Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  marzo 06 Venerdì calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 9 MARZO 2009

Intorno alle 22 di mercoledì 21 gennaio, a Roma in via Andersen (zona popolare del Quartaccio, vicino Primavalle), una casalinga di 41 anni di ritorno dalla visita in ospedale al compagno scende al capolinea del bus 916. Fatti pochi passi viene assalita da due uomini che prima la trascinano lungo la rampa che porta a un garage, poi la scaraventano nel cespuglio che fiancheggia una recinzione di metallo, infine la stuprano. Ecchimosi in tutto il corpo, i vestiti a brandelli, quella che d’ora in poi chiameremo Luisa racconta ai primi soccorritori: «Uno dei due mi ha afferrata per il collo e mi ha stretto forte la mano sulla bocca. Ho sentito il sapore del sangue che mi colava dal naso, e i vestiti che l’altro uomo mi strappava. Parlavano straniero e non ho capito nulla di quello che si sono detti». [1]

Intorno alle 18 di sabato 14 febbraio, a Roma in via Latina (zona dell’Appio), una ragazza di 14 anni (che chiameremo Alice) e il suo fidanzatino di 16 (Mimmo) stanno festeggiando San Valentino. A un certo punto vengono avvicinati con la scusa di una sigaretta da quelli che sembrano essere due stranieri dell’Est. I quattro percorrono assieme una settantina di metri fino all’ingresso della scuola calcio ”De Rossi”, poi uno degli stranieri dice di avere una pistola, l’altro estrae un taglierino e i due adolescenti vengono prima rapinati di soldi (20 euro lui, 70 lei) e cellulari, poi spintonati dentro il parco pubblico della Caffarella dove Alice viene violentata e Mimmo costretto a guardare. [2]

Quando è finita, i due ragazzi escono sconvolti dal parco. Arrivati al n.8 di via Amedeo Crivellucci, vengono notati dalla barista Alessandra Bruni (24 anni): «Li ho visti qui fuori, camminavano in silenzio, erano come inebetiti. Sono uscita e ho visto che la ragazza era senza calze nonostante il freddo e aveva le gambe insanguinate. Non piangeva, era come inebetita. L’ho portata nel bar, le ho buttato una coperta addosso, le ho offerto un bicchiere d’acqua. Poi le ho medicato i due graffi, che forse si era fatta coi rovi. Ci hanno aggrediti, ha detto. Le ho chiesto se era stata violentata e lei ha annuito. Ho chiamato subito l’ambulanza e la polizia. Lui restava zitto. Sembravano due liceali qualsiasi, lei piccola, bruna, minuta...». [2]

Alice è uno scricciolo ma ha un carattere d’acciaio e già nel pomeriggio del 15 febbraio lavora con i tecnici della scientifica. Per arrivare all’identificazione degli aggressori partono dai 700 stranieri controllati in passato nei parchi della città (lo chiamano ”l’album dei parchi”). Confrontando i tratti somatici con gli identikit, restringono il campione a 12 foto, poi le mostrano ad Alice, che giunta alla settima punta il dito: « lui». Poi scoppia in lacrime: «Non fatemi più vedere quella faccia». La faccia è quella di un biondino ventenne, romeno di etnia ungherese proveniente da Fagaras, uno dei gioielli della Transilvania, 39 mila abitanti, reddito medio sotto i trecento euro al mese. [3]

Il ”biondino” viene arrestato il 17 febbraio alla fermata della metro di Monte Mario (Roma). In Italia dal 2006, ha almeno quattro alias: ”Alexandr Loais Isztoika”, ”Loaios Isztoika”, ”Loyos Iszoika”, ”Laios Stoika”. Girovago tra Primavalle, La Storta, Ottavia (periferia nord della capitale), è stato arrestato una prima volta il 27 settembre del 2007: rapina e lesioni. Tornato in libertà, dopo tre giorni è finito nella caserma dei carabinieri di La Storta, denunciato a piede libero per ricettazione. Altri dieci giorni e l’11 ottobre i carabinieri di Ottavia l’hanno arrestato in flagranza per furto aggravato. Condannato a due mesi e 20 giorni di reclusione (il 9 dicembre 2007 dal Tribunale di Roma), li ha scontati. Tornato in libertà, il 3 febbraio 2008 è stato nuovamente arrestato in flagranza per furto. Condannato a cinque mesi, stavolta non li ha scontati. [4]

