Klaus Davi, Panorama, 5 marzo 2009, 5 marzo 2009
KLAUS DAVI PER PANORAMA 5 MARZO 2009
Sesso & potere La casta che si dice casta. La maggioranza dei parlamentari non risponde e gli altri negano tradimenti, Viagra, rapporti omo e a pagamento. Dobbiamo credere che non si pecca nelle Camere?
Casta di nome e di fatto. In Italia politica e sesso non vanno a braccetto. O almeno è quanto vogliono far credere i parlamentari. Infatti, si indignano se si chiede loro qualcosa che riguardi il privato. La prova? Le reazioni al questionario, compilabile anche in forma anonima, distribuito per conto di Panorama a 956 tra deputati, senatori e sottosegretari.Molti membri del Parlamento si sono sentiti offesi solo dal vedersi rivolgere domande cui invece si sottopongono leader e capi di stato esteri, come José Luis Zapatero (che ha per esempio dichiarato di fare sesso anche in campagna elettorale), Tony Blair (che ha rivelato piccanti aneddoti dei suoi rapporti con Cherie nel corso delle visite di stato) o il coming out di politici come Karoutchi, Wowereit, Westerwelle e Delanofi.
Dei parlamentari italiani solo 207 hanno accettato di affrontare l’argomento, contando risposte scritte e telefoniche. Il sex appeal sembra non contare nei palazzi del potere. Il partito dei casti e puri si rivela il più trasversale di tutti. Le reazioni? Davvero le più disparate. C’è che si rifiuta platealmente di rispondere, come il senatore Stefano Ceccanti (Pd), che ha annunciato al Giornale di aver distribuito (scandalizzato) il questionario ad amici e conoscenti per dimostrare come la politica voyeuristica sia caduta in basso.
Anche Ermete Realacci (Pd) e Fabrizio Cicchitto (Pdl) dichiarano all’unisono di non essere disposti a rispondere a domande sul sesso. No comment da Barbara Saltamartini (Pdl), Antonello Cabras (Pd), Piergiorgio Stiffoni (Lega) e Gianvittore Vaccari (Lega). Il rifiuto bipartisan arriva anche da Marialuisa Gnecchi (Pd) e Gaetano Pecorella (Pdl). Alcuni onorevoli, pur contrari a simili domande, hanno «concesso» qualche giudizio generale sul rapporto tra sesso e politica.
Anna Cinzia Bonfrisco (Pdl) è fermamente convinta che scrutare le abitudini sessuali faccia parte di un voyeurismo morboso. Il leader dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri (che non ha voluto rispondere al questionario) di fatto si era già pronunciato sul tradimento durante un’intervista su Youtube: «Dichiarare di essere stati fedeli alla propria moglie per tutta la vita è una forte assunzione di responsabilità» aveva detto.
Marco Marsilio (Pdl) fatica a comprendere l’interesse di pubblica utilità di tali informazioni. Se Carlo Monai (Idv) si appella scherzosamente al «quinto emendamento», Maria Coscia (Pd) si dichiara addirittura scandalizzata dalle domande.
Il tema del tradimento resta spinoso tra Palazzo Madama e Montecitorio. Se varie ricerche sociologiche stimano la percentuale di tradimento nella società contemporanea tra il 30 e il 40 per cento, con un tasso di divorzio e separazione in Italia molto alto (+51,4 per cento, passando da 32.717 a 49.534 coppie rotte dal 1996 al 2006), il Parlamento sembra essere un’isola felice di assoluta e gratificante fedeltà. Possibile? I rappresentanti del popolo italiano non rappresentano dunque il popolo?
Ad ammettere di tradire a denti stretti è solo il 9 per cento degli intervistati, tutti fra l’altro anonimi. Insomma, un’aura di vera e propria santità sembra aleggiare sulla politica di casa nostra.
Nella sparuta minoranza dei traditori conclamanti, solo il 30 per cento delle donne ammette l’infedeltà. Il resto sono uomini. Si tradisce più alla Camera che al Senato, con il 65 per cento dei deputati (che peraltro sono il doppio dei senatori) traditori o ex traditori. Alberto Filippi (Lega) ha dichiarato di aver tradito soprattutto durante l’adolescenza, mentre Giuliano Cazzola (Pdl) si definisce un ex traditore che soffre di solitudine.
