Giorgio Ieranò, Panorama, 19 marzo 2009, 19 marzo 2009
GIORGIO IERANO’ PER PANORAMA 19 MARZO 2009
Quelli del 5 in condotta. Che cosa leggono, o non leggono, che tipo di linguaggio usano, che cosa pensano i 34 mila studenti il cui comportamento ricorda il celebre personaggio negativo del libro «Cuore» di Edmondo De Amicis. «Panorama» lo ha chiesto agli insegnanti scrittori.
Sono quelli del 5 in condotta: 34.311 ragazzi. Tanti sono gli studenti che agli ultimi scrutini si sono conquistati l’insufficienza per il comportamento, secondo le norme introdotte dal ministro Mariastella Gelmini. Messi tutti insieme, fanno la popolazione di una media città di provincia, come Belluno. Una città dei Franti del Ventunesimo secolo. Ma oggi non sono più i tempi del libro Cuore, dove appunto Franti «l’infame» svettava con le sue malefatte. E dunque chi sono veramente i Franti di oggi? Cosa pensano (quando pensano), cosa leggono (se leggono), quali sono i loro orizzonti culturali (se mai li hanno)?
Panorama ne ha parlato con alcuni scrittori che sono, o sono stati, insegnanti nelle scuole secondarie. Come Paola Mastrocola, scrittrice pluripremiata e docente al liceo di Chieri (Torino): «Questi giovani rivendicano il loro disimpegno, ostentano candidamente il loro essere nullafacenti. Non è questione di contestazione o di disagio: la scuola è solo un intoppo, un fastidio a cui dedicare il minor tempo possibile. Nessuno di noi è mai stato davvero felice di andare a scuola, ma una volta era un luogo in cui si poteva cercare qualche gratificazione. Ora si è imposto il principio che il piacere deve essere immediato e non costare fatica. come se anni fa tutta la società avesse detto che non le importa nulla di cosa i giovani fanno e di come lo fanno, per cui questi ragazzi si sentono autorizzati a lasciarsi vivere. Sono così amareggiata che non so se continuerò a insegnare».
In una società che premia l’effimero o la cattiva condotta, dove personaggi come Fabrizio Corona o l’ex tronista Costantino Vitagliano guadagnano in una sera lo stipendio annuo di un professore, è difficile per un insegnante far valere la disciplina. E sì che Mastrocola è una privilegiata, insegnando in un liceo dell’Italia del Nord. Quasi la metà dei ragazzi che hanno preso 5 in condotta (15.683), infatti, abita al Sud e la stragrande maggioranza si concentra negli istituti tecnici e professionali; nei classici e scientifici le insufficienze in condotta sono solo 3 mila.
«La scuola continua a essere classista» afferma Margherita Oggero, il cui personaggio letterario, la professoressa Camilla Baudino, è diventato protagonista di un serial tv. Eppure, c’è anche un bullismo d’élite. Quelli famosi per avere allagato la scuola non erano figli di papà del Liceo Parini di Milano? «Ma almeno» dice Oggero «al Parini gli allagatori non hanno trovato solidarietà né tra i compagni né tra i genitori. Poi, certo, tutti questi ragazzi si somigliano. Non leggono nulla, nemmeno i libri giovanilistici alla Federico Moccia».
Una volta gli idoli dei ribelli erano Arthur Rimbaud, James Dean o Che Guevara. «Ora sono calciatori e veline» sospira Oggero. «Anche il cinema ormai, per loro, non ha più nulla da dire. Semmai, gli unici maître à penser sono i cantanti».
Altra caratteristica dei Franti di oggi è la sensazione di vivere in un eterno presente. Manca il senso della storia. «Un tempo nonni e padri almeno narravano com’era la vita del paese o del quartiere» prosegue Oggero. «Ora i loro figli non hanno nemmeno l’idea di un tempo in cui non esisteva la televisione. Gli effetti si vedono poi nei test di ingresso all’università».
Chi scrive, in effetti, avendo la ventura di insegnare in un’università, può testimoniare che, nel suo corso, su 100 studenti, a malapena 10 sanno chi ha vinto la Seconda guerra mondiale. Il che rende certe discussioni sulla «memoria condivisa» terribilmente futili. Qui manca proprio la memoria.
«Una collega mi ha detto: per fortuna c’è il 5 in condotta, a molti dei miei studenti ha alzato la media»: ride (amaramente) Giulia Alberico, che ha appena raccontato la sua esperienza di insegnante in Cuanta pasion (Mondadori). La sua memoria è una galleria di Franti: il figlio dell’antiquario della Roma bene che sfasciava il mobilio della scuola; il teppista che passava la giornata a disegnare svastiche sulla lavagna (ora fa il giornalista)... «In generale tra questi giovani i muscoli prevalgono sulla parola. Non sanno neppure spiegare il loro bullismo. Quando verbalizzano, parlano come in un talk-show del pomeriggio. Esprimono emozioni di plastica con un linguaggio stereotipato. Sembrano sempre pronti a esporsi a una telecamera».
Sembra quasi più ottimista Eraldo Affinati, che pure oggi insegna per lo più a ragazzi orfani ed extracomunitari (su questa sua esperienza si basa il libro La città dei ragazzi). «Non credo esista una generazione peggiore di un’altra. Se quella di oggi sembra inafferrabile, è perché c’è stata una mutazione antropologica. Una volta l’abitudine a leggere un libro dall’inizio alla fine produceva una mentalità diversa. Oggi il meccanismo conoscitivo è più frammentario ma, magari, davanti allo schermo di un computer questi ragazzi mostrano una creatività inaspettata. Oppure mi è capitato che proprio il peggiore teppista, portato a fare volontariato alla Caritas, si mostri a sorpresa il più sensibile ai problemi altrui. Bisogna guardare agli individui, diffidare dei sociologismi».
Ma i bulli di una città come Roma sono diversi, per esempio, da quelli di provincia? «Non credo. Ormai, anche in questo, si è realizzata l’omologazione dei comportamenti che Pier Paolo Pasolini aveva profetizzato».