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 2009  marzo 12 Giovedì calendario

CACCIA ALLE PANTERE ROSA


Voilà la mondializzazione criminale. E funziona benissimo, è sfrenata e palpitante. Tanto è vero che da ieri i rappresentanti di polizie di 16 nazioni si sono ritrovati a Montecarlo per rispondere a una domanda urgentissima: come tagliare i garretti alla «banda delle pantere rosa», balcanici che attaccano le gioiellerie di tutto il pianeta, fenomeno banditesco «che non ha precedenti» come dicono, con riverenza, gli esperti dell’Interpol. Perché quando individuano una gioielleria ben fornita si precipitano per rifocillarsi di diamanti e collier; stakanovisti dell’hold up.
Maggio 2003, Londra: la prima volta. Come prevedere che ne sarebbero seguite almeno altre sessanta? Di questo romanzo criminale hanno avvistato le impronte infatti in venti Paesi. Ma sono incomplete cifre ufficiali. A Montecarlo raggruzzolando «Furtum» e «Mare nostrum», due possenti archivi di ricerca, i signori dell’Interpol dovranno anche chiarire i casi sospetti. Allora: quartiere chic di Mayfair, un serbo di nome Nejbosa Denic, elegantissimo, entra tra i lussi del celebre «Graff».
Le commesse se lo mangiano con gli occhi, il balcanico, immaginando conti bancari all’altezza dello stile. Fino a quando si sono trovate di fronte a una 357 magnum. Dopo tre minuti il distinto cliente se ne andò con un partita di preziosi tra cui tre rari diamanti gialli, valore complessivo 13 milioni di euro. Un anello con brillante blu lo ritrovarono alcune settimane dopo a casa di un complice. Chissà se l’agente di Scotland Yard a cui venne in mente una scena analoga in uno dei film dello scombinato poliziotto Peters Seller pensa ancora di essere stato spiritoso appiccicando alla banda il nome di Pantere Rosa.
Allora facciamo un po’ di conti: questo sciame di sciacalli mai sazi sarebbe formato da 200 maschi e femmine, tutti rigorosamente serbi montenegrini e kosovari, addestrati alle arti e alle scienze della morte dalle guerre balcaniche, capaci di maneggiare Kalashnikov e la pistola CZ come fossero una penna. Pronti a uccidere e a morire, ma anche poliglotti, quattro o cinque lingue ciascuno, dediti al «mestiere» con rigore fanatico, non gozzovigliano nei tabarin, non si struggono per vistose Ferrari. Dei templari della rapina, insomma.
Hanno rapinato dalla Francia al Giappone, dagli Emirati all’Austria, agli Stati Uniti, al Belgio. Colpi riusciti in tutto il mondo. Tanto che il bottino supera ormai i cento milioni di euro: in sei anni di attività. E poi dicono che il delitto non paga!
Quando individuano un bersaglio le pantere spediscono prima una squadra di osservazione, in genere un uomo e una donna eleganti e dotati di mezzi, che per alcune settimane osservano. Gli «esploratori» visitano la gioielleria, controllano i sistemi di allarme, le abitudini del personale, scelgono gli itinerari di fuga e cronometrano i tempi di intervento della polizia. Poi arriva il commando. A Tokyo nel 2004, per attaccare una gioielleria del quartiere più elegante della capitale, Ginza, scelsero di spostarsi in bicicletta coi volti coperti da maschere antismog. Bottino 25 milioni di dollari.
Un anno dopo ciabattarono in t-short e bermuda a fiori tra i turisti per svaligiare «Julian» a Saint-Tropez. Per scappare quattro di loro saltarono su un fuoribordo ancorato nel porticciolo dei vip. Nel luglio del 2007 sono tornati a Londra, adorano, i ghiottoni, il quartiere di Mayfair. Come smentirli? Ma erano sdraiati sui morbidi sedili di una Bentley ultimo modello e con il viso nascosto da immensi panama. Vennero, videro e se la diedero a gambe. Bottino dieci milioni di sterline, tre minuti la durata del colpo
Perché sono svelte le Pantere, molto svelte. Nell’aprile del 2007 quello che i poliziotti considerano il capolavoro, la grassazione più temeraria: assalto alla gioielleria del lussuoso Wafi Mall di Dubai, vetrine sfondate con due limousine-ariete, pantere mascherate e in severe tuniche nere. Nella baraonda sparirono undici milioni di dollari di preziosi. Durata del colpo: novanta secondi. Un record.
Ultimo colpo ufficiale il 4 settembre scorso: gioielleria dell’Hotel Pagoda alle Canarie, uno dei posti più sorvegliati del mondo, bottino «solo» 600 mila euro. La polizia, bisogna dirlo, ha vinto qualche round. Dusko Poznam ad esempio, ricercato con un dossier alto così, autore di una dozzina di colpi in Svizzera, a Monaco e a Dubai, è stato arrestato a causa di un banale incidente d’auto. Altri due serbi, faccia da angeli protervi trasformati nelle ottuse topografie facciali dei cartellini segnaletici, con nel carniere assalti a mano armata a Courchevel, Cannes Saint-Tropez e Biarritz sono appena comparsi avvolti in garze giudiziarie in tribunale a Chamonix. Mancava però al loro fianco Dragan Mikic, un colosso di 33 anni brulicante di articoli del codice penale. Era nella prigione di massima sorveglianza di Villefranche-sur-Saône. E’ stato liberato da un commando che ha assaltato la prigione con i Kalashnikov.