Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  marzo 13 Venerdì calendario

A CENA CON HILARY DIMENTICANDO PUTIN


Eravamo a cena insieme, Hillary e io l´altra sera, anche se lei non lo sapeva e si è accorta di me soltanto quando l´ho sgomitata un po´, per farmi la foto come i turisti tra i centurioni al Colosseo. «Ma che fa, mister, spinge?», mi rimproverano gli occhiotti rotondi.
«Sorry, Madam Secretary, ma noi ci conosciamo dal 1990, quando svolazzavo con suo marito e lei tra paesi americani senza nome, per la campagna elettorale, mentre i Fletwood Mac ci rompevano i timpani con l´inno della vostra corsa, Don´t Stop Thinking About Tomorrow». Potenza della musica e della nostalgia. Flash, sorriso e foto.
Indossava un bel tailleur, naturalmente pantalone, nero, con frappette nere davanti tinta su tinta che non saprei descrivere meglio, e una bellissima spilla a tulipano di madreperla con tre pistilli di perle, molto femminile come simbolo, quei pistilli. E pretesto per me per attaccare bottone, perchè puoi anche essere una persona che ha perso la Casa Bianca al 95esimo minuto contro un avversario a sopresa, che oggi guida la politica estera della massima potenza mondiale, ma la spilla funziona sempre.
«Tiffany? Cartier? Bulgari? Van Cleef, Madame Secretary?» «No, niente di così costoso - civetta lei perchè dei giornalisti e dei casini che ti possono combinare su quanto vale una spilla meglio non fidarsi mai - è un gioielliere di qui, poco noto». Ma i suoi occhi rotondi, su un volto molto più giovane e piacevole di quanto appaia in tv, sopra un corpo al quale le telecamere che ingrassano tutti non fa giustizia, brillano. Avrei dovuto chiederle segreti sulla pace in Medio Oriente e i rapporti con Putin, ma sotto lo sguardo benevolmente nervoso del nostro gentile padrone di casa, l´ambasciatore Gianni Castellaneta e della moglie Lylla avvolta in perfetto ed elegantissimo contrasto bianco, non pareva il caso. Questa, nell´ambasciata d´Italia a Washington, era un «festa di vicinato», perchè Hillary abita a 100 metri dalla nostra legazione, e la politica non era stata invitata. .
E poi era fin troppo facile corteggiare e sedurre - per foto di gruppo e a coppietta - la ex First Lady oggi First Diplomat in un salone nel quale aveva la concorrenza di un´altra donna che volava tra noi e risucchiava l´aria come il motore di un Boeing 747, Catherine Zeta Jones, che probabilmente non diventerà mai segretario di Stato o presidente, ma certamente ha preso quella sera i voti di tutti i maschi, anche i più antichi, presenti. (Sì, mi sono fatto la foto anche la con la signora Catherine in Douglas e pure il marito, che lei convoca per le foto, «vieni anche tu Mike» per non incrinare l´ego doppiamente fragile degli attori e degli uomini di mezza età).
Ho sentito qualcuno tentare di rompere quello che notoriamente Hillary ha, chiedendole come va il mondo e lei indossare subito quella maschera di guerra dura, che nasconde la sua risatina da ragazzina, e la gran voglia di parlare di spille e di quelle scarpe a punta che dovevano tormentarle i piedi non proprio da Cenerentola. Ma di risposte come «stiamo lavorando», «speriamo di fare progressi», «dobbiamo continuare a provarci» che sentivo aleggiare, sono pieni i comunicati stampa e le interviste ai tg del mondo. Qui, in territorio italiano, davanti a tortelli di zucca più che discreti, eravamo, lei, io, e gli altri 120 invitati, in una qualsiasi piazza italiana, come ha detto Castellaneta, qui per ascoltare, purtroppo, cantare «Non ti scordar di me», e a scherzare, come fra stagionati studenti in gita scolastica per un paio d´ore.
Un giorno forse ci ritroveremo e parleremo di Putin e non di spille, comperate da un gioielliere di Washington che serve le signore democratiche, nel senso del partito, da anni ed è segreto aperto. Ma mercoledì sera, no. Hillary era soltanto una vicina di casa, senza il marito invadente, che nella sera se ne è andata via a piedi, nonostante le scarpe tormentose, verso la sua villotta in fondo alla stradina, la Whitehaven Street, dove vive sola, Bill preferisce New York. Se non ci fossero stati alle loro spalle due nerboruti del Servizio Segreto, e un corteo funebre di Suv con i vetri oscurati pieni di armigeri in assetto di guerra, infermieri, radioteleantennisti, la signora Hillary Clinton sarebbe stata una donna qualunque, stanca dopo una cena e le gomitate di turisti maleducati che volevano farsi fare la foto con lei. Le ho anche detto «buonanotte, Madam Secretary», nel buio, e mi ha risposto. Non credo mi serbi rancore, almeno non fino a quando le dovesse capitare in mano la foto.