Colpito da un decreto di espulsione emesso dal prefetto di Roma «per motivi imperativi di pubblica sicurezza», il biondino è arrivato a Bologna seguendo la riffa che tocca ai cittadini comunitari trattenuti dalle questure che non dispongono di Centri di identificazione ed espulsione (Cie): qui, il 15 luglio è stato ”salvato” da un giudice onorario del tribunale civile che ha annullato il provvedimento d’espulsione. Motivo: arresti, denuncia e condanna «non appaiono sufficienti ad integrare l’ipotesi della minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero dell’incolumità pubblica, e tale da determinare l’ulteriore permanenza sul territorio incompatibile con la civile e sicura convivenza». [5]

La confessione del biondino arriva alle 2 di mattina del 18 febbraio nella saletta Calipari della Questura di Roma. Attorno a un tavolo circolare di cristallo ingombro di fogli siedono sette persone: oltre al presunto stupratore ci sono il capo della Mobile Vittorio Rizzi con due funzionari (un uomo e una donna), il pubblico ministero Vincenzo Barba, un poliziotto romeno che fa anche da traduttore e l’avvocato d’ufficio Valentina Angeli, che lavorando per un’associazione che difende i diritti delle vittime di abuso (’Differenza donna”) di cui fa parte anche la psicologa che ha assistito Alice nel riconoscimento lascerà poi la difesa per incompatibilità. [6]

Al pm che dice «lei ha diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere e dunque le chiedo: intende rispondere alle domande?», il biondino risponde «No». Poi, mentre tutti si accingono a lasciare la stanza, ci ripensa: «Va beh, è uguale, lei mi fa domande e io rispondo». «No. lei che mi racconta e decido io quando farle le domande». «Va bene». [7] La confessione è registrata in un video: «Siamo stati noi... Doveva essere solo una rapina ma poi ci siamo accorti che la ragazza era molto carina». «Ma perché l’hai stuprata?». «Per dispetto». Il romeno fa anche il nome del complice: Karol Racz. «Siamo arrivati lì in autobus nel pomeriggio. Stavamo camminando nel parco senza un motivo. Avevamo bevuto diversi bicchieri. Poi abbiamo visto quei due ragazzi sulla panchina che si baciavano. Attorno non c’era nessuno». [8]

Anche Racz, ”faccia da pugile”, 36 anni, viene da Figaras. «Ho vissuto sempre in un orfanotrofio. Non ho moglie, non ho figli, non ho nessuno. Sono venuto in Italia tre anni fa, ho vissuto un po’ a Livorno e poi sono tornato all’estero. Un anno e mezzo fa sono rientrato a Roma». [9] Vive nel campo nomadi di via Cesare Lombroso a Torrevecchia, per tirare avanti fa piccoli lavoretti di pulizia tra le roulotte. Lo descrivono come «un tipo gentile, tranquillo, addirittura un po’ effemminato». [10] La polizia lo cattura alla periferia di Livorno: trovato rifugio nel campo degli Halilovic, starebbe cercando di raggranellare i soldi del traghetto per la Spagna raccogliendo ferro a 10 euro al giorno. [11] Da subito respinge ogni accusa: «Io queste cose non le faccio, per carità, non le ho mai fatte». [12] E poi: «Ho un alibi, tanti testimoni possono testimoniare che il pomeriggio ero nell’accampamento». [13]