Lapidario Pierpaolo Baretta (Pd): «Non vedo di buon occhio i traditori e i puttanieri». Adamantina Maria Coscia (Pd): «Sono una bigotta perfetta».
Assolutorio invece Domenico Nania (Pdl): «Il tradimento è un comportamento proprio dell’essere umano».
Possibilista Anna Paola Concia (Pd): «Mi è capitato di tradire, non lo ritengo il peccato più terribile». Pungente Rossana Boldi (Lega): «Se un uomo si giustifica dicendo che non è capace di stare 48 ore senza esercitare un atto sessuale, allora racconta una barzelletta».
Archiviato il tema tradimento, si passa al vero tabù della politica italiana: l’omosessualità. A parte l’outing di Paola Concia, la serrata è pressoché totale. Solo alcuni (rigorosamente anonimi) dicono di aver provato qualche desiderio o simpatia per persone dello stesso sesso, senza però aver mai consumato un vero e proprio rapporto.
Insomma, se l’Organizzazione mondiale per la sanità stima che sia gay un 5 per cento della popolazione, le due Camere si barricano dietro un’immagine di intransigente eterosessualità.
E benché Vladimir Luxuria e Franco Grillini si ostinino a dichiarare di aver ricevuto proposte indecenti tra gli scranni di Montecitorio, qui davvero non ve ne è traccia alcuna.
Quanto agli «aiutini chimici», i parlamentari sono a dir poco reticenti, come sul resto. Sepolcri imbiancati o casta realmente casta? In Italia nel 2007 sono state vendute oltre 15,6 milioni di pillole di Viagra, Cialis e simili, ma gli eletti, ancora una volta, sembrano essere ben sotto la media nazionale. Solo il 10 per cento rivela di fare uso di coadiuvanti chimici. Non escluderebbero di ricorrere alla pillola in caso di necessità Carlo Giovanardi (Pdl), Antonio Borghesi (Idv) o Pierpaolo Baretta (Pd).
Altra nota dolente, la frequenza dei rapporti. Solo il 4,5 per cento di deputati e senatori si dichiara pienamente soddisfatto della propria vita sessuale. Aldo Di Biagio (Pdl), Domenico Scilipoti (Idv) e Lucio Malan (Pdl) sono i pochi fortunati che affermano di fare sesso più di cinque volte a settimana. Spesso la mancanza di tempo e la lontananza da casa incidono negativamente su questo aspetto della vita, come spiega Alberto Filippi (Lega) che, come tanti colleghi, può vedere la compagna solo nel finesettimana.
Il 13 per cento degli interpellati è invece appagato da una «normale vita coniugale», come dichiara Mario Cavallaro (Pd), che parla di «piacevole sesso domestico».
Qualche cenno di sincerità sul fronte del sesso virtuale. I siti porno, per esempio, non rappresentano di per sé un tabù, ma certo non vanno frequentati in Parlamento, come dichiara Stefano Saglia (Pdl). Paola Concia (Pd) li ritiene particolarmente noiosi.
Sul tema della prostituzione, poi, il Parlamento alza un muro invalicabile. Tutti gli intervistati negano categoricamente di avere avuto o di desiderare un rapporto sessuale a pagamento. Anzi, c’è chi ci scherza su come il senatore Filippi (Lega) che dichiara: «Nessuno mi ha mai pagato per fare sesso». E chi, come Giampaolo Vallardi (Lega), descrive il «sesso a pagamento come l’anticamera della disperazione». Gaetano Pecorella non smentisce i suoi esordi con una prostituta, «tanti, tanti anni fa». Fa dietrofront, invece, il senatore Filippo Berselli (An), che pure aveva decantato i suoi esordi erotici fra le ovattate pareti di una casa chiusa, e ora fa sapere: «Scherzavo».
Puritano, bigotto, chiuso, lontano dalla leggerezza e dalla franchezza dei politici e dei leader alla guida dei principali paesi europei, il Parlamento italiano non supera l’esame della trasparenza, almeno sotto le lenzuola. Perché sorprenderci, l’ipocrisia quando si entra nel campo delle scelte individuali impera. Nel nome della privacy, deputati e senatori si trincerano dietro un (dis)onorevole silenzio. Caso unico fra le democrazie moderne, per i nostri parlamentari il privato non deve essere politico.