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 2009  marzo 07 Sabato calendario

Fuori dal Conservatorio i manifesti in bianco e nero sembrano annunciare sventure: «Bisogna essere molto prudenti in questi giorni, perché

Fuori dal Conservatorio i manifesti in bianco e nero sembrano annunciare sventure: «Bisogna essere molto prudenti in questi giorni, perché...». I due attacchini li hanno appena messi con qualche fatica, tira un vento gelido e forte che arriva da Est e porta pioggia. Ci sono abituati, a Vienna, passerà. Come deve passare anche l’altro vento, il più fastidioso, più imbarazzante, partito da Bruxelles. Altro che Austria felix, quelli erano i tempi del fiorino. Questa, sussurrano gli euroesperti, sarebbe l’Austria a rischio default. E come consiglia la pubblicità della galleria d’arte, bisogna essere molto prudenti in questi giorni. Perché è tutto vero. Le tre banche di Vienna hanno 280 miliardi investiti a Est, da dove arriva questo gelo: è quasi l’80 per cento del pil austriaco, roba da disastro. vero che il governo del cancelliere socialdemocratico Werner Faymann ha pronto un ombrellone da 100 miliardi per evitare il diluvio su Erste Bank, Raiffeisen e la Bank Austria del gruppo Unicredit. vero che i cervelloni del ministero delle finanze sono più in missione in Ucraina o Ungheria che nei loro uffici con vista Danubio. Però è anche vero che Vienna, da gran signora, non mostra un turbamento. C’è la crisi? L’ultimo indice dei consumi segna un bel +1%. «Le banche pagano i voli di Stato», malignano da Bruxelles. L’altro giorno il cancelliere Faymann era a Parigi da Nicolas Sarkozy, diplomazie al lavoro per zittire quelle voci e per allontanare il rischio che Vienna teme più del default, l’assalto dell’Unione Europea al segreto bancario austriaco. Una spallata potrebbe arrivare dal G20 del 2 aprile, a Londra. «Ma noi non siamo uno stato canaglia», ha già risposto il quotidiano Der Standard. E il cancelliere Faymann conferma anche con Sarkozy: «Il segreto bancario non impedisce al nostro Paese di cooperare con le autorità straniere in materia di crimini fiscali». Giù le mani dal totem, allora. Il segreto bancario è stato forse la chiave d’accesso ai mercati dell’Est, quando l’Austria era la frontiera. Capitali in arrivo e poi dirottati negli investimenti in Ucraina, Ungheria, Romania, Polonia, Bulgaria, Croazia. Nel nuovo quartiere dei ministeri economici hanno già preparato il dossier con le risposte. «Noi abbiamo tutte le informazioni e non avremmo nessun problema a trasferirle a chi ha l’autorità di chiederle». Giro di parole per far capire che «qualche adattamento tecnico, per venire incontro alle richieste, in particolare di Germania e Francia, ci potrebbe anche essere». Ma questa è l’Austria delle banche e dei ministeri, l’Austria che vuol continuare a presentarsi felix, sa governare gli alti e i bassi dell’economia, resta in cima alle classifiche per occupazione e reddito, ha un welfare che nasconde bene miserie e povertà. Questa settimana, per dire, le Poste chiudono 293 sportelli su 1300, solo in Tirolo 50 su 139. E al valico del Brennero i Tir da e per l’Est Europa sono calati, in febbraio, del 23%: 78 mila in meno. Eppure un sondaggio dell’agenzia Omd dice che solo il 23% degli 8 milioni di austriaci ha la percezione della crisi. A novembre erano parecchi di più, il 31%. «Io conosco bene la Carinzia - dice Giancarlo Galan, il Governatore del Veneto-: fa parte dell’Euroregione con noi, il Friuli, la Slovenia e la Croazia. Siamo paesi di frontiera tra la vecchia e la nuova Europa, dove il transito di merci e idee è e sarà sempre più frequente. Anche in tempo di crisi restiamo regioni dall’economia forte». In Carinzia, la regione che fu di Jörg Haider e resta agli eredi, la disoccupazione è aumentata del 30%, più che a Vienna (+7,4%) e meno che nell’Alta Austria (+44,2%). Percentuali grosse, ma su numeri reali piccoli. I disoccupati, con un +23% sul febbraio 2008, sono 360 mila. Però ci sono, i disoccupati. «Con il crollo delle assunzioni di lavoratrori interinali - osserva Antonio Ventresca, direttore dell’Istituto Italiano per il Commercio Estero - aumenta la quota dei giovani senza lavoro». O degli immigrati che non lo trovano più, mentre stipendi e potere d’acquisto dei lavoratori austriaci al momento la crisi manco li sfiora. In attesa di dati ufficiali il ministero del Turismo conferma che a Vienna i pernottamenti negli ultini quattro mesi sono aumentati e a Salisburgo il turismo d’alta fascia ha regalato un inverno da tutto esaurito. Insomma, crisi o non crisi, è l’Austria che si racconta nei secoli felix. Poi basta allontanarsi dalla Cripta dei Cappuccini e dal Duomo di Vienna, camminare un quarto d’ora e arrivare al 73 di Neustiftgasse, e se ne incontra un’altra. Quella che dalle 8 del mattino alle due del pomeriggio frequenta i Sozialmarkt, passati da quattro a dieci in città, i tristi supermercati dove non si butta via niente, «distribuire è meglio che distruggere». Entra e compra chi ha la tessera da povero viennese, uno stipendio da meno di 800 euro al mese. Pavimento di linoleum, luci al neon, mattonelle finte e dipinte alle pareti. E coda all’ingresso. Immigrati, certo. Ma la maggioranza è di donne bionde e viennesi. Forse è qui, o solo qui, che si vede la crisi che già c’è. Ingrid ha 54 anni, le occhiaie di chi vive malaccio, il piercing al naso, un passato da interprete con vacanze a Jesolo. «Vengo tutte le mattine». Prezzo massimo un euro per un chilo di pasta, 50 centesimi i crauti. 30 per il brodo in polvere, 10 centesimi per una zuppa di pomodoro in scadenza domani. Stesso prezzo per un cd dei Ricchi e Poveri, che non scadono mai. Il tè al limone scade oggi, è gratis. Alle due, scaffali vuoti e Ingrid che ha i sacchetti pieni. «Per noi poveri è meglio fare le scorte». Perché bisogna essere molto prudenti, in Austria, in questi giorni... Stampa Articolo