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 2009  marzo 14 Sabato calendario

KILLER A DUISBURG PICCOLO BORGHESE AD AMSTERDAM


Finalmente una traccia, un filo da seguire per gli investigatori che lavorano per dare nomi e volti ai veri stupratori della Caffarella. A un mese dall’aggressione della ragazzina di 14 anni nel parco con il fidanzatino di sedici, la polizia avrebbe trovato i cellulari che furono rapinati alla coppia prima della violenza sessuale. Sulla svolta delle indagini gli inquirenti mantengono il riserbo, trapela solo che ci sono due persone sottoposte ad accertamenti: un rumeno e un nordafricano, ma potrebbero anche solo essere gli acquirenti dei cellulari. Uno dei telefonini sarebbe stato recuperato a Roma, l’altro in Romania. Non è detto che ad esserne in possesso fossero gli stupratori: gli apparecchi potrebbero essere finiti nelle mani dei ricettatori, o di romeni che li avrebbero acquistati. Un fatto è certo: l’individuazione di quei cellulari è un elemento importante perché può consentire agli uomini della squadra mobile romana di risalire a chi li ha rubati, cioè ai violentatori della ragazzina, e risolvere così il giallo della Caffarella. Un giallo che si sta trasformando sempre più in un’ingarbugliata matassa giudiziaria. Ieri Alexandru Loyos Isztoika, il romeno arrestato con Karol Racz per lo stupro, è comparso davanti a gip per la convalida di un nuovo provvedimento di fermo emesso dalla procura per calunnia nei confronti di Racz, chiamato in causa dall’amico durante una confessione poi ritrattata, e autocalunnia. Il gip, però, non ha confermato il fermo. Ha però emesso una nuova ordinanza di custodia in carcere per Alex «il biondino»: ancora una volta per calunnia, ma questa volta nei confronti della polizia romena che, secondo Isztoika, avrebbe estorto quella confessione a forza di botte e minacce.
La mancata convalida del fermo del romeno, che davanti al giudice si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande, potrebbe suonare come un altro smacco per la procura della repubblica titolare di un’inchiesta già colpita e quasi affondata dal Tribunale del Riesame, che nei giorni scorsi ha disposto la revoca degli arresti. Ma non è così. Facendo cadere il reato di calunnia contro Racz, il gip restituisce di fatto credibilità alla confessione di Isztoika. E’ proprio ciò che voleva l’accusa, da sempre convinta che «il biondino», se non è lo stupratore perché il Dna lo esclude, ha visto tutto: «Era a conoscenza di troppi particolari, quindi copre i veri colpevoli». Scrive infatti il gip: «Non si può escludere la partecipazione del fermato (Isztoika; ndr) e del chiamato in correità (Racz; ndr) con un ruolo diverso». Isztoika, dunque, rimane in cella. «Sono amareggiato - commenta il suo avvocato, Giancarlo Di Rosa -. Contro di lui sono caduti tutti i nuovi reati contestati dalla procura eccetto quello di calunnia contro gli investigatori di Bucarest. Sono convinto che anche questa accusa sia strumentale, perché finisce per comprimere il libero diritto alla difesa di Isztoika». Resta in cella pure Racz: sul suo capo pende un’accusa per un altro stupro il 21 gennaio a Primavalle. Anche in quel caso, però, il test del Dna è negativo. Tutto ciò, mentre le indagini ripartono da zero. Gli investigatori cercano i veri colpevoli in Romania, hanno raccolto una ventina di campioni per il Dna. Inoltre è previsto un nuovo sopralluogo nel parco della Caffarella, alla presenza dei fidanzatini vittime della violenza, per chiarire alcuni aspetti ancora oscuri nella dinamica dell’aggressione.
