Roberta Mercuri, 9/3/2009, 9 marzo 2009
DELITTI
Maria Catta, 64 anni. Di Sennori in provincia di Sassari, vedova, viveva col compagno Giorgio Saba, 55 anni, muratore, e col figlio Nino Cattari, 32 anni, sguardo fisso perso nel vuoto, camminata rigida, in cura per una schizofrenia che gli era venuta dopo la morte del padre e gli provocava deliri e allucinazioni. Costui, che da una settimana si rifiutava di prendere le sue pillole, l’altro giorno all’ora di pranzo, durante una lite con la madre, prese un coltellaccio da cucina, glielo infilò quaranta volte nel corpo, poi sciacquò la lama, la rimise nel cassetto delle posate, coi vestiti lordi di sangue uscì di casa e andò a passeggio per il paese finché non vide un albero di arance selvatiche e si fermò a coglierne i frutti. Ai carabinieri che lo trovarono lì imbambolato non volle dire una parola, ma poi, al giudice che lo interrogava, spiegò: «L’ho ammazzata perché non la potevo vedere».
Alle 13.30 di sabato 28 febbraio in una casa in via Proto Secchi 4 nel centro di Sennori, paese di settemila anime in provincia di Sassari.
Angelo Peirè, 76 anni. Genovese, scaricatore di porto in pensione, omosessuale, «capelli bianchi sempre in ordine, cordiale e giovanile», forse invischiato in un giro di ricettazione di gioielli, viveva da vent’anni nello stesso quartiere dove tutti lo conoscevano e casa sua era «un continuo via vai, specie di notte». Giorni fa, indosso il pigiama, aprì la porta a qualcuno che d’un tratto in salotto gli saltò addosso, gli spaccò un soprammobile sulla faccia e sul cranio, poi frugò in tutta casa in cerca di soldi, e infine scappò via.
Il cadavere, mezzo putrefatto, scoperto lunedì 2 febbraio, per via dell’odore nauseabondo, in una casa in via del Campo 13 nel centro storico di Genova.
Gianni Romano, 38 anni. Di Avellino, idraulico, celibe, viveva solo da quando i genitori se n’erano andati ad abitare altrove perché non ne potevano più delle continue litigate col vicino di casa Antonio Iovio, 80 anni, pregiudicato, vedovo, sposato in seconde nozze con un’ucraina. L’altra mattina, durante l’ennesima discussione scatenata dal fatto che il Romano voleva costruire un muretto tra le due abitazioni, lo Iovio prese il suo fucile e gli sparò tre pallettoni nella pancia.
Alle 9 di mattina di domenica 1 marzo a frazione Casoli di Domicella in provincia di Avellino.
SUICIDI
Stefano Cappeller, 46 anni. Residente a Treviso, manager alla Stefanel di Ponte di Piave, «grande lavoratore, sempre sorridente», sposato, una figlia di 8 anni, aveva una relazione con una Stefania di 36 anni da qualche giorno ricoverata in ospedale perché, a causa di una grave forma di diabete, le era stato amputato un piede. La donna giorni fa aveva detto al Cappeller che intendeva chiudere la storia per dedicarsi solo alla propria salute, lui giovedì pomeriggio come d’abitudine si sedette al capezzale di lei e, senza curarsi di un paziente che giaceva lì accanto in compagnia della madre, implorò l’amante di non lasciarlo, «senza di te non posso vivere». La donna gli ribadì che preferiva restare un po’ da sola, allora il manager si alzò dalla sedia, prese il cappotto sotto il braccio sinistro, infilò la mano destra nella tasca, tirò fuori una pistola calibro 9 e si sparò un colpo nella testa che gli perforò la scatola cranica.
Tardo pomeriggio di giovedì 5 marzo nel reparto di ”Medicina fisica riabilitativa”, al secondo piano dell’ospedale di Portogruaro in provincia di Venezia.
Peter e Penelope Duff, 80 e 70 anni. Marito e moglie, inglesi, mecenati d’arte, divenuti miliardari importando vino, vivevano in una lussuosa residenza georgiana a Bath, nel Somerset. Stanchi di combattere contro tumori incurabili che li tormentavano da anni (lui aveva un cancro al colon e al fegato, lei allo stomaco e all’intestino) giorni fa dissero ai loro amici che andavano a vivere i loro ultimi anni in Dorset, nel sud dell’Inghilterra, e invece si fecero accompagnare dalla figlia Helena in una clinica svizzera che pratica l’eutanasia e là spirarono, «serenamente, insieme».
Venerdì 27 febbraio nella clinica Dignitas in Svizzera.
Aldo Lomboni di anni 75. Originario di Curno in provincia di Bergamo, gioielliere in pensione, claudicante, depresso, viveva con la moglie Ilda Foiadelli, 67 anni. Costei l’altra notte fu svegliata dal consorte che andava zoppicando per tutta casa aprendo e chiudendo cassetti, allora si alzò dal letto per vedere cosa combinava e se lo trovò davanti che brandiva una mannaia con cui d’un tratto la colpì alla testa. Lei colando sangue scappò di casa in camicia da notte, lui s’arrampicò su una finestra e si lanciò nel vuoto.
Nella notte tra venerdì 27 e sabato 28 febbraio in una casa in via Marconi 13 a Curno in provincia di Bergamo.