Vittorio Feltri, Libero 06/03/2009, 6 marzo 2009
VITTORIO FELTRI PER LIBERO
Manca poco più di una settimana al giorno del giudizio per il Corriere della Sera. Il plotone dei padroni si riunirà in gran consiglio e quasi certamente deciderà di non decidere, perché questa è la tradizione della casa. Anzi, del casato.
In via Solferino sono tutti persuasi, dalla proprietà ai giornalisti fin giù alla bassa forza, di appartenere a una casta aristocratica; non si sono ancora resi conto di essere decaduti e continuano a comportarsi come ai tempi belli, quando l’argenteria non era stata rubata o svenduta al Monte di pietà. In un’impresa editoriale, l’argenteria è costituita dalla pubblicità e dalle copie: sarà la crisi, sarà il logoramento dovuto a un ostinato conservatorismo, sarà quello che volete, la pubblicità si è ridotta del quaranta per cento, e le copie idem. I signori proprietari, avvezzi a vivere di rendita, guardano con distacco alle cifre del disastro e non si sognano di correre ai ripari. Sono impegnati col bridge? No. Coi titoli tossici che hanno squassato le banche e le tasche dei cittadini. Ma questi sono dettagli.
Sta di fatto che l’annunciata (da più parti, anche da Libero) ristrutturazione del quotidiano (e della Rizzoli) non avverrà nei termini radicali che sarebbero necessari per salvare il salvabile. Nel folto gruppo dirigente ha prevalso la linea morbida, nella ferma convinzione convenga tergiversare. La tecnica politica di Andreotti applicata all’editoria: non vale la pena di affrontare i problemi perché, tanto, presto o tardi si aggiustano.
In questo quadro, va da sé, Montezemolo non è adatto alla presidenza; gli conviene tenersi quella della Fiat pur con i guai dell’auto a livello mondiale. Quindi il professor Marchetti sarà sostituito - inutilmente - da un altro Marchetti o da una sua controfigura. Gli organici saranno limati con qualche prepensionamento indigesto all’Inpgi (istituto di previdenza degli scribi) allo scopo di mostrare un po’ di buona volontà; la pletora dei manager verrà alleggerita. E nulla muterà. Puro maquillage.
L’obiettivo non è più risanare l’azienda mediante interventi strutturali, ma renderla presentabile e usarla quale arma di seduzione. E chi dovrebbe essere sedotto? Silvio Berlusconi. Il quale non ama i giornali (è un televisivo cronico) eccetto uno: il Corriere, da sempre oggetto delle sue brame e mai posseduto.
Il Cavaliere è fatto così: se qualcuno non gli si concede, si incapriccia. Si dà il caso che in questo momento di burrasca finanziaria, egli sia premier. E si dà il caso che le banche abbiano bisogno di sostegno dal governo. Ergo, i banchieri proprietari del maggiore quotidiano italiano cosa possono fare di meglio che offrirlo a Berlusconi in cambio di una certa benevolenza? Nulla.
Dinanzi alla avvenenza del giornalone opportunamente ringiovanito con un lifting, Silvio sarà sensibile anche alle sofferenze del credito. Un affare perfetto. Ma c’è un ma.
Il direttore Paolo Mieli sarà disposto ad avere un occhio di riguardo per Palazzo Chigi? La mia personalissima opinione è la seguente. Uno abile come Paolo non l’ho mai conosciuto. Pensate, è riuscito a gestire quindici azionisti dai denti affilati, e sarà in grado di gestire anche il sedicesimo virtuale. Qualora ne avesse piena l’anima di avere un esercito sopra la testa (però lo escludo) e preferisse abdicare piuttosto che sopportare pure il Cavaliere, il successore sarebbe già pronto: Carlo Rossella, il cui nome è stato suggerito dallo stesso capo del governo.
L’idea è geniale. Rossella è uno straordinario interprete della conservazione. Non esiste sulla faccia della terra un uomo più preparato di lui nell’arte di camminare in una cristalleria senza nemmeno sfiorare un cristallo. Ovunque sia stato non ha mai rotto un bicchiere né una scatola: elegante, rispettoso, conoscitore di ogni lingua, è capace di coniugarsi con qualsiasi potere evitando di disturbarlo. Un nocchiero fenomenale e prudente. Talmente prudente da non osare neppure di uscire dal porto. Non è interessato alla navigazione, gli basta la barca; oppure (altra metafora) non gliene frega niente del regno, gli preme il trono e lo difende nell’unico modo sicuro, rimanendoci seduto in punta di chiappe non dando l’impressione di considerarlo suo.
Un fuoriclasse del giornalismo di alto rango. stato direttore del Tigiuno. Direttore della Stampa dell’Avvocato. Direttore di Panorama. Direttore del Tigicinque. Ha diretto tutta questa roba fina con discrezione assoluta; così assoluta che nessuno si è accorto della sua lieve presenza. Il motto rosselliano è ”osservare e non toccare”. Al Tigiuno e al Tigicinque Carlo non è apparso una sola volta in video; sulla Stampa non ha scritto un articolo, se si escludono il saluto iniziale ai lettori (dieci righe) e quello conclusivo, ma non ne sono certissimo. Su Panorama, la sua firma si è palesata soltanto nella gerenza. Si badi bene, non perché il Nostro non sappia scrivere, ci mancherebbe; è semplicemente un signore fedele al principio: non è opportuno stare fermi, è più chic rimanere immobili.
Nella collezione di gioielli del Maestro è assente solo il Corriere verso il quale lui non ha fatto un passo, consapevole che sarà il Corriere ad andargli incontro, se Dio Silvio vorrà. Ecco perché Carlo ha scelto l’immobilità.
Chi si muove suda e perde di vista la carriera. Rossella non ha mai sudato tranne che nella sauna.