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 2009  marzo 13 Venerdì calendario

LA MIA VITA PER UN SOFTWARE


Il loro idolo, simpsonianamente parlando, non è Bart lo scavezzacollo tutto skateboard e irriverenza, ma Lisa, la secchiona dalla lingua forbita che disseziona le rane nell’aula di scienze. Ai romanzi (eccezion fatta per «Il Signore degli anelli», Isaac Asimov e le saghe fantasy) preferiscono videogiochi e fumetti, alle serate con i compagni di scuola una bella nottata a parlare di software via Skype o Facebook con qualcuno che sta dall’altra parte dell’Oceano. Sono i geek, i patiti delle nuove tecnologie. Gente che considera l’iPhone una protuberanza del proprio corpo e che aspetta con ansia l’uscita dell’ultima versione di Firefox. Ma non solo. Nel loro pantheon, accanto all’amato-odiato Bill Gates di Microsoft e al guru della Apple Steve Jobs, c’è posto anche per la fantasia: da E.T. a McGyver, da Luke Skywalker di Guerre Stellari ai protagonisti di Blade Runner e de La storia infinita. Mezzi informatici, mezzi fantaromantici.
«Sono ragazzi che indossano la cuffia tutto il giorno (anche quando non aprono mai la chat), usano lo slot del Pc come portabevande e arrivano anche ad azionare lo sciacquone per il bagno con un widget, schiacciando un tasto del loro portatile» racconta Alex Zarfati, webeditor di Isayblog, un network online del quale fa parte anche Geekissimo, il punto di riferimento italiano di questi sacerdoti dell’informatica. Hanno fra i 14 e i 30 anni e il loro numero è in costante crescita, anche nel nostro Paese. Negli Stati Uniti, fino a qualche anno fa, li chiamavano «nerd»: sfigati. Poi, quando due di loro hanno fondato Google, anche i più scettici si sono dovuti ricredere. «Il nostro sito è nato nel 2006 e conta su una forza di 35/40 mila visite al giorno per un totale di oltre un milione di contatti al mese - continua Zarfati -. Alcuni di loro cercano di proporci recensioni di oggetti incredibili: come il campionatore di voce dei genitori (che sfrutta la registrazione vocale tramite un questionario ”innocente” da sottoporre agli ignari parenti) per imitarli al telefono e saltare la scuola. Ma sono anche quei ragazzi che aprono nuove frontiere».
Il termine geek, che in italiano viene spesso tradotto con «smanettoni», ha un’accezione positiva. sinonimo di passione e dedizione. La sua origine, però, non è delle più nobili. Deriverebbe infatti dallo scozzese «geck», sciocco, o dal tedesco antico che utilizzava la stessa parola per indicare i fenomeni da baraccone che inghiottivano insetti e animali vivi nelle fiere di paese. Un po’ come i geek contemporanei, che hanno a che fare tutto il giorno con i «bugs», i bachi dei sistemi informatici. Anche il linguaggio che parlano fra di loro è roba da iniziati. Qualche esempio? RUOK (Tutto bene?), CUL8R (Ci vediamo dopo), Y (Perché?). C’è anche un codice, il «geek code», una sorta di novello esperanto utilizzato per esprimersi in forma sintetica con gli altri geek del pianeta. « facile cadere negli stereotipi e descriverci tutti come una banda di adolescenti brufolosi che, invece che andare ai concerti con una t-shirt dei Nirvana, se ne stanno chiusi in camera con la maglietta stinta di una software house - racconta Luca G., 16 anni, che frequenta un liceo scientifico di Milano -. In realtà quella dei geek è una vera e propria controcultura giovanile. Un tempo c’erano gli hippy, i punk e i rapper. Oggi ci siamo noi: al posto della musica ci esprimiamo con i software. Ma per il resto siamo simili ai nostri coetanei». il ”68 silenzioso dei ragazzini cresciuti nell’era del web 2.0, della condivisione dei contenuti e dell’informazione che viene dal basso.
«Sul nostro sito le recensioni dei software sono affidate agli utenti, retribuiti per la loro consulenza - spiega Alex Zarfati di Geekissimo -. Gli autodidatti spesso ne sanno più dei professoroni». Per incontrarli basta collegarsi a internet. Il web è pieno di siti, blog e forum dedicati a questo universo parallelo. Innergeek.us propone anche un test per valutare il proprio grado di «technology addiction», la dipendenza dalle tecnologie.