Sergio Romano, Corriere della sera 10/3/2009, 10 marzo 2009
COLPE ITALIANE IN LIBIA SCUSE ALL’INDIRIZZO SBAGLIATO
A proposito della richiesta di perdono dell’Italia alla Libia per il colonialismo italiano, quali danni sarebbero stati fatti dal governo fascista alla Libia?
Giuseppe Croce
giusecroce@libero.it
Caro Croce,
Ho affrontato l’argomento qualche giorno fa con uno scrittore che ha vissuto lungamente in Libia e conosce bene l’epoca coloniale, il regno di Idris e la repubblica di Gheddafi. noto ai lettori italiani con il nome di Alessandro Spina, autore di romanzi e racconti di ambiente africano, recentemente raccolti in un grande volume («I confini dell’ombra», Morcelliana editore) a cui è stato attribuito il premo Bagutta del 2007. Spina è il nome d’arte del discendente di una famiglia arabo- maronita che lasciò Aleppo agli inizi del Novecento per installarsi a Bengasi, dove il padre creò una fortunata fabbrica di tessili. Alessandro (il suo vero nome è Vasilij) fece i suoi studi in Italia, viaggiò in Europa, frequentò ambienti culturali italiani e francesi, cominciò a scrivere racconti d’ambiente africano che attirarono l’attenzione di Mario Praz, Pietro Citati, Vanni Scheiwiller, Claudio Magris e Dante Isella. Ma quando gli affari di famiglia e la morte del padre richiesero la sua presenza in Libia, tornò a Bengasi e assunse la responsabilità dell’azienda che continuò a dirigere per qualche tempo anche quando l’impresa fu nazionalizzata da Gheddafi dopo la rivoluzione del 1969.
giusto, gli ho chiesto, chiedere scusa alla Libia per le «malefatte» italiane del periodo coloniale? Spina mi ha risposto che sarebbe stato molto più giusto chiedere scusa a Muhammad Idris, capo della Senussia (la grande confraternita religiosa della Cirenaica) e re di Libia dopo la creazione del regno nel 1951. Muhammad Idris al Mahdi era nato nel 1890 e aveva trent’anni, quindi, allorché il governo Nitti, nel 1920, sembrò disposto a negoziare con lui una sorta di spartizione della Cirenaica: la costa agli italiani, l’interno alla Senussia. La politica del-l’Italia cambiò negli anni seguenti, quando il ministro delle colonie era Giovanni Amendola, e soprattutto dopo l’avvento di Mussolini al potere nel 1922. La Tripolitania fu interamente riconquistata all’epoca del governatorato di Giuseppe Volpi, ma la Cirenaica, dove la Senussia era fortemente radicata, si dimostrò un osso duro. Rifugiatosi al Cairo, Idris diresse la resistenza alternando le armi del negoziato a quelle della guerriglia. Il combattente, sul campo, era Omar el Mukhtar, un uomo di settant’anni, forte come una quercia, coraggioso come un leone e astuto come una volpe, secondo le lodi che cantavano di lui le genti del deserto. Incaricato della repressione e della riconquista, il generale Rodolfo Graziani fu spiccio e brutale, soprattutto con le popolazioni civili. Creò enormi campi di concentramento, stese 270 km di filo spinato alla frontiera con l’Egitto, conquistò l’oasi di Cufra nel gennaio 1931, s’impadronì di Omar el Mukhtar nel settembre dello stesso anno e lo fece impiccare nel giro di quattro giorni. Fu spiegato che il guerriero arabo aveva violato un impegno assunto con il generale Badoglio, governatore della Cirenaica, ed era quindi un «traditore ». Ma la sua esecuzione fu un clamoroso errore politico e umano. La Francia aveva duramente combattuto contro i suoi ribelli in Algeria e in Marocco, ma li aveva trattati, dopo la vittoria, con l’onore delle armi.
Negli anni successivi e soprattutto dopo l’arrivo di Italo Balbo, l’amministrazione coloniale italiana commise meno errori. Furono costruite alcune importanti opere pubbliche. Fu avviata una politica di colonizzazione agricola che ha dato qualche modesto beneficio all’economia del Paese. Furono creati corpi indigeni che dettero prova di coraggio e lealtà. Ma l’Italia, a differenza di altre potenze coloniali, non fece quasi nulla per allevare una classe locale di amministratori e professionisti. Quando Idris salì sul trono di Libia, mi ha detto Alessandro Spina, vi erano nel suo regno soltanto quattordici laureati. Fu quella, a mio avviso, la colpa maggiore del-l’Italia. Il colonialismo appartiene a una fase della cultura europea ed ebbe le sue motivazioni ideali. Ma quando non educa i propri amministrati tradisce anzitutto se stesso.