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 2009  marzo 09 Lunedì calendario

COSI’ LA PREVIDENZA TOGLIE RISORSE AL WELFARE ITALIANI PAGATI 4 ANNI IN PIU’ DEGLI EUROPEI


Roma - La proposta del Cerm è secca: riformare con effetto immediato la previdenza in modo da allineare la "permanenza in pensione" degli italiani, oggi troppo alta, alla media europea. Il che significa dai 3 ai 4-4,5 anni in più di attività lavorativa, a seconda dei casi. In cambio di questo sacrificio (non da poco), i risparmi sarebbero enormi e crescenti: 4,6 miliardi fin da quest´anno, 9,2 nel 2010, 13,1 nel 2001, 16,3 nel 2012 e 18,8 nel 2013. Nei prossimi cinque anni si risparmierebbe dunque in media lo 0,81 per cento del Pil.
Questi soldi potrebbero finanziare il resto del welfare, dove l´Italia è sempre stata carente: indennità di disoccupazione in primo luogo, ma anche istruzione, compresi i corsi di riqualificazione per chi ha perso il posto. In una situazione di recessione come l´attuale questa mossa aiuterebbe il paese a superare le difficoltà proteggendo chi perde il lavoro e aiutandolo a trovarne uno nuovo. Secondo il Cerm questo è un modo corretto per trovare le risorse e fare, ad esempio, quello che il segretario del Pd, Dario Franceschini, ha chiesto di recente, e cioè tutelare chi perde il lavoro.
Ma come arriva l´istituto di ricerca a questi dati? Il fatto è, come si è detto, che gli italiani lavorano da 3 a poco meno di 5 anni in meno della media dei lavoratori europei. Ciò avviene per due motivi: il primo è che si va in pensione da 1,3 a 2,3 anni prima; il secondo riguarda il fatto che gli italiani sono più longevi di circa 2 anni rispetto alla media Ue-25 (il gap si allarga con la media Ue-15). Questa maggiore quota di vita inattiva fa lievitare il costo della previdenza, che infatti è più alta di 4,4 punti percentuali rispetto alla media Ue-15 e tocca il 14,7 per cento. Al contrario, il nostro paese spende troppo poco per il resto del welfare, soprattutto per la disoccupazione (solo lo 0,4 per cento del prodotto interno lordo, lo 0,8 per cento del Pil in meno della media). Un´analoga minore spesa è quella per l´istruzione (meno 0,8 per cento del Pil).
Dunque se si riuscisse ad allinearsi alla media Ue quanto a periodo effettivamente trascorso in quiescenza, lo Stato italiano potrebbe risparmiare somme ingenti e destinarle a colmare il gap con gli altri paesi nel resto del welfare e a far fronte a un drammatico periodo di aumento della disoccupazione.
Ma come ottenere questo risultato? Basterebbe obbligare fin da subito le persone ad andare in pensione a 65 anni o con 40 anni di contributi. «Ma certo - spiega Nicola C. Salerno, l´economista che insieme a Fabio Pammolli ha curato la ricerca - ci rendiamo conto che è difficile operare ex abrupto un cambiamento di questa portata. Questo risultato, però, si può ottenere in maniera più soft, riprendendo lo spirito originario della riforma Dini del 1995. E cioè introducendo un meccanismo di incentivi a restare e disincentivi a lasciate il posto. Il pensionamento resterebbe flessibile entro certi limiti ma avrebbe l´assegno più alto soltanto chi va in quiescenza con i requisiti massimi. Gli altri avrebbero una penalizzazione che tiene conto della più porzione di vita lunga vita trascorsa senza lavorare.