Gianni Fregonara, Corriere della Sera 05/03/2009, 5 marzo 2009
A mali estremi, estremi rimedi. Così ieri Gianfranco Fini ha presentato il sistema antipianisti, cioè il voto con impronta digitale (tecnicamente non impronte ma «minuzie », cioè solo alcuni dettagli della mano) che martedì prossimo alle 18 verrà inaugurato dai deputati
A mali estremi, estremi rimedi. Così ieri Gianfranco Fini ha presentato il sistema antipianisti, cioè il voto con impronta digitale (tecnicamente non impronte ma «minuzie », cioè solo alcuni dettagli della mano) che martedì prossimo alle 18 verrà inaugurato dai deputati. « un sistema di cui sarebbe bello se non ci fosse stato bisogno, nel senso che al male estremo del dilagare di un comportamento che aveva destato tante giuste polemiche era giusto porre un rimedio», ha spiegato il presidente della Camera, che ieri ha lasciato le sue impronte. In realtà, all’appello mancano ancora poco più di cento deputati, compreso Silvio Berlusconi, che però hanno tempo fino a lunedì per prendere il nuovo tesserino e lasciare il loro segno digitale. Martedì, ha annunciato Fini, verranno resi noti anche i nomi dei (per ora) 19 dissidenti: di quei parlamentari che hanno rifiutato di lasciare le loro impronte e continueranno a votare all’antica, cioè con la tessera. Il presidente della Camera minimizza: niente liste di proscrizione per ora. «Il numero di chi ha detto di no è così esiguo che non ci sarà alcun caso politico. Il sistema di voto, ci tengo a dirlo, è stato voluto all’unanimità – ricorda Fini – da tutto l’ufficio di presidenza. I deputati potranno votare soltanto se saranno fisicamente presenti, quindi non ci sarà più la possibilità di votare per altri. Credo che questo rappresenti un momento di moralizzazione e di trasparenza dell’attività della Camera». Ma tra gli illustri dissidenti non ci sono soltanto peones. Ci sono liberali come l’ex ministro Antonio Martino, che ha addirittura scritto a Silvio Berlusconi per protestare e annunciare il suo no alla nuova pratica voluta da Fini. Paolo Guzzanti, annoverato tra gli obiettori insieme a Francesco Nucara, segretario dei repubblicani, parla di «disonore delle istituzioni repubblicane ». Tra i dubbiosi si conta anche Mario Baccini, ex vicepresidente del Senato: «Non sono ancora convinto che sia una procedura che possa avvalorare il ruolo del parlamentare. Il nostro mandato non si può misurare sul numero di votazioni », ha spiegato prendendosi una pausa di riflessione. E la protesta serpeggia tra i leghisti, anche se ieri sera Umberto Bossi ha dato il buon esempio andando a «consegnare» le proprie impronte. Restano sul fronte dei dissidenti Matteo Salvini e Matteo Brigandì. Fini cerca di temporeggiare: fino a lunedì c’è tempo per cambiare idea, poi i nomi verranno pubblicati e soprattutto i deputati senza impronte verranno sorvegliati per evitare che l’invocazione dei principi di libertà e privacy si trasformi in un modo per farla franca. Intanto tutti attendono la verifica del nuovo sistema: funzionerà e non sarà macchinoso, promette Fini, «anzi risparmieremo tutto il tempo che ora si usa per accusare gli avversari di aver votato come pianisti».