Maurizio Molinari, La Stampa, 6/3/2009, 6 marzo 2009
Obama, capelli grigi dopo solo 44 giorni- A 44 giorni dall’insediamento alla presidenza Barack Obama ha i capelli grigi
Obama, capelli grigi dopo solo 44 giorni- A 44 giorni dall’insediamento alla presidenza Barack Obama ha i capelli grigi. una sorte analoga a quella subita dai predecessori ma a ritmi accelerati. I capelli castani di Bill Cinton iniziarono a imbiancarsi infatti dopo due anni di presidenza mentre nel caso di George W. Bush la svolta avvenne nel 2002, circa sei mesi dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre. A rendere di pubblico dominio la trasformazione del presidente è stato il «New York Times» di Bill Keller mettendo in prima pagina una foto che parlava da sola, accompagnata dalla testimonianza della fotografa Deborah Willis, coautrice di un libro fotografico su Obama frutto della selezione fra oltre 5000 scatti, secondo cui «il colore grigio si è affacciato fra la fine della campagna e l’inaugurazione». Il primo a reagire è stato Zariff, il barbiere di Hyde Park a Chicago dove Obama va da 15 anni, chiedendo sempre lo stesso taglio «quo vadis» stando seduto su una poltrona nera con vista su un megaposter di Mohammed Ali. Zariff assicura che «Obama non fa mai tinture» e dunque il colore è stato, ed è, «naturale al 100 per cento». Sarebbe di conseguenza da escludere che Obama imiti l’esempio di quei leader stranieri che si ritoccano i capelli, in una maniera o nell’altra. Accertato il nuovo look, l’interrogativo che tiene a banco è su tempi e cause di tanta velocità nell’apparizione dei capelli bianchi in un uomo di 47 anni che grazie alla passione per lo sport - surf e basket anzitutto - è titolare di un corpo da sex symbol. Michael Roizen, co-fondatore del sito «RealAge» che misura l’invecchiamento provocato da stress, fumo o bere, assicura che la «regola dei presidenti degli Stati Uniti» è che «invecchiano il doppio ogni anno», è come se ogni giorno durasse 48 ore. Per Obama la data di inizio di questo periodo non sarebbe però il 20 gennaio, quando per la prima volta si è seduto nello Studio Ovale, risalendo piuttosto a oltre due anni fa, all’inizio di quella che è stata la più lunga campagna elettorale dell’ultimo secolo. Fu proprio Barack, durante un comizio della scorsa estate in Virginia, a dire: «Corro per fare il presidente già da 19 mesi e la gente mi dice che ho più capelli grigi rispetto a quando ho cominciato». L’invecchiamento precoce sarebbe incominciato a causa dello stress accumulato nell’interminabile sfida delle primarie con Hillary Clinton e continuato nell’estate per colpa dell’irascibile John McCain con l’effetto di far arrivare Barack già molto segnato all’appuntamento con la gestione simultanea della recessione e di due guerre, accelerando l’avvento della stagione del «sale e pepe». Ma non tutti sono d’accordo con questa interpretazione. Per il «Los Angeles Times» e il «Chicago Tribune» infatti si tratterebbe di un «fenomeno ereditario» mentre il sito dei gossip di Hollywood «Tmz» ritiene che i capelli grigi risalgano al 2002 o, forse, ci sono sempre stati. Mentirebbe dunque Zariff quando nega l’uso di tinture. Ad avvalorare quest’ultima interpretazione è l’«Huffington Post», lettura obbligata dei liberal, che ricorda «capelli grigi a partire dalla Convention di Boston del 2004» quando Barack si presentò all’America. Per la blogosfera conservatrice invece la ragione è tutt’altra: «A far venire i capelli bianchi a Barack è stata Sarah Palin». Fra i molti ventenni dello staff della Casa Bianca il tema è top secret ma c’è chi collega lo «stress del capo» alle preoccupazioni per la solitudine delle figlie Malia e Sasha, alle quali forse non a caso è stata appena regalata una casetta di legno con scivoli e altalene, fatta appositamente venire dal South Dakota. A Capitol Hill invece un veterano di Washington come il senatore democratico Robert Byrd, che di anni ne ha 91 e di tensioni politiche se ne intende, fa coincidere i capelli grigi con il crescente nervosismo di un presidente a tal punto impaziente di risultati e scontento dei propri ministri da aver deciso di nominare una raffica di «Zar» per far gestire a stretti collaboratori della Casa Bianca sei portafogli che scottano: energia-clima, sanità pubblica, affari urbani, economia, riforma dei regolamenti e sorveglianza dell’operato del governo.