Non se l’aspettava, il latitante. Giovanni Strangio pensava di essere ormai diventato un invisibile a vita. Un rispettabile immigrato trasferitosi con la moglie e il figlio, che adesso ha tre anni, in un sobborgo di Amsterdam. Discreto, mai un litigio con i vicini di casa, mai un atteggiamento censurabile. Certo, quando arrivava o usciva dal suo portone di casa, si camuffava. Berretto rosso calato in testa, giubbotto, occhiali. Una accortezza, perché non si sa mai. L’altra sera, intorno alle undici, di fronte ai poliziotti olandesi - che al pari degli italiani e dei tedeschi si sono spesi nelle indagini per la cattura, impiegando nell’operazione uomini dell’Antiterrorismo - che hanno fatto irruzione nel suo appartamento, quattro vani, è sbiancato. E’ rimasto perplesso, confuso, disorientato. Ha abbracciato a lungo la moglie e non ha detto nulla. Una telecamera posizionata di fronte al portone. Le immagini del cognato Francesco Romeo, latitante da dieci anni, trafficante di droga, anche lui un «emigrante» in Germania. La certezza che fosse il covo-appartamento di Giovanni Strangio maturata nelle ultime ore. Poi il blitz con gli arresti. Nella casa è stato trovato un milione di euro, passaporti contraffatti, una macchina per produrre documenti falsi, e documentazione adesso al vaglio degli investigatori.
E’ finita così la latitanza di Giovanni Strangio, uno dei due killer-vendicatori della strage di Ferragosto, a Duisburg, Germania, sei morti. Gli ultimi di una violentissima faida iniziata durante il Carnevale del 1991 - una banale lite di ragazzi, uova lanciate in un bar, si trasformò nella prima missione di morte - che ha visto in questi anni contrapposte le famiglie ”ndranghetiste di San Luca (Aspromonte), Pelle-Vottari contro Strangio-Nirta. Lo cercavano da quasi due anni - la strage alla pizzeria «Da Bruno» avvenne il 15 agosto del 2007 - perché Giovanni Strangio fu subito individuato dagli investigatori di Reggio Calabria. La polizia tedesca pochi giorni dopo andò a perquisire la sua casa di Kaarst, dove era residente, e nella sua auto fu trovata una ricevuta di un’armeria di Dusseldorf. Con il nome «Marco», il cliente Giovanni Strangio (dal 2005 si riforniva di proiettili e accessori di armi) aveva chiesto 2 caricatori e due giubbotti antiproiettili da ritirare il 14 agosto. Gli uomini della Mobile di Reggio Calabria non hanno ancora ricostruito la latitanza dorata della famiglia Strangio. Di certo, si trovava ad Amsterdam quando, nel novembre scorso, è stato arrestato un altro cognato, Giuseppe Nirta. Nella sua casa sono stati trovati forse gli elementi (pizzini, cellulari) che poi hanno portato alla cattura di Strangio (anche gli investigatori tedeschi avrebbero svolto un ruolo importante, seguendo, pedinando, intercettando quell’area contigua al killer di Duisburg).
La moglie di Strangio, Caterina, e il piccolo che oggi ha tre anni hanno lasciato San Luca da almeno un anno. Duisburg-San Luca. La ”ndrangheta che fa affari in Germania. Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, è convinto che in Germania «sono presenti 50 locali (la struttura organizzata della ”ndrangheta, ndr). Quasi 5.000 affiliati». Enzo Macrì, sostituto procuratore nazionale antimafia, lascia trasparire una critica velata nei confronti degli investigatori e inquirenti tedeschi: «I tedeschi non hanno fatto un granché. A partire dalla strage di Duisburg noi abbiamo fornito loro tantissimo materiale. Ma è complicato procedere al sequestro dei beni mafiosi, perché, per la legislazione tedesca, che non contempla il reato di associazione mafiosa, si può procedere laddove si contestino singoli reati».
E’ ancora troppo presto per capire quali ricadute avrà la cattura di Giovanni Strangio. Dopo la strage di Duisburg, le ”ndrine della Locride imposero la pax mafiosa, la fine della faida. E forse la fuga della famiglia Strangio da San Luca potrebbe essere stata imposta come prezzo della pace. Il procuratore aggiunto Nicola Gratteri avverte: «La faida è come un vulcano. Può riesplodere».