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 2009  marzo 16 Lunedì calendario

MEDIO ORIENTE, LA GUERRA SEGRETA


Tutto è iniziato con una normale sosta dal meccanico. Hassan, esponente dell’Hezbollah libanese, ha un problema con la sua auto. Forse è la batteria che non va. Ma quando l’elettrauto infila le mani nel groviglio di cavi scopre qualcosa di insolito. Prima una piccola apparecchiatura Gps, quindi una minuscola videocamera. Hassan (il nome è di fantasia) trasale e contatta altri dirigenti dell’Hezbollah. Anche loro controllano le auto e trovano la «cimice» che per mesi ha segnalato i movimenti dei capi guerriglieri e filmato i posti dove si recavano. Scatta l’allarme, viene informata l’Unità 1800, il controspionaggio del partito di Dio. I miliziani sanno dove andare a cercare il colpevole. Marwan Faqih, un concessionario di Nabatieyh, che, con modi affabili e prezzi da occasione, ha venduto vetture a un buon numero di quadri Hezbollah. Lo arrestano e sanno come farlo parlare. Lui ammette di essere stato arruolato dal Mossad, il servizio israeliano. Lo hanno «pescato» negli anni ’90 durante un soggiorno in Francia e da allora ha continuato a passare informazioni. L’Hezbollah, furioso, ordina una verifica degli apparati di sicurezza. E, sembra, che provveda a cambiare i codici.
Il caso Faqih, emerso a febbraio, è solo un episodio della battaglia delle ombre che va in scena nel teatro mediorientale. 007 israeliani, iraniani, siriani, miliziani libanesi e palestinesi, infiltrati, prostitute, ballerine e «innocenti passanti» sono gli attori dello scontro. Si spiano e si uccidono. Rubano segreti e organizzano trappole. Cadono in tanti. Di pochi conosciamo i nomi, di tanti non sapremo mai nulla.
L’inquietudine dell’Hezbollah cresce perché Faqih non è certo l’unico. A novembre hanno, infatti, scoperto i fratelli Jarrah, Alì e Youssef. Il primo è davvero una volpe. Libanese, simpatizzante della causa palestinese, lontano parente di uno dei terroristi dell’11 settembre – Ziad Jarrah era a bordo dell’United 93 ”, ha lavorato con gli israeliani dagli anni ’80. Ha una villa e una famiglia a El Marj, quindi un’altra moglie in un piccolo appartamentino vicino al confine con la Siria. Casa e lavoro. Alì usa la seconda abitazione per spiare i traffici tra i due Paesi. L’Hezbollah è convinto che la spia abbia causato molti danni al movimento in quanto aveva libertà di spostarsi, iniziativa e risorse. Il Mossad gli aveva fornito ottimi sistemi di comunicazione, apparati per le intercettazioni e una telecamera con la quale riprendeva possibili obiettivi. In cambio, gli israeliani lo ricompensavano con buste piene di dollari. Pagamenti effettuati in occasioni di viaggi all’estero: Cipro, Belgio e Italia, i Paesi visitati per ricevere soldi e ordini. Prima di essere scoperto Jarrah aveva passato un brutto periodo con i siriani. Il Mukhabarat lo aveva detenuto perché sospettato di avere rapporti con una fazione qaedista, Fatah Al Islam, ma era riuscito – è stato raccontato – a convincerli della sua innocenza. L’Hezbollah non ha escluso che Alì abbia collaborato al piano per uccidere a Damasco, nel febbraio 2008, il capo dell’apparato clandestino, Imad Mugniyeh. Dicono che Jarrah sarebbe stato segnalato nel quartiere dove il «bersaglio» si recava per incontrare una donna. Ma c’è dell’altro. Nell’affare Mugniyeh potrebbe entrarci anche Marwan Faqih. Ossessionato dalla sicurezza, il capo terrorista cambiava auto con molta frequenza. Quindici auto in soli dieci mesi. stato Faqih – è l’ipotesi – a fornire l’auto nella quale era nascosta una piccola bomba. Oppure Mugniyeh è stato tradito da un suo emissario, Mussa Daqduq, catturato dagli americani in Iraq nel 2007.
Ai colpi micidiali della Metsada – la sezione del Mossad che si occupa degli omicidi ”, rispondono con eguale vigore l’Hezbollah – Unità 1800, l’intelligence «preventiva» – e l’Iran, attraverso la Vevak e l’Armata Qods. I militanti hanno creato un vasto network all’interno di Israele. Contano su microcellule spionistiche animate da cittadini arabi-israeliani, palestinesi e beduini. A volte, esattamente, come i loro avversari, cercano di reclutare informatori all’estero. Uno studente in Germania, un altro in Danimarca, un’universitaria ad Amman, un ebreo di origine iraniana, un immigrato venuto dall’Argentina, solo per citare i casi emersi. Dopo il conflitto del 2006, gli israeliani hanno accertato che il network Hezbollah era riuscito ad avere dati importanti sullo schieramento militare ed era in grado di monitorare le comunicazioni lungo il confine. Un apparato clandestino con una proiezione strategica: sono forti in Sud America e hanno teste di ponte nell’area caucasica. Sembra che l’antiterrorismo dell’Azerbaigian abbia sventato un complotto a Baku, contro l’ambasciata israeliana.
I militanti, oltre al denaro, hanno un altro amo con il quale agganciare i potenziali informatori. La droga. Alcune delle reti facevano – e fanno – capo a un’organizzazione di trafficanti di hashish guidata dal clan Biro. Prima lavorava per conto dello Shin Bet (controspionaggio israeliano), poi è passato con gli Hezbollah. I narcos locali sono degli alleati prezzolati ma preziosi perché hanno uomini ovunque e dispongono di piccoli mercantili, ideali per le infiltrazioni e il trasporto di armi.
Nella guerra a tutto campo ci sono sparizioni, omicidi di difficile attribuzione, attentati e raid. Gli israeliani prendono di mira gli scienziati iraniani coinvolti nel programma nucleare, tentano di sabotare gli «apparati » usati da Teheran, provano a bloccare la via delle armi alimentata da una flottiglia di mercantili. L’ultima nave è stata intercettata a Cipro con un carico di munizioni per l’Hezbollah.
Le spie, a volte, usano vecchi sistemi. L’ordigno nel poggiatesta di una vettura, una scarica di Kalashnikov, pistole con il silenziatore. Oppure ti fanno sparire. Come è capitato a un ingegnere della compagnia Mea svanito a Beirut nella prima settimana di febbraio. Il 18 hanno poi trovato, sempre nella capitale, il corpo senza vita di un pilota libanese. Lo avevano rapito una settimana prima.
Quando è possibile, gli 007 si affidano alla tecnologia. Microfoni sensibili e invisibili. Sostanze che «illuminano » gli obiettivi di incursioni aeree. Biciclette che celano dispositivi di sorveglianza: quando ne è stata individuata una vicino alla residenza del leader druso Jumblatt si sono scatenate le illazioni più disparate. Un risultato quasi perfetto. Perché alle ombre mediorientali sta a cuore portare a termine la missione, ma è ancora più importante lasciare il dubbio su chi l’abbia organizzata.