Domenico Qiuirico, La Stampa, 16/3/2009, 16 marzo 2009
ARRIVA NELLE BANLIEUE LA RIVOLTA DEI CARAIBI
Le banlieues hanno trovato nuovi, pericolosissimi e contagiosi eroi: sono Elie Domota e i suoi sindacalisti-pretoriani, forsennati della barricata, specialisti della sassaiola contro la «polizia francocolonialista». I ragazzi delle periferie li hanno osservati, in sollucchero, per alcune settimane alla tv mettere allo sbaraglio la Guadalupa, ridurre al silenzio prefetti e ministri, costringere il governo a inghiottire tutte le loro richieste di aumento dei sussidi con cui le belle isole dello zucchero e del rhum sopravvivono senza allegria. Hanno notato che saccheggi di grandi magazzini e auto bruciate sono passati sotto silenzio giudiziario, per amor di quieto vivere governativo. Hanno riscoperto che la violenza paga.
Così ora qualcosa si muove, e di pericoloso, nell’altra Francia, periferica, dimenticata e avvolta da rigorose censure: le statistiche delle auto incendiate e degli scontri con i poliziotti ogni fine settimana infatti finiscono nei casellari delle «violenze ordinarie», e così non fanno numero, non disturbano le certezze della integrazione e della fraternité. Ma ora c’è un modello, c’è la sensazione che in tempi di crisi il Potere anche in Francia e non solo nelle «colonie» sia più debole. La febbre che nelle citès non si è mai placata si alza. E’ presto per dire che lo scenario di una nuova guerra delle banlieues sia pronto, ma i denti dell’ingranaggio inesorabilmente si incastrano l’uno nell’altro e a un certo punto diventerà difficile fermarli: marceranno da soli.
Gli attacchi ai poliziotti sono diventati quotidiani, il livello della violenza cresce, spuntano ormai le armi da fuoco, le bande di giovani (tra i 19 e i 25 anni, ma ci sono anche adolescenti) si fanno più audaci. Irrompono nelle scuole, non esitano a dare la caccia agli avversari nelle aule, con spranghe bastoni coltelli, a colpire gli insegnanti simboli, anche loro, di un’Autorità detestata,
E’ stupefacente come le periferie restino solo un problema, forse giudicato insolubile, di ordine pubblico, da tenere a bada, popolo sconosciuto o peggio, che non interessa. Un altro mondo che si allontana sempre più in abitudini riti rancori diversi. Persino l’estrema sinistra non lo considera interessante come massa «rivoluzionaria». Accudisce solo le nuove plebi operaie (e francesi) della crisi.
Ai «Mureux» nelle Yvelines la miccia è stata la morte, l’8 marzo scorso, di un ragazzo durante un inseguimento della polizia, ucciso in «situazione di legittima difesa» afferma l’inchiesta. Come non ricordare che fu la morte di due ragazzi in condizioni analoghe a scatenare la guerriglia di tre anni fa?
Gli incidenti con la polizia durano da una settimana. Sabato sera una telefonata segnala ai pompieri un’auto in fiamme. Poi qualcuno interrompe l’elettricità nel quartiere dei «musiciens». Gruppi di giovani attaccano a colpi di pietre i vigili del fuoco e la polizia accorsa a proteggerli. «Un’imboscata ben architettata», dicono gli agenti. Partono i lacrimogeni, è la bagarre, i riti della guerriglia nelle vie e tra i cubi di cemento. Fino a quando un giovane fa fuoco contro gli agenti con un fucile a pompa caricato a pallini. Terribile novità. 24 poliziotti feriti, altri protetti per fortuna dalle spesse corazze antisommossa. Tutto era pronto per la guerriglia: anche decine di molotov, trovate vicino. Un solo arresto, un minorenne.
Passano poche ore e a Montgeron nell’Essone, altra periferia calda, il commissariato è assaltato a colpi di fucile da caccia, hanno contato 250 pallini nel portone sforacchiato. E poi Parigi, quella dei ministeri e dei turisti: vetture incendiate nel 3° arrondissement, vicino a boulevard Beaumarchais, al di qua di quella frontiera non segnata ma implacabile del periferique.
Se il ministero degli Interni saluta il sangue freddo mostrato dai poliziotti, i sindacati degli agenti gridano alto e forte il collegamento con «gli avvenimenti di Oltremare»: «La situazione diventa più tesa di giorno in giorno, la violenza è organizzata e ormai armata. Non si esita più a sparare sui poliziotti. Se no si puniranno più gravemente gli aggressori allora sarà la catastrofe e non se ne uscirà più».
20 notti di fuoco nel 2005
La morte dentro un trasformatore di due ragazzi inseguiti dalla polizia scatena violenze senza precedenti nei dintorni di Parigi e poi in tutto il Paese. Sarkozy, ministro dell’Interno, proclama la «tolleranza zero».Studenti in piazza nel 2006
Pochi mesi dopo, nel marzo 2006, esplode la protesta degli studenti contro il Cpe, il contratto del primo impiego che ammette licenzziamenti per i giovani. 700 mila persone in corteo solo a Parigi, con auto bruciate e feriti (foto).La rabbia degli arabi, 2007
Due giovani arabi si schiantano in moto contro un’auto della polizia. Una folla cerca di vendicarli nonostante la polizia insista che la moto fosse rubata e di aver prestato i soccorsi necessari: 130 gli agenti feriti.