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 2009  marzo 14 Sabato calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 16 MARZO 2009

Tra il 2006 e il 2008, dicono le statistiche vaticane, il numero di pellegrini arrivati a Roma per vedere il papa durante le udienze e gli Angelus è diminuito di un milione di persone. Franco Garelli: «L’ultima indagine nazionale sulla religiosità in Italia ci dice che - pur in una nazione ancora in larga parte cattolica - il termometro della fiducia nei confronti di Benedetto XVI tocca quota 50, mentre quella verso papa Wojtyla è stabile (nel ricordo) a 80 punti». [1] L’espresso: «Sarà la società digitale, sarà la sua istintiva freddezza, fatto sta che Benedetto XVI sta conquistando un vero palmares nel crollo dei consensi: ”Avrebbe potuto essere l’Obama della cattolicità, invece si sta dimostrando il suo Bush”, ha sintetizzato ruvidamente la ”Suddeutsche Zeitung”». [2]

Dopo che alcune indiscrezioni avevano fatto trapelare parte del contenuto («fughe di notizie, che si fatica a non definire miserande» ha scritto Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano particolarmente polemico con la Curia romana), la settimana scorsa è stata resa nota una lettera di Benedetto XVI a tutti i vescovi del mondo per chiarire la remissione della scomunica a quattro vescovi lefebvriani della Fraternità San Pio X (il manipolo di tradizionalisti che nel 1988 crearono una comunità scismatica). Gianni Santamaria: «Quattro fitte pagine per spiegare e spiegarsi come ”un gesto di misericordia” sia potuto apparire ”all’improvviso come una cosa totalmente diversa”, addirittura un ritorno all’indietro nel dialogo con gli ebrei. E causare ”una discussione di una tale veemenza quale da molto tempo non si era più sperimentata”». [3]

Poco tempo prima che la ”grazia” pontificia fosse comunicata ufficialmente (nello scorso mese di gennaio), uno dei quattro vescovi lefebvriani, monsignor Richard Williamson, aveva rilasciato un’intervista alla televisione svedese in cui faceva affermazioni antisemite e negazioniste. Andrea Milani «’Le camere a gas non sono mai esistite”, ha detto il prelato. Aggiungendo che per mano dei nazisti non sarebbero morti 6 milioni di ebrei, ma ”al massimo 300 mila”. Nonostante lo scandalo mondiale provocato da queste parole, il papa non ha fatto marcia indietro e ha riammesso nella Chiesa il gruppetto lefebvriano. Apriti cielo». [4]

Contro Benedetto XVI sono state scagliate accuse enormi. Da qui la decisione di scrivere la lettera. Carlo Marroni: «Una lettera che non ha precedenti nella storia del papato, anche perché non ha precedenti una crisi così grave». [5] Nicola Fiorita: «Una inusuale manifestazione di fallibilità papale». [6] Renato Farina: «Con una sincerità tale da sfiorare il candore, il Papa ha denunciato pubblicamente una rivolta dentro la Chiesa contro di lui». [7] L’obiettivo del documento, ha spiegato il papa, è di «contribuire alla pace nella chiesa». [8]

Di chi è la colpa del turbamento della pace della chiesa? Mancuso: «Il papa l’attribuisce a tre soggetti, a tre gruppi di ”cattivi”: 1) i lefebvriani; 2) i funzionari vaticani che non l’hanno informato del negazionismo di monsignor Williamson; 3) quei cattolici che hanno protestato ”con un’ostilità pronta all’attacco”. Il primo gruppo di ”cattivi” in verità rimane sullo sfondo: si sapeva già che lo erano, e anzi il senso dell’iniziativa papale nel togliere la scomunica era precisamente quello di contribuire al loro ritorno nella grande chiesa facendo loro accettare finalmente il Vaticano II». Quanto al secondo gruppo, il papa ha ammesso che bastava consultare internet per chiarirsi le idee aggiungendo «che in futuro nella Santa sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di notizie». [8]

Il terzo gruppo di ”cattivi” sarebbe la vera causa della lettera. Mancuso: «Il papa sa bene, e lo scrive con la consueta chiarezza che contraddistingue da sempre la teologia di Joseph Ratzinger, che la protesta ”rivelava ferite risalenti al di là del momento”. La valanga di proteste di proporzioni mondiali che ha portato Benedetto XVI a una ”evidente sofferenza” (per citare padre Lombardi, direttore della sala stampa vaticana) è sì partita a seguito del caso Williamson, ma la neve che la costituiva si era accumulata da molto tempo prima». Prendendo in prestito il monito di San Paolo ai Galati, Benedetto XVI ha spiegato nella lettera che la Chiesa è oggi un luogo dove ci si morde e divora a vicenda. [8]

Critiche e attacchi non sono mai mancati ai Papi. Andrea Tornielli: «Oggi però queste critiche e questi attacchi non provengono soltanto dai tradizionali pulpiti del dissenso, da teologi come Hans Küng o come Vito Mancuso, ma anche da alcuni esponenti dell’episcopato tradizionalmente più vicini a Benedetto XVI». In Austria, ad esempio, il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn ha criticato la nomina (poi annullata) a vescovo ausiliare di Linz di Gerhard Maria Wagner, noto per alcune dichiarazioni sul ciclone Katrina che nel 2005 distrusse New Orleans (da lui definito un castigo di Dio), sui romanzi di Harry Potter (da lui bollati come pericolosi e diabolici), sull’omosessualità. [9]

