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 2009  marzo 04 Mercoledì calendario

I BAMBINI DALLE TESTE GRANDI ALLA CONQUISTA DEL MONDO

Mel aveva appena 5 anni quando sua madre è morta di polmonite, nel 1987, in Tanzania. Non aveva né fratelli né parenti che si curassero di lui, ma è riuscito a sopravvivere: le attenzioni di Spindle, un dodicenne che divideva con lui il cibo e lo proteggeva, gli hanno consentito di vivere fino a 10 anni.
Mel non è un essere umano, bensì uno scimpanzè. Gli scimpanzè diventano indipendenti molto prima di noi, subito dopo lo svezzamento e non vivono, quindi, quella esile età di sogno chiamata infanzia.
Ma come si è modificata la crescita nel corso dell’evoluzione? Che differenza passa tra un cucciolo umano e un cucciolo di scimpanzè? E tra un bambino del XXI secolo e un bambino di Homo Erectus, l’ominide che, dopo aver scoperto l’utilizzo del fuoco, circa un milione e mezzo di anni fa colonizzò vaste aree del pianeta, dall’Africa al Medio Oriente fino ad alcune regioni dell’Asia?
Le ossa del bacino BSN49/P27 rappresentano una chiave importante per cercare di capire uno dei grandi misteri della nostra specie, vale a dire come ci siamo trasformati in ciò che siamo oggi. Appartengono a una femmina di Homo Erectus vissuta circa 1.4 milioni di anni fa e sono state rinvenute nel 2003 - pressoché complete - nell’area di Gona, in Etiopia, durante gli scavi effettuati da Sileshi Semaw dello «Stone Age Institute» dell’Università americana dell’Indiana. Dopo una serie di lunghe analisi, ora cominciano a restituire informazioni preziose: protagoniste sono le ricostruzioni e le rilevazioni antropometriche effettuate dal paleontologo Scott Simpson del dipartimento di Anatomia di Cleveland, Usa, e pubblicate sulla rivista «Science».
Per capirne il valore, però, bisogna tornare indietro nel tempo: è il 1925, quando Raymond Dart, anatomista australiano, annuncia la scoperta del teschio di un ominide bambino, vissuto all’incirca 2 milioni di anni fa, e soprannominato Taung. A che età era morto? A Dart sembra naturale attribuirgli le stesse caratteristiche dell’uomo moderno: il bambino ha i premolari permanenti e perciò pensa che abbia 6 anni.
Ma non è affatto così. Per scoprire la vera età di Taung occorrono 60 anni: è il 1984, quando Christopher Dean del London University College riesce a contare il numero delle microincisioni presenti sui denti di esemplari con caratteristiche analoghe a questo fossile, utilizzando un metodo affine al conteggio degli anelli del tronco con cui si stabilisce l’età degli alberi. E, sorprendentemente, scopre che questo piccolo ominide aveva solo 3 anni e mezzo, e non 6, quando scomparve.
Si tratta di un vero e proprio terremoto nel mondo della paleoantropologia: è la dimostrazione che i primi ominidi crescevano come cuccioli di scimpanzè, nei quali - è noto - i primi molari permanenti erompono proprio intorno a 3 anni e mezzo.
In base a ricerche dello stesso tipo, si è poi osservato che anche i «cuccioli» di Neanderthal, vissuti intorno a 500 mila anni fa, crescevano un po’ più velocemente dell’uomo, mentre soltanto 200 mila anni fa la rapidità dello sviluppo nei primi anni di vita è rallentata per stabilizzarsi nella nostra specie.
Adesso i nuovi studi sul bacino BSN49/P27 evidenziano in modo straordinario come l’Homo Erectus, che finora si riteneva crescesse allo stesso ritmo dello scimpanzé, stesse invece acquisendo una caratteristica fondamentale della specie umana: un cervello più grande.
Il bacino di un esemplare femminile è sempre un reperto significativo: permette di stabilire il volume cerebrale neonatale massimo di una data specie. Dato che sono pochi i fossili di Erectus pervenutici in buone condizioni, prima di questo ritrovamento e delle nuove analisi si era ipotizzato che il cervello alla nascita di questa specie raggiungesse i 230 centimetri cubici. E, invece, BSN49/P27 racconta una storia completamente diversa: se appartiene a una donna ancora di bassa statura, la sua «apertura» risulta incredibilmente più ampia di quella riscontrata nella celebre Lucy, la femmina di australopiteco, che rappresenta il più antico ominide rinvenuto finora: l’esemplare che ci ha tramandato il reperto BSN49/P27 poteva partorire un figlio con un cervello di 315 centimetri cubici.
Il neonato di Erectus, quindi, aveva un cervello un po’ più simile a quello di un baby umano - come un bambino di oggi di 36 settimane - e allo stesso tempo la crescita fisica tipica di uno scimpanzè. Secondo Simpson, siamo di fronte alla dimostrazione che all’incirca 1 milione e mezzo di anni fa stava accadendo qualcosa di eccezionale all’interno del grembo di una piccola donna, di appena 140 centimetri di statura. Un cervello di maggiori dimensioni, infatti, è la base fondamentale per l’acquisizione di capacità sempre più complesse e, contemporaneamente, richiede uno sviluppo cognitivo più protratto nel tempo: è un vantaggio, da una parte, e anche un rischio, dall’altra, visto che gli animali a crescita lenta sono più vulnerabili e presentano maggiori rischi di estinzione.
Gli studi del biologo Eric Charnov, all’Università del New Mexico, hanno evidenziato che, pur iniziando ad avere figli più tardi di una scimmia, la donna riesce a concepire lo stesso numero di cuccioli, intensificando il ritmo delle gravidanze. Crescere insieme più bambini, ciascuno dei quali ha bisogno di cure attente, richiede una madre più forte e più solida, che sia in grado di utilizzare al meglio i rapporti sociali all’interno di un gruppo per superare le inevitabili costrizioni biologiche. La sfida - dicono le nuove ricerche - iniziò probabilmente intorno a 1 milione e mezzo di anni fa, proprio quando una piccola mamma (quella del reperto BSN49/P27) osò affrontare rischi tanto elevati. Ma il vantaggio era ormai chiaro.
Era sorta l’alba del primato della razza umana.

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