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 2009  marzo 05 Giovedì calendario

Quando si ha un nome come Altan o si diventa supereroi dei fumetti o i fumetti li si disegna. Francesco Tullio Altan, sessantasei anni, trent’anni di carriera da vignettista alle spalle

Quando si ha un nome come Altan o si diventa supereroi dei fumetti o i fumetti li si disegna. Francesco Tullio Altan, sessantasei anni, trent’anni di carriera da vignettista alle spalle. Un tratto personalissimo fatto di sinuose curvilinee che si è mescolato fin da metà anni ’70 all’avvento del fumetto e poi della satira: Trino (su "Linus" 1974), la Pimpa (nel "Corriere dei Piccoli" 1975), Cipputi (1976). Icone dell’attualità in continuo sommovimento che si possono riassumere nelle celebri vignette con al centro i due omini dai nasi arrotolati che presto diventeranno segno grafico di un umorismo sagace e riflessivo, prima presenza settimanale su Espresso e Panorama, infine tappa quotidiana su La Repubblica . Partiamo da una topica del suo disegno: quella dell’ombrello che solitamente uno dei suoi due protagonisti infila nel sedere all’altro. La prima volta dell’ombrello fu su Tango . Se non ricordo male credo si trattasse di un commento ad un "incarico esplorativo" dei governi pentapartitici. I particolari, però, non li ricordo. Sono vent’anni che lo disegna: agli italiani sembra piacere quest’ombrello tra le chiappe? No, anzi, non lo amano per niente, ma cosa vuole mai, succede. Altro suo storico personaggio: Cipputi. Dopo tutti queste mutazioni del mondo operaio è lecito chiedersi se esiste ancora. Cipputi è nato in un momento di grande forza e visibilità del movimento operaio. In questo senso il panorama è cambiato e dev’essere cambiato un po’ anche lui. Ma credo che Cipputi, come ha scritto una volta Vittorio Foa, sia da considerare l’uomo che lavora, quindi non solo in fabbrica: di Cipputi ce ne sono milioni. Com’è nata l’idea di usare persone comuni come protagoniste delle sue vignette? A parte il cavalier Banana, che è un caso speciale, l’idea è nata dal fatto che ho sempre considerato inutile prendersela con questi personaggi che fanno politica: primo, a loro non gliene importa niente; secondo, perché questi politici stanno lì perché qualcuno ce li ha messi, magari votandoli. Il problema quindi è nostro, come cittadini comuni, ed io ci sto dentro come tutti gli altri. Si è mai autorappresentato in qualche vignetta? Dal punto di vista fisico no. Che tipo di esperienza professionale è la collaborazione con "La Repubblica"? Dopo anni di lavoro per mensili e settimanali, la differenza sostanziale è che la vignetta va in prima pagina ed ha riferimenti diretti con quello che succede quotidianamente. Anche se io non disegno tutti i giorni perché non riesco ad avere quel tipo d’impegno durissimo per stare sui fatti del giorno. Disegno rifacendomi più sull’aria del tempo. E poi non ho un rapporto di redazione: quando mi viene in mente qualcosa lo disegno e lo spedisco. Com’è mutata dai suoi esordi quest’"aria del tempo" che descrive? E’ sempre più sfinita. Ho cominciato nel ’74 con tutti gli eccessi e i disastri del caso, ma c’erano un sacco di entusiasmi e di speranze che non intravedo. Le riviste non ci sono più, si sono esauriti certi movimenti culturali e una capacità di lavoro collettivo. Le riviste più riuscite, dal Male in poi, nascevano tra gruppi di persone che si davano energia l’un l’altro. Qualche colpevole di questa estinzione? Difficile dirlo. Sono sentimenti collettivi che dipendono molto da una serie di passi indietro, di bocconi ingoiati, di mancanza di una vera prospettiva politica per il futuro. Con il suo fumetto oggi in Italia le sembra di fare satira? Questa parola contiene un sacco di significati diversi. Ognuno ha la sua maniera per esprimersi: chi aggredisce, chi commenta, chi va a testa bassa. E’ una parola generica che copre attività diverse. Al di fuori del fumetto ci sono dei singoli che fanno, come cerco di fare io, del loro meglio. Penso ai fratelli Guzzanti che trovo bravissimi ma ho l’impressione che quello televisivo sia un mezzo che fa consumare lo spunto artistico molto in fretta. Mentre la scrittura e il disegno danno un tempo di fruizione più lungo e meditato. Attorno alla satira si è scatenata ultimamente come non mai la censura... La cosa che dà fastidio ai censori è che in mezzo alle battute che pesano passa informazione vera. Ha mai ricevuto querele? Sì, una, tempo fa, per una vignetta in cui scrissi Mediaset al posto di Fininvest. In tribunale sono molto attenti per questi particolari. Con le sue vignette commenta l’attualità: come ne usciamo da una crisi che più di tutte sembra essere culturale? Speriamo di uscirne con qualche cambiamento di sostanza. Si chiacchiera molto, ma devono cambiare i comportamenti, le scelte di fondo della politica. Pensate solo alle forti resistenze di fronte alla questione ecologica fondamentale per uscire dall’impasse attuale.