Il settimanale conservatore inglese ”The Sunday Times” ha parlato di «un Pontefice che sta guidando la Chiesa e i suoi 1,2 miliardi di fedeli come un monarca, separato dal mondo che sta fuori dalla finestre del suo palazzo, aiutato solo da consiglieri leali ma inetti». Giacomo Galeazzi: «Il ”Financial Times” ha preso di mira Benedetto XVI definendolo ”un rottweiler di Dio maltrattato” e descrivendolo come ”un Papa timido e isolato, sepolto dalle sue letture e scritture, vulnerabile alle manipolazioni”. Un Papa che ”potenzialmente può essere intimorito” e che ”per sua stessa ammissione, non presta mai attenzione alle critiche”». [10]

Quelli che ce l’hanno con Benedetto XVI parlano di un ”Ratzinger format”. Milani: «Segue quasi sempre un copione prevedibile: la boutade azzardata del santo padre, le critiche degli esperti, l’indignazione dell’opinione pubblica, lo spiazzamento della grande massa dei cattolici, la marcia indietro vaticana, l’apparente ricerca di un capro espiatorio e, come risultato finale, l’impennata nel disagio e nella disaffezione dei fedeli». Angelo Bertani, ex vicedirettore di Famiglia Cristiana: «Non riesco a capire, sinceramente, se coloro che portano nella Chiesa le maggiori responsabilità abbiano una percezione realistica della delusione, e dei severi giudizi che sono ormai molto diffusi tra i credenti, soprattutto fra quelli che un tempo si sarebbero chiamati ”impegnati”». [4]

Le ultime tensioni vengono dal Brasile, dove il portavoce della conferenza episcopale ha sconfessato il vescovo di Recife, mons. Sobrinho, reo di aver scomunicato la madre di una bimba stuprata che «sotto pressione» e con l’intento di salvarle la vita l’aveva fatta abortire. Marco Politi: «Contemporaneamente dalla Francia si sono levate pubblicamente voci di vescovi contro il vescovo scomunicatore di Recife e anche contro il cardinale Re, prefetto della Congregazione vaticana per i Vescovi, che lo aveva sostenuto». Mons. Daucourt, vescovo di Nanterre, ha scritto a Sobrinho e Re: «In questa tragedia avete aggiunto del dolore al dolore, avete provocato della sofferenza e dello scandalo presso molte persone in tutto il mondo». [11]

La Chiesa di Benedetto XVI, si dice, ha un problema di gestione, di ”governance debole”. Fiorita: «Capita di assistere in questi giorni al moltiplicarsi di dichiarazioni personali di importanti personaggi della Chiesa, come il cardinal Barragàn che chiama assassino Beppino Englaro o come il vescovo Marchetto che si scaglia contro le ronde, da cui poi la Santa Sede si affretta a prendere le distanze. Sono episodi non normali in ambito curiale, protagonismi tipici della politica italiana ma assolutamente eccezionali per un corpo coeso, prudente e indecifrabile quale è sempre stata la gerarchia ecclesiastica, che testimoniano lo sfaldamento della cabina di regia, la distanza tra il vertice e i suoi più vicini collaboratori». [6]

Questo pontificato ha per la prima volta da un secolo e mezzo un Papa e un segretario di Stato (il ”primo ministro” che guida il Governo della Santa Sede) che non provengono dalla carriera diplomatica: Ratzinger è un teologo, il cardinale Tarcisio Bertone un canonista con un metodo decisionale che differisce dalle consuetudini dei predecessori. Sullo sfondo, al di là delle appartenenze ai filoni canonista e diplomatico, resta la storica dicotomia tra progressisti e conservatori. Marroni: «I progressisti innalzano sempre il vessillo del cardinale Carlo Maria Martini - eredità oggi raccolta da Dionigi Tettamanzi - mentre quelli che vengono indicati come esponenti della ”linea dura” sono qua e là identificati in gruppi sparsi tra Curia (da poco è stato nominato al Culto divino lo spagnolo Antonio Canizares, detto anche il ”piccolo Ratzinger”) ed episcopato, come il bolognese Carlo Caffarra o il torinese Severino Poletto». [12]

Dal Concilio Vaticano II (1962-1965), all’interno della Chiesa si sono formati dei partiti. Ernesto Galli Della Loggia: «Intendiamoci, nella Curia ci sono sempre stati dei ”partiti”: ma nella Curia, appunto, ai vertici dell’organizzazione e con tutta la felpata cautela del caso, non tra i fedeli, non nell’universo cattolico in generale. Con il Vaticano II, e intorno ad esso, intorno ai suoi dettami e al suo ”spirito”, invece, questo universo cattolico si è diviso in due grandi tronconi: i cauti e i radicali. I quali da quarant’anni si combattono apertamente e incessantemente, ognuno avendo i propri capi e rappresentanti più o meno autentici e più o meno interessati dentro la Curia. I cui ”partiti” in questo modo, però, potendo contare su un effettivo retroterra diciamo così di ”seguaci”, sono diventati ben più battaglieri, e quindi ben più riottosi e insidiosi, che nel passato». [13]

Non è un mistero per nessuno che il cardinale Re, prefetto della Congregazione dei vescovi, sia deluso dalla mancata promozione a segretario di Stato, e non veda bene il cardinal Bertone. Farina: «Preferirebbe, e come lui tanti, che da bravo salesiano pratichi il calcio all’oratorio». [7] Più che il Pontefice, sembra essere Bertone il bersaglio delle critiche. Marco Tosatti: «A dicembre compie 75 anni, e di conseguenza deve affidare al Papa la sua disponibilità a lasciare l’incarico. Ci sono voci, molto solide, secondo le quali proprio negli episcopati di Germania, Austria, Svizzera e Ungheria si stiano raccogliendo consensi per un messaggio da far pervenire a Benedetto XVI, chiedendogli di accettare, a dicembre, la rinuncia del suo primo collaboratore. Ovviamente non propongono nessuno, ma un candidato sarebbe preferito: l’arcivescovo di Vilnius, Audrys Backis, diplomatico di carriera». [14]