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 2009  marzo 08 Domenica calendario

Venerdì sera Ugo Cappellacci è tornato da Roma con una cartellina tra le mani. Sui fogli che il neo governatore della Sardegna - l’uomo che ha sconfitto Renato Soru - teneva con sé stava scritto: «Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per promuovere l’utilizzo di fonti di energia alternativa»

Venerdì sera Ugo Cappellacci è tornato da Roma con una cartellina tra le mani. Sui fogli che il neo governatore della Sardegna - l’uomo che ha sconfitto Renato Soru - teneva con sé stava scritto: «Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per promuovere l’utilizzo di fonti di energia alternativa». Ma, appena sceso dalla scaletta dell’aereo, Cappellacci si è trovato ad affrontare la prima tempesta del suo mandato. Già, perché in Sardegna il cemento e le nuove operazioni immobiliari dividono gli animi quasi come una partita di calcio: in ballo ci sono oltre 2 miliardi di euro e milioni di metri cubi di nuove costruzioni. Proprio sul cemento è caduto Soru, che, dopo aver approvato un piano paesaggistico molto rigoroso, si è visto accusare di integralismo dagli avversari e, neanche troppo velatamente, dai propri alleati. E adesso, a parti invertite, è il turno di Cappellacci che, per il 42,8 dei sardi sostenitori di Soru, starebbe aprendo le porte della Sardegna al cemento: «In campagna elettorale ha promesso che rivedrà profondamente il piano paesaggistico di Soru. Adesso, insieme con Berlusconi e Giancarlo Galan, governatore del Veneto, firma un piano regionale per sostenere l’edilizia. Questi due provvedimenti rischiano di portare milioni di metri cubi di cemento», sostengono i critici. E negli uffici di diversi comuni della costa assicurano che nelle ultime settimane, dopo le promesse di Cappellacci, «le domande per nuovi progetti sono aumentate del trenta per cento». Così, sotto la duecentesca torre di Mariano II, nel centro di Oristano, ieri mattina non si parlava d’altro. Tutti a leggere il documento: si dà tra l’altro la possibilità alle Regioni di ampliare gli edifici esistenti del 20 per cento, di abbattere gli edifici costruiti prima del 1989 per ricostruirli con il 30 per cento di cubatura in più, in base «agli odierni standard qualitativi, architettonici ed energetici». Le opinioni mutano come questo cielo sardo di ultimo inverno. E’ che il cemento ormai è diventato un simbolo: c’è chi ci vede la strada per combattere la crisi e chi indica ruspe e gru come un tradimento della propria terra. Cappellacci nel programma e nei comizi ha difeso la sua linea: «La tutela dell’ambiente è nostro obiettivo da sempre. Al centro noi, però, mettiamo la persona umana che deve vivere sul territorio. Ma il piano Soru si è concentrato sulle valenze ambientali e paesaggistiche, trascurando quelle economiche e sociali». E Cappellacci spiega: «Servono limiti chiari ed efficaci. Vincolare tutto porta a migliaia di ricorsi e a un abusivismo strisciante ancora più pericoloso». Gian Valerio Sanna, il braccio destro di Soru ed ex assessore regionale all’Urbanistica che ha voluto il piano paesaggistico tanto lodato e criticato, spara invece a zero: «Nei sei anni precedenti l’approvazione del nostro documento, in Sardegna sono stati costruiti 4,5 milioni di metri cubi. Adesso si minaccia un’altra colata delle stesse proporzioni. Ma così la Sardegna rischia di mangiarsi l’anima e la sua principale ricchezza: la natura», accusa Sanna. Aggiunge: «Noi avevamo puntato su uno sviluppo diverso, che prevedeva premi di volumetria a chi allontanava gli edifici dalla costa. Avevamo stanziato cinquecento milioni per recuperare i centri storici», spiega Sanna. Che conclude: «In Sardegna ci sono 805mila case, di cui 210.000 vuote. Non ne occorrono altre, non sulla costa. E poi non mi dicano che servono all’economia sarda, queste sono operazioni dei grandi gruppi nazionali, qui restano le briciole e il cemento». Eccoli i grandi progetti che dividono, che se fosse cancellato il piano Soru potrebbero forse partire. A nord, alla Maddalena, dopo il G8 si farà un bando per il polo turistico. Sono in corsa l’Aga Khan (pronto a spendere 150 milioni), una società monegasca (la Giee, collegata col gruppo Rodriguez, che fa yacht d’altura) e il miliardario americano Tom Barrack. Lungo la costa orientale c’è poi Domenico Bonifaci che intende realizzare abitazioni e un albergo nella zona di Porto San Paolo (operazione bocciata da Soru perché prevista nella zona dell’agro, tutelata dal piano paesaggistico). E ancora, a sud, eccoci a Villasimius, oggi regno dei fenicotteri, dove Sergio Zuncheddu - immobiliarista ed editore dell’Unione Sarda, contraria a Soru - ha già in programma un’operazione da 140 mila metri cubi e 90 milioni di euro. Ma il progetto forse più contestato è quello vicino a Teulada, all’estremo sud dell’isola. Un brandello di terra che finora era zona militare, dove le uniche tracce umane sono le impronte dei carri armati. Davanti è mare, intorno ci sono i colori e il profumo della macchia di fillirea, corbezzolo e olivastro. Qui Benetton e gli imprenditori romani Toti vorrebbero realizzare un progetto cui Soru finora si era opposto. Che cosa ne sarà di queste operazioni? Gualtiero Cualbu tira un sospiro di sollievo. Lui è pronto a partire con 150 milioni di euro e 260 mila metri cubi vicino all’area archeologica di Tuvixeddu. Ora, dopo anni di dispute e sigilli ai cantieri per i ricorsi di Soru, spera di poter procedere. E Cualbu, sostenitore di Cappellacci, spiega: «Soru aveva paralizzato l’attività edilizia con vincoli assurdi che danneggiavano l’economia. Adesso si cambierà, ma senza rovinare l’ambiente, perché la natura è la nostra prima risorsa. Costruiremo, sì, ma soltanto se ci sarà domanda e, soprattutto, risparmiando la costa. Noi sardi teniamo alla nostra terra e non la distruggeremo». Salvo Manca, direttore del Consorzio Costa Smeralda, è più cauto: «Vero, i vincoli strettissimi del piano Soru vanno allentanti, ma attenzione a non cambiarne lo spirito, sarebbe la fine per la Sardegna». Luca Pinna, presidente regionale del Wwf, è amareggiato: «Da quando sono entrati in vigore i vincoli di Soru, l’abusivismo è calato del 60 per cento». Ma Stefano Deliperi, alla testa del comitato «Gruppo di intervento giuridico», allarga le braccia: «I fronti sono confusi, destra e sinistra non c’entrano. Del resto tra i costruttori ci sono famigliari del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e del ministro ombra del Pd, Matteo Colaninno». Stampa Articolo