Dopo tre giorni ritratta anche il biondino: «Le dichiarazioni mi sono state estorte con violenze e pressioni psicologiche». [13] La settimana scorsa si viene a sapere che i test comparativi tra i reperti biologici trovati addosso alla vittima e i profili genetici dei presunti stupratori hanno dato esito negativo. Alice continua a non avere dubbi: «Per me sono loro». Le testimonianze dei due ragazzi avvalorano però l’ipotesi di uno scambio di persona: hanno riferito di frasi pronunciate in italiano, ma Racz non conosce la nostra lingua; la prima descrizione disegnava il volto di «un uomo con i capelli lunghi e il naso schiacciato», ma nessuno dei due romeni arrestati corrisponde a questo identikit ed un video girato dalla polizia durante un controllo effettuato nei giorni precedenti l’arresto mostra che non hanno modificato i connotati. [14] L’avvocato di Racz: «La vittima ha parlato di un giovane alto circa un metro e 75 mentre il mio assistito non raggiunge il metro e 55». [15]

Oggi si riunisce il Tribunale del Riesame che dovrà decidere se scarcerare i due romeni. Nonostante il test del dna abbia dimostrato che non hanno violentato Alice, tutto fa pensare che non lasceranno Regina Coeli. Guido Ruotolo: «Se Alexandru non è lo stupratore della Caffarella è pur vero che durante la sua confessione ha fornito particolari che la polizia in quel momento non conosceva, e che ad una verifica successiva sarebbero stati confermati». [16] Giovanni Bianconi: «Alla domanda su come avesse approcciato la ragazzina violentata, Isztoika ha risposto di averle detto: ”Ciao, bella”. Subito i poliziotti hanno chiamato la vittima a casa, e lei ha riferito di ricordare l’espressione ”bella”. un particolare, ma come questo ce ne sarebbero altri». [17]

Se il biondino sa nei dettagli che cosa è accaduto vuol dire che ha assistito alla violenza o che il vero stupratore glielo ha raccontato, di qui l’accusa di favoreggiamento. [16] Bonini: «Se Loyos, come vuole inoppugnabilmente il test del dna, non è responsabile dello stupro della Caffarella, e non è neppure l’uomo che, mentendo, copre gli autori della violenza, Loyos allora è un calunniatore. E per un calunniatore le porte del carcere si possono richiudere nello stesso momento in cui vengono aperte. Se Racz non è, come altrettanto inoppugnabilmente vuole il test del dna, complice di Loyos nello scempio della Caffarella, il suo riconoscimento (successivo al suo arresto) quale uno degli stupratori di Primavalle, giustifica, se liberato, un suo ritorno in carcere. Per un’altra vicenda, certo. Ma di stesso segno e violenza». [18]

In un primo momento Luisa ha riconosciuto in Racz uno dei due suoi stupratori. Fiorenza Sarzanini: «I due sono stati messi a confronto e la vittima avrebbe affermato: ” molto molto molto molto somigliante”. Nell’ordinanza si evidenzia che ”lo ha detto quattro volte e dopo è svenuta”». [19] Negli ultimi giorni, però, sono sorti molti dubbi: «La somiglianza è forte, ma non posso essere sicura perché era buio e loro avevano un cappuccio». Intervistata giovedì da Annozero, Luisa ha detto di non essere più sicura: «Racz è molto somigliante ma non potrei giurarci e finché non sarò sicura al 100 per cento non dirò mai che lo sono». [20]

Il test del dna scagionerebbe Racz anche per quest’accusa. Fulvio Milone: «L’esame avrebbe consentito di ricostruire un solo profilo: non di Racz ma, sembra, di un egiziano. La donna, ascoltata in questura, ha spiegato che quello stesso giorno, alcune ore prima dello stupro, aveva effettivamente avuto un rapporto sessuale con quell’uomo. ”Dopo l’aggressione - avrebbe aggiunto - mi sono lavata alla meglio con una bottiglia di acqua minerale”. Già, ma com’è possibile che l’acqua abbia cancellato le tracce degli stupratori e non quelle del suo compagno?». [21]