Fabrizio Ceccarelli, la Repubblica 15/3/2009, 15 marzo 2009
L’ETERNO RITORNO DI ROMANO DOPO L’OBLIO E IL GELO DEL LOFT
Di norma il senso di colpa non rientra nel novero delle categorie politiche. Ma in una vita pubblica ormai dominata dai sentimenti e presa prigioniera nell´intimità, fra "atti d´amore" (Veltroni), effusioni di "gioia" (Franceschini) e di "buon umore" (Bersani), la smisurata esultanza con cui ieri stata accolta la notizia dell´iscrizione di Prodi al Pd sa più di sollievo per la compiuta espiazione che di ragionato compiacimento.
Adesso tutto sembrerebbe a posto, lì dentro, c´è un nuovo leader, forse c´è perfino una nuova linea, ma in realtà grava ancora una pesante e articolata coda di paglia sul Pd. La cui nascita assolutamente coincide nei tempi e nelle mortificazioni, inflitte e subite, con l´affossamento del governo Prodi. A quasi due anni di distanza si è capito, grosso modo, il senso della vicenda e dei suoi esiti sacrificali. Il Prof s´era ostinato a governare, ad ogni costo. Veltroni aveva fretta e più guai di quel che egli stesso lasciasse credere. E a tutti gli inquilini del loft, che di quella stagione resta senz´altro il più vacuo simbolo, un giorno addirittura bersagliato di bombe alla crema dai no-global, ecco, nel loft non sembrava vero di poter scaricare su quel fragile governicchio tutte le tensioni interne. Prodi oltretutto era vecchio, dicevano, un film già visto, una minestra riscaldata; è arrivato il nostro turno, e al massimo alzavano gli occhi al cielo, e intanto i più baldanzosi facevano con la mano quel gesto che vuol dire: smamma! E infatti di lì a poco il Prof smammò. Non uno dei rissosi protagonisti del preteso nuovo corso, compresi quelli, anzi soprattutto quelli che oggi si dicono mega-entusiasti della sua iscrizione, mosse un dito per mostrare a Prodi, a "Brodi", il Gran Bollito del centrosinistra senza trattino, un po´ di affetto o di rispetto. Non lo volevano nemmeno in campagna elettorale, niente comizi e niente tv: faceva perdere voti. Così quando arrivò la sconfitta, la ragione che l´aveva determinata era bella e pronta. Loro, cioè i Veltroni, i Franceschini, i D´Alema, i Marini, i Rutelli, i Bettini provarono subito ad assolversi: tanto un colpevole c´era già. Solo Parisi, a dire il vero, provò a difenderlo, e un po´ la Bindi. Ma che contavano? In seguito i maggiorenti fecero anche finta di volerlo ancora presidente del partito. Ma ancora oggi la carica è vacante. Oh come sono crudeli le leggi del potere! Non che lui non le conoscesse, figurarsi. E tuttavia, dopo essersela ben legata al dito, pratica su cui esiste una letteratura ormai quasi ventennale, Prodi si limitò a pronunciare la classica frase: "Non parlerò mai più del Partito democratico". Era l´estate del 2008. Sennonché l´Italia resta pur sempre il paese del melodramma, con il che dietro a quella scarna dichiarazione d´intenti s´indovinavano passioni degne del teatro elisabettiano. Tutto lascia credere che la rabbia, lo sdegno e la nausea si siano mano a mano temperate in diversi modi e ruoli, tutti ovviamente legittimi: l´invocatissima, a suo tempo, cura dei nipotini, innanzitutto; poi pignola redazione di lettere ai giornali su controverse, ma per lui ancora vive vicende dell´ex governo; quindi l´incarico Onu per l´Africa, un classico da ex potenti; e tante altre cose perché il Prof è svelto, instancabile e certe cose, appunto, le conosce bene solo lui. Dal laceratissimo Pd, comunque, nemmeno una cartolina, come si dice in questi casi. O meglio: una volta, era gennaio, arrivò al partito una lettera per lui, ma significativamente l´impiegato la rispedì alle Poste con la scritta "destinatario sconosciuto". Ma sul serio. E dalla rimozione all´oblio il passo è minimo. Nel frattempo in quel soggetto "riformista" che Prodi aveva cominciato a delineare quindici anni orsono il segretario Veltroni era letteralmente nel pallone e tutti gli altri, compresi gli estensori della carta etica e i ministri-ombra, si preparavano alla resa dei conti. In quel po´ po´ di bailamme, tra Villari, D´Alema e i pruriti teo-dem, ci mancava solo il Prof. Il quale Prof, tutto sommato, per qualche mese è rimasto fedele al suo programmatico distacco. Ha resistito cioè alle lusinghe di Tremonti, alle sceniche nostalgie di Travaglio e alle tentazioni delle Iene: "Nessun sassolino, quando una stagione si chiude, si chiude veramente". Seguiva quelle storie lì "col cuore". Di conseguenza ha voluto anche telefonare di persona a Veltroni dopo le dimissioni, servendosi la vendetta notoriamente fredda nel piatto. Adesso ritorna. O meglio, prende la tessera. O meglio ancora, rispetto a quel serial che egli è diventato non si capisce se c´è da esserne lieti o sconsolati. O magari tutte e due le cose insieme. Oppure gioirne la mattina e dolersene la sera, prima di andare a nanna e provare a sognare il lieto seguito di una storia con qualche faccia nuova.