Fulvia Caprara, La stampa 10/3/2009, 10 marzo 2009
IL SENSO DI VANIA PER IL GRANDE CINEMA
La grande foto in bianco e nero, sulla parete dello studio, nel cuore quieto del quartiere Parioli, fa subito pensare a una carriera d’attrice iniziata negli Anni Cinquanta, con un occhio a Brigitte Bardot e un altro a Audrey Hepburn. Sbagliato. Perché quella ragazza bellissima, che oggi ha 72 anni e guida con piglio deciso la Archibald, marchio prestigioso con cui si distribuisce in Italia cinema di qualità, è diventata cacciatrice di film. Senza manie intellettuali, con fiuto speciale e pragmatismo tutto femminile. Vania Protti Traxler ha respirato aria di cinema da quando era bambina: «Mio nonno e suo fratello erano ricchi agricoltori mantovani, gente stravagante, come succede spesso da quelle parti. S’incuriosirono per la scoperta dei Lumiere, li andarono a trovare a Marsiglia e iniziarono a portare pellicole in Italia. Film muti, accompagnati al piano dal padre di Gorni Kramer, che era pure lui di Mantova, e annunciati dalle locandine stampate da un altro loro amico, Arnoldo Mondadori, nella tipografia di Ostiglia».
Per Vania, dopo gli anni difficili della guerra («mia madre era ebrea, eravamo ricercati, scappavamo di continuo, siamo stati sfollati otto volte»), si annunciava una vita colorata, piena di affetti, storie, persone. A diciott’anni, di ritorno dalle vacanze, trascorse come sempre a Riccione, incontra per la prima volta lo sguardo di un signore molto più grande di lei: «Ero con la famiglia al completo, ristorante Diana, il solito. Dopo un mese e mezzo avrei dovuto sposare il mio fidanzato, un ragazzo di Bologna. Ma c’era quel tipo che mi fissava, per fargli capire che ero impegnata continuavo a mettere in mostra l’anello di fidanzamento che portavo al dito». Il signore fu tenace, si chiamava Ferruccio Ricordi, in arte Teddy Reno, veniva da una storia con Marisa Allasio, ma per quella bellezza bionda aveva perso la testa: «Mi mandò un cesto di fiori alto due metri, iniziò a cercarmi a casa, mollai il fidanzato per telefono, in due minuti». Era il ”56, un anno e mezzo dopo Vania diventa la signora Ricordi e, passati dodici mesi, è mamma di Francesco. Il matrimonio dura quattro anni: «Non avevamo punti d’incontro, la separazione fu traumatica perché lui era un personaggio pubblico, però tra noi è sempre rimasto un rapporto splendido, siamo ancora legatissimi».
L’amore, quello che resta intatto per l’esistenza intera, arriva più tardi, in pieno Sessantotto, lo stesso anno in cui Teddy Reno, con gran fragore mediatico, sposa in Svizzera una Rita Pavone ancora ragazzina. Racconta Vania: «Era la fine dell’anno, avevo conosciuto Manfredi Traxler da poco, organizzammo una festa a casa mia perché avevo un virus e non potevo uscire. Vennero un sacco di amici, lui li accoglieva, faceva gli onori di casa. Alle quattro, stanchissima, dissi che me ne andavo a dormire. Avevo un letto a baldacchino, tutto pizzi e organza, Manfredi mi accompagnò per darmi la buonanotte, era seduto accanto a me, guardai le sue scarpe. Gli dissi ”con quelle mi sporchi tutto, o te ne vai oppure resti e te le levi”. Non se ne è più andato». Con Manfredi, che nel suo cuore c’è sempre, anche se nove anni fa una malattia lo ha portato via prima del tempo (a 63 anni), nasce, nel ”77, la società Academy: «Mi ero stancata dei vestiti di maglia che disegnavo per la boutique di Riccione e lui si era stancato della Rai dove lavorava». Il primo titolo è Il matrimonio di Maria Braun di Fassbinder: «Eravamo al Festival di Cannes, passando per Rue d’Antibes avevamo visto un bellissimo anello con un rubino. Manfredi me lo voleva regalare. Prima però siamo andati alla proiezione del Matrimonio di Maria Braun, sono rimasta incantata. All’uscita gli ho chiesto se, invece del rubino, mi comprava quel film».
Da quel momento la signora non si è più fermata: «Non ce l’avrei mai fatta a passare i miei pomeriggi giocando a carte con le amiche». I manifesti dei film che ha portato in Italia riempiono le stanze dell’ufficio, da Angi Vera a La moglie del soldato, da Paris-Texas a Train de vie, da Creature del cielo con Kate Winslet ragazza a Lola Darling che lanciò Spike Lee. Gli ultimi acquisti parlano di donne e hanno già ricevuto premi e riconoscimenti, a iniziare da «La teta asustada», Orso d’oro alla Berlinale: «Mi sveglio presto, sono una camminatrice, e anche un maledetto scorpione, se mi fisso, è difficile che non riesca a ottenere quello che voglio. Ai Festival, quando la concorrenza è al massimo e basta un pugno di minuti per perdere la grande occasione, cerco di arrivare prima degli altri. A Cannes comprai East is east alle 8 di mattina. Ero andata a cercare la società inglese che lo vendeva talmente presto che mi aveva accolto una ragazza in baby doll con gli occhi ancora cisposi. Tornando indietro, al Majestic, incontro qualcuno che mi dice ”peccato, non c’è più niente da fare, il film lo prende Cecchi Gori”, io avevo già in borsa il contratto firmato». Di storie così Vania Traxler ne ha tante. I rimpianti, invece, sono pochi, uno però è vivo ancora adesso: «Ero al Mifed, avevo appena visto Pulp fiction e con Federica, la figlia di Fulvio Lucisano, cominciammo subito a trattare per l’acquisto. Ne parlammo con Manfredi e con Fulvio, ci guardarono perplessi, dissero che no, che era meglio lasciar stare...». Gli uomini, sempre i soliti: «All’Anica, l’associazione che raccoglie gli industriali del cinema italiano, mi è capitato di lottare da sola, una donna contro 18 uomini. Mi piace stare sulle barricate, ma non sono una femminista, anzi, gli uomini li adoro, che noia sarebbe la vita senza di loro...».