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 2009  marzo 09 Lunedì calendario

«LA SCIENZA SIA UMILE»


Fu il dramma di Einstein. Non riuscì mai a rassegnarsi, il padre della relatività, all’idea che la fisica obbedisse a leggi probabilistiche e la realtà fosse governata dal caso anziché da principi deterministici di causa ed effetto, come gli scienziati avevano sempre creduto. «Dio non gioca a dadi», disse esternando questa amarezza in quella che è rimasta la sua frase più celebre. Oggi, sia in matematica (basti pensare alla teoria dei giochi) che in fisica, nessuno metterebbe in discussione il primato del caso.
Sostiene Nicola Cabibbo, il grande fisico romano che sarà uno dei protagonisti del Festival della matematica, giunto alla terza edizione, in programma tra domani e mercoledì a New York e dal 19 al 22 a Roma: «I matematici lavorano sulle certezze sicuramente più di noi fisici. Contraddicendo le aspirazioni del metodo scientifico che ha sempre cercato di raggiungere certezze, la fisica quantistica ci dice da circa un secolo che il mondo è regolato da leggi probabilistiche. Sì, la teoria dei quanti, in questo senso, è stata uno "scandalo". E’ stata un’autentica rivoluzione rispetto allo schema newtoniano deterministico. Ma gli scienziati debbono imparare anche a essere umili e accettare quel che si trova. E quello che abbiamo trovato è l’aspetto probabilistico delle leggi della natura». Abbandonandosi a un sorriso, aggiunge con quella confortante serenità, che non ha nulla da spartire con la freddezza ed è un tratto distintivo del suo carattere: «Questo non deve deluderci o irritarci: anzi, è affascinante».
L’umiltà è una seconda pelle per Cabibbo. Ha ricoperto le più alte cariche istituzionali (è stato presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare e dell’Enea, l’Ente per l’energia e l’ambiente, e dal ’93 è presidente della Pontificia accademia delle scienze) con ineffabile understatement. Insegna fisica delle particelle elementari alla Sapienza nell’istituto intitolato a Enrico Fermi. E, soprattutto, è autore di scoperte scientifiche che lo impongono, da anni, nel Gotha della fisica mondiale: è uno dei tre teorici (con i giapponesi Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa) della matrice Ckm che ha individuato la rottura della simmetria dei quark nonché del cosiddetto "angolo di Cabibbo", un parametro che permette di capire il funzionamento delle interazioni deboli delle particefielelementari. E’ il fisico più citato nelle riviste scientifiche di tutto il mondo. Last but not least, è stato vittima di una delle decisioni più sconcertanti nella storia del Nobel che, lo scorso anno, è stato assegnato per lo stesso contributo (!) a Kobayashi e Maskawa ma non a lui lasciando sbigottita l’intera comunità scientifica internazionale: un vero e proprio "furto". Un "furto" che, con olimpico e rarissimo distacco, Cabibbo si è sempre rifiutato di commentare...
Ma, in uno scenario dominato dal caso, l’aspirazione a una conoscenza completa delle leggi che regolano l’universo è destinata a essere frustrata? Risponde: «Rimane un obiettivo fondarnentale, ma molte cose ancora ci sfuggono. Cerchiamo la "teoria del tutto". Quella delle stringhe, che rappresenta nelle sue ormai molteplici versioni il confine più avanzato, è ben lontana dall’essere dimostrata. L’importante è impegnarsi sempre nella ricerca». Il disappunto, ancora una volta, è temperato dall’ironia: «Così non possiamo dire di non avere più nulla da fare ... ».
Alla scienza, oggi servono prove sperimentali inconfutabili. Eppure, grandi traguardi sono stati raggiunti in passato su basi puramente filosofiche o soprattutto teoriche, dai tempi di Democrito a Einstein... Come è stato possibile?
«Quella che la materia fosse composta da atomi, da particelle, è stata davvero una formidabile intuizione dei greci che ci lascia sempre sbalorditi», risponde il fisico romano. «Einstein, invece, lavorava teoricamente su conoscenze che erano state verificate sperimentalmente. La sperimentazione è, comunque, fondanientale. Una teoria senza basi sperimentali è attualmente inconcepibile. Un contributo decisivo potrebbe venire dal nuovo potentissimo acceleratore di particelle, il Lhc, entrato in funzione al Cern di Ginevra. Vedremo».
Il dibattito sui poteri e sul ruolo della scienza, per diverse ragioni, è più che mai di lacerante attualità. Francesco Alberoni notava, giorni fa, che di fronte ai "valori" rappresentati dall’etica o da altri temi uno scienziato non è diverso da un comune mortale.
Cabibbo non lo nega ma reagisce con uno scatto di legittimo "orgoglio" scientifico «La ricerca della verità è un valore e lo è la scienza», puntualizza. «Per quanti problemi possano porre le sue applicazioni pratiche, dobbiamo ammettere che non potremmo vivere senza la scienza, "Senza", molti di noi sarebbero morti e non sarebbero qui neppure a discuterne. Purtroppo, i progressi della scienza spesso sono stati fraintesi».
Resta il fatto che la scienza, nel XX secolo, ha raggiunto poteri che nessuno avrebbe immaginato, al punto di avere un controllo dei principi che permettono la vita e la morte. Nicola Cabibbo ammette che, quando era giovane, non si sarebbe mai sognato che questo potesse accadere durante la sua vita. Conclude con un’esortazione alla responsabilità: «Dai rischi di una guerra nucleare alle implicazioni della rivoluzione genetica, che ci piaccia o no, siamo costretti a convivere con questa realtà, che fino a pochi anni o a qualche decennio fa era impensabile. E’ questa la sfida che dobbiamo sforzarci di vincere». Con umiltà e con orgoglio.