Paolo Di Stefano, Corriere della Sera, 14/3/2009, 14 marzo 2009
Troppo facile. Sarebbe troppo facile, adesso che il boss del Grinzane è finito in carcere, tirar fuori che sì, è vero, in fondo lo si era capito che Giuliano Soria era uno sbruffone, un megalomane, un arrogante e magari, anzi certamente, un maneggione, oltre che un ispanista solo sedicente
Troppo facile. Sarebbe troppo facile, adesso che il boss del Grinzane è finito in carcere, tirar fuori che sì, è vero, in fondo lo si era capito che Giuliano Soria era uno sbruffone, un megalomane, un arrogante e magari, anzi certamente, un maneggione, oltre che un ispanista solo sedicente. Speriamo che Carlo Fruttero, con il suo raffinato umorismo, e Ernesto Ferrero (che come direttore della Fiera del Libro ha ricordato i suoi burrascosi trascorsi con Soria) non diano il cattivo esempio. Perché sarebbe troppo facile tirar fuori, ora, che il Grinzane era «un ciclone premiatutto» che distribuiva riconoscimenti a destra e a manca. E che lo si sapeva da sempre. Anche perché dal «ciclone» si era lasciata beatamente travolgere l’intera società letteraria italiana, sempre ironizzando (tra sé e tutt’al più con il vicino di piatto) sul gigantismo pazzesco di quel caravanserraglio, ma sempre precipitandosi all’occorrenza in veste di premiati, di segnalati, di giurati, di moderatori e di moderati, di conferenzieri, di soci promotori e di membri d’onore, di attavolati rotondi e quadrati e soprattutto di debitamente attovagliati nei migliori ristoranti non solo di Costigliole d’Asti e dintorni ma di mezzo mondo, ospiti alla grande e indefessi di viaggi transalpini, transmediterranei e transoceanici, da Hannover a Tokyo, da Parigi a Montevideo, da Lecce a Praga, da Mosca all’Avana e ritorno. Stesso discorso per gli accompagnatori in volo perenne dall’anno di grazia ’82 che vide nascere il Premio diventato, come ha scritto solennemente Soria in occasione del venticinquesimo, «sempre meno un premio, sempre più un movimento culturale». Movimento, è vero, ma nel senso fisico: l’Italia letteraria in marcia, meglio in volo, appunto, per quattro continenti, spesso con tanto di prime seconde e terze mogli, amanti, figli e nipoti al seguito, tutto pagato. Fino al 2005, togliendo le cerimonie di premiazione, per un totale di: 82 convegni in Italia e 46 all’estero, 25 festival, 220 spettacoli (come da sito internet). E per ogni appuntamento almeno un pranzo e una cena di cinque sei portate al colpo, con tartufo in abbondanza e Barolo a gogò, ovvio. Il tutto approntato dalla metà di mille enogastronomi coinvolti per Grandi Eventi e Concorsi che hanno chiamato a raccolta ogni anno, ogni mese, ogni settimana, quasi ogni giorno a turno tutto il bel mondo italiano dell’intelligenza letteraria, e poi via via, a macchia d’olio (olio extra-extravergine, va da sé), l’intelligenza teatrale, cinematografica, musicale e artistica in senso latissimo. E che il movimento culturale spesso e (mal?)volentieri rischiasse di tradursi in ben altro dovevano saperlo anche gli eserciti di autori pronti ad aderire incondizionatamente ai vari appuntamenti à côté dai titoli inequivocabili: «Dulcis in pagina», «Cene letterarie», «Scrivi il paesaggio dell’olio», «Scrivi il paesaggio del vino», «Scrittori in vendemmia», «Scrivere il cibo», «Il Barolo Letterario», «Scrivere il cinema scrivere il cibo», «Il Ristorante Letterario». Movimento intestinale, semmai. E sarebbe sgradevole che ora i grandi scrittori e critici e artisti, pronti per oltre un ventennio a raccogliere gli onori generosamente distribuiti loro da Soria, si ricordassero solo degli oneri intestinali che hanno dovuto (si fa per dire) patire. Insomma, che le grandiose tartufate d’un tempo si trasformassero nel tartufismo di oggi e forse di sempre.