Roberto Rombi, la Repubblica 04/03/2009, 4 marzo 2009
Cambio di guardia nel cinema italiano. Negli ultimi tre anni una valanga di nuovi registi ha realizzato il suo primo film
Cambio di guardia nel cinema italiano. Negli ultimi tre anni una valanga di nuovi registi ha realizzato il suo primo film. Secondo i dati forniti dall´Anica, nel 2008, su 123 film prodotti in Italia, il cinquanta per cento è diretto da esordienti. La stessa tendenza nel 2007 (43 su 90) e nel 2006 (57 su 90). « il segno» commenta Riccardo Tozzi, presidente della sezione produttori dell´Anica «di una vitalità ritrovata del cinema italiano. Non c´è più il clima depresso degli anni Novanta e Ottanta, ma un cinema forte che stimola maggiori energie». Quasi un ricambio generazionale dopo che registi di grande prestigio e di lunga carriera come Ettore Scola e Ermanno Olmi hanno dichiarato di non voler fare più film e altri hanno rarefatto il loro impegno. Tra gli esordienti del 2008 quello che ha incassato di più (quasi 7 milioni e mezzo) è l´idolo degli adolescenti Silvio Muccino con "Parlami d´amore", secondo Gianni Di Gregorio con la sorpresa della stagione "Pranzo di Ferragosto" (2 milioni di euro), terzo è Pino Insegno con "Ti stramo" (con 400 mila euro). Tra gli esordienti ci sono anche Alessandro Baricco con "Lezione ventuno", Marco Pontecorvo con "Pa-ra-da", e i registi dei film selezionati per Berlino "Improvvisamente l´inverno scorso" di Luca Ragazzi e Gustav Hofer, per Venezia "Machan" di Uberto Pasolini, per il Sundance "Un altro pianeta" di Stefano Tummolini. Nomi di provenienza e di età diversa, ma il grosso del battaglione degli esordienti è costituito da giovani. «Sono la maggioranza» spiega Tozzi «lavorano con budget bassissimi e in digitale. Quando manca una distribuzione i loro diventano spesso film fantasma con misteriosi circuiti, con sporadiche apparizioni nei festival, bisognerebbe però inventare qualcosa per renderli visibili perché spesso hanno uno straordinario potenziale. Per quanto riguarda la massiccia proposta di nuovi lavori, di sicuro sta avvenendo un ricambio nel nostro cinema perché sempre più si afferma una generazione giovane. E questo è naturale e positivo. Bisogna piuttosto stare attenti che non si crei un ghetto del digitale dove finiscano tutti i nuovi registi. Per quanto riguarda il ricambio generazionale che sta avvenendo, non è che i registi già affermati non lavorano più. Semplicemente ai grandi nomi e alla generazione di mezzo si affiancano i giovani». «La nostra è una scelta consapevole» dice convinta Caterina D´Amico amministratore delegato di RaiCinema, una società che ha sempre investito nelle opere prime «penso che quella di RaiCinema sia una funzione dinamica. Dobbiamo guardare avanti, aiutare e sostenere quei possibili talenti che vogliono esprimersi. Quello che ci interessa promuovere sono i nuovi generi, i temi inconsueti, la sperimentazione e le opere prime fanno parte di questa sperimentazione. Naturalmente non sono tempi questi per investire in modo avventuroso. Bisogna fare le cose su cui si è veramente convinti». Domenico Procacci della Fandango rivendica un primato. «Ho prodotto opere d´esordio fin dagli inizi: prima è stata una necessità, poi è diventata una scelta. Ci appartengono» aggiunge il produttore «due esordi particolari, quelli di Fabrizio Bentivoglio e di Alessandro Baricco, difficilmente paragonabili con i giovani al loro primo film. Ma favorire gli esordi rimane una delle nostre linee guida. Se questa è la tendenza generale, significa che è una buona notizia, l´unico modo per costruire qualcosa. Il ricambio generazionale è davvero un processo naturale e va sostenuto. Sarei preoccupato del contrario, se questo non avvenisse e lavorassero sempre gli stessi registi. E non ci si deve spaventare se questi esordi non portano a incassi immediati, a volte bisogna aspettare. C´è un caso emblematico, quello di Gabriele Muccino che non ha portato a incassi stratosferici al suo esordio. Ma in Italia si dà un valore troppo importante all´aspetto commerciale. Se un film fa intravedere un talento, allora bisogna dare il tempo a questo talento di crescere e di imporsi anche sul mercato».