Giorgio D’Aquino, Avvenire 4/3/2009, 4 marzo 2009
MILLE EURO L’ANNO IL COSTO A TESTA DELLE CORRUZIONE
Loro corrompono, noi paghiamo. La corruzione in Italia diventa, riversata sui cittadini, una tassa vera e propria: più o meno 1.000 euro l’anno a testa, inclusi i neonati. il peso economico di questa piaga che in Italia arriva a costare tra i 50 e 60 miliardi di euro l’anno. Il dato emerge dal primo rapporto inviato al Parlamento dal Servizio anticorruzione e trasparenza (SAeT), istituito lo scorso ottobre presso il dipartimento della Funzione pubblica, dopo la soppressione dell’Alto Commissario per il contrasto alla corruzione.
«L’impatto economico della corruzione è molto alto, – si legge nell’indagine – è una tassa immorale ed occulta pagata con i soldi prelevati dalle tasche dei cittadini, che erode e frena lo sviluppo economico ». Ma le conseguenze non sono solo di carattere economico: «La corruzione – si legge oltre – ha un impatto ancora maggiore sul piano dell’immagine, della morale, della fiducia; un costo non monetizzabile che rischia di ostacolare gli investimenti esteri in Italia, di uccidere la fiducia nelle istituzioni e rubare la speranza nel futuro alle generazioni di giovani, cittadini ed imprese». Negli anni 2004-2008, quelli presi in considerazioni dal rapporto, la «corruzione scoperta» (misurata dalle denunce di reati contro la pubblica amministrazione) presenta una stabilità di fondo: circa 3.000 reati l’anno, con un picco oltre i 5.000 solo nel 2006 e una leggera flessione nell’ultimo biennio. La tipologia di denuncia di reato più consistente (32 per cento del totale) riguarda la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. «Si tratta – sottolinea il Servizio anticorruzione – di una categoria di reato ascrivibile ai reati contro il patrimonio della pubblica amministrazione, e questo dato fotografa molto probabilmente la crescente attenzione della criminalità organizzata volta a trarre un vantaggio illecito dai finanziamenti pubblici». Se a questa tipologia si aggiungono i reati per danno all’integrità economica della pubblica amministrazione compiuto da privati si arriva a contabilizzare il 47 per cento del totale dei reati. I reati contro la pubblica amministrazione sono definiti un ’settore criminale’ che non ha subito particolari trasformazioni sotto il profilo quantitativo: questo spiega la relativa stabilità della dimensione complessiva di quella che potrebbe essere definita come ’corruzione scoperta’. Tra le prime 5 regioni per numero di denunce di reati collegati ai fenomeni corruttivi compaiono ben 4 regioni del Sud Italia: la Sicilia (13,0 per cento del totale delle denunce), la Campania (11,46%) e la Puglia (9,44%) e la Calabria (8,19%). L’unica regione del Nord è la Lombardia (9,39% del totale delle denunce). Tra le 5 regioni con il minor numero di denunce la Valle d’Aosta (0,5% del totale delle denunce), la Liguria (2,06%), Il Friuli Venezia Giulia (2,08%) ed il Trentino Alto Adige (2,13%). L’unica regione del Sud è il Molise (1,23% del totale delle denunce). Il Lazio sede delle amministrazioni centrali si colloca in una posizione intermedia (settimo, al 6,67%).
Nel documento sono individute anche strategie per contrastare il fenomeno. «Tra gli elementi per combattere la corruzione – scrive – ce ne sono tre più importanti di altri: volontà politica, pressione dell’opinione pubblica e strumenti tecnici per analizzare, valutare e trattare il rischio di corruzione». «Il SAeT – conclude il rapporto – se potrà disporre di adeguate risorse, si candida a gestire la parte tecnica ed individuare, anche in collaborazione con altri soggetti, gli strumenti per risvegliare la pressione e la passione dell’opinione pubblica italiana (quella internazionale è già molto forte). Si renderà necessario non solo individuare le risorse per promuovere la lotta alla corruzione, ma anche una riflessione profonda ad ampio raggio. La corruzione passa anche attraverso una rivisitazione del sistema di finanziamento dei partiti, la riaffermazione dei principi dell’integrità e dell’etica pubblica».