Alberto Statera, la Repubblica, 7/3/2009, 7 marzo 2009
Un patto tra sindaco e costruttore e l´Acea diventa nemica dei francesi- Torna epidemico il «mal franzese», con annessa la difesa dell´italianità
Un patto tra sindaco e costruttore e l´Acea diventa nemica dei francesi- Torna epidemico il «mal franzese», con annessa la difesa dell´italianità. La scalata alla Bnl, l´Alitalia, i transalpini di Mediobanca a Milano e delle Generali a Trieste. E adesso il pasticcio dell´Acea. In un ruolo o nell´altro, vuoi come cuciniere vuoi come commensale, quasi sempre c´è in mezzo lui: Francesco Gaetano Caltagirone, l´ingegnere collezionista di giornali, di banche, di aree edificabili, di autostrade, di appalti, di busti di imperatori romani, di monete antiche. E di euro moderni. Quest´ultima è la collezione più pregevole, stimata tra i 2 e i 3 miliardi di liquidi. Stavolta, l´ottavo re di Roma, fa coppia con Gianni Alemanno, sindaco pro tempore della capitale, partner alquanto sprovveduto nei cunicoli dell´alta finanza: «Totale inadeguatezza dell´azionista pubblico», dice il presidente della Provincia di Roma, Luca Zingaretti. Alemanno l´ha combinata grossa con i francesi, che oggi da Parigi non riescono a dire altro che sono «en colère», per intendere assai incazzati. Azionisti al dieci per cento, secondi dopo il Campidoglio di una società quotata in Borsa, il sindaco li ha trattati come intrusi, indegni di essere informati di cambi di strategia e di management. Non in una logica di competenza, ma di clientela alla romanesca. Per lasciare il campo al terzo azionista Caltagirone, che ha messo insieme oltre il 5 per cento. Il sindaco? Una «prothèse politique», hanno biascicato quando hanno saputo del cambio di amministratore delegato per mettere i famigli dell´ingegnere, il collezionista che a Milano siede in Mediobanca con Vincent Bollorè e a Trieste col grande vecchio Antoine Bernheim, i francesi «difensori dell´italianità». Sembra che anche a Palazzo Chigi abbiano digerito piuttosto male le sfuriate prima di Jean Louis Chaussade, rappresentante di Gaz de France, reiterate poi a Parigi dal presidente Gérard Mestrallet, in genere uomo di poche e misurate parole. Ma come? Berlusconi si sbatte per smentire le gaffe su Carlà, dopo il patto nucleare di Roma con Sarkozy, e quei due si permettono di organizzare un ribaltone antifrancese all´insegna dei famigli politico-affaristici, magari per qualche subappalto all´azienda del nuovo presidente succeduto a Fabiano Fabiani, quel Giancarlo Cremonesi, ex presidente dei costruttori romani, che fa lavori per conto della società che presiede. Per di più mettendo in campo come nuovo amministratore delegato Marco Staderini, collezionista di cariche, uomo di fiducia di Pierferdinando Casini, marito di Azzurra e quindi genero dell´ingegnere, presentato dal consigliere di Acea Massimo Caputi, figlio di Onofrio, piccolo ras dei cantieri in Abruzzo, da sempre uomo di mano caltagironiano. I due sono detti il gatto e la volpe, anche per gli interessi comuni in società immobiliari. Non si fa così neanche nell´ultima Srl di Frosinone, figurarsi in una delle più grandi aziende del Centrosud, con ricavi per 2,2 miliardi e utili per 115 milioni. Viste le reazioni e il crollo del titolo in Borsa, Alemanno, che mastica poco di buone maniere finanziarie, pare che sia alquanto in ansia, al punto di chiedere sostegno a Luca Cordero di Montezemolo. Convinto che i giornali vadano usati, ha chiesto la comprensione del Sole-24 Ore. Ma figurarsi se Montezemolo o il foglio di Confindustria si appassionano a una vicenda così cheap. Resta da capire, se non il disegno di Alemanno, che probabilmente è stato irretito in una partita di cui non ha ben valutato i contorni, quello dell´ottavo re di Roma. Un disegno di grandeur che, conquistando Acea a danno dei francesi, vuole allineare, accanto alla superba liquidità, al Monte dei Paschi, di cui è vicepresidente, a Mediobanca e alle Generali, di cui è socio importante, un grande operatore dell´energia, magari per fare sinergia con le sue imprese di costruzioni in vista della stagione di costruzione di nuove centrali? O più banalmente il controllo di un feudo ricco di appalti e subappalti per sé, gli amici e gli amici degli amici? L´uomo dice: «Se si eccepisce il blasone la cosa non mi tocca». Ma racconta chi lo conosce bene che in realtà crede di avere una missione: il riscatto dal suo nome, rispetto a quelli di Gaetano, Camillo e Francesco, i cugini figli di zio Ignazio, che ai tempi andreottiani e dello scandalo Italcasse misero l´Italia a ferro e fuoco. «A Fra´ che te serve? », sussurrava il cugino Gaetano al braccio destro di Andreotti, Franco Evangelisti. Allora era Andreotti, oggi è Alemanno. E l´operazione Acea, per l´esecuzione, fa proprio ricordare quei tempi andati. Il siluramento dell´amministratore delegato Andrea Mangoni, rischia tra l´altro di avere effetti anche sui rapporti tra i francesi e l´Eni. Mangoni lavorava a un accordo per cui Suez-Gdf avrebbe conferito la rete gas di Roma ad Acea in cambio del diritto a gestirla attraverso una joint venture. «Con la sciagurata operazione in corso si rischia seriamente che le trattative tra Acea e i francesi saltino, portando a conseguenze gravi anche sui rapporti tra Suez-Gdf ed Eni», prevede il senatore Lucio D´Ubaldo, membro democratico della commissione Finanze del Senato, che su tutta la vicenda sollecita un´inchiesta della Consob. Ma non basterà a fermare le azioni giudiziarie degli azionisti francesi. Da Parigi, ancora un po´ esterrefatti, giurano che loro saranno in Italia con o senza Acea. Caltagirone e Alemanno, se vogliono, se la prendano pure. Ma sarebbe un miope disegno. Perché - dicono - senza di noi quell´azienda è svuotata, può aspirare solo al cabotaggio e far crescere il potere di una cordata affaristico-politica, che, come sempre, centra il suo business privilegiato sui suoli e sugli appalti pubblici. Fallito il modello veltroniano, «a Roma ci vuole grande discontinuità», proclamò Caltagirone quando, dimessosi da sindaco Veltroni per l´avventura del Partito democratico, egli corse a schierarsi con Alemanno. Aggiunse poi che con Berlusconi (e Alemanno) gli italiani avevano finalmente la percezione di essere governati. Finalmente le azioni si sarebbero contate e non pesate come voleva Enrico Cuccia. I francesi, che forse non sanno di Cuccia, dicono che oggi in Italia le azioni non si contano, ma si pesano. Sulla bilancia di un sindaco.