociali, già ora 20 milioni di disoccupati fra i lavoratori migranti sono un’emergenza sociale.
Quanto all’ormai famigerato pacchetto di stimolo da 455 miliardi di euro, lanciato in autunno, Wen ha lasciato capire che, se occorresse, potrebbe essere replicato. «Abbiamo messo da parte abbastanza munizioni e possiamo vararlo in qualsiasi momento», nel frattempo confida nell’allargamento del deficit e nelle misure di spesa: «Prima si agisce meglio è».
Wen si è poi speso contro le accuse di svalutazione pilotata del renminbi, per contrastare il declino dell’export, in febbraio crollato del 25,7%. L’apprezzamento delle valute europee e asiatiche – ha spiegato – ha finito col colpire pesantemente l’export cinese. Toccherà allora agli aumenti salariali e delle pensioni cercare di rivitalizzare il mercato interno. Si tratta di stringere i denti, «nel 2010 usciremo dalla crisi». Basta avere «fiducia» e «coraggio».