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 2009  marzo 03 Martedì calendario

Rosalind Miles, Chi ha cucinato l’ultima cena?, Elliot, 2009, 443 pagine, 18,50 euro. Paradiso. «Per l’uomo senza la donna non c’è paradiso né in cielo né in terra

Rosalind Miles, Chi ha cucinato l’ultima cena?, Elliot, 2009, 443 pagine, 18,50 euro. Paradiso. «Per l’uomo senza la donna non c’è paradiso né in cielo né in terra. Senza la donna non ci sarebbero il sole, la luna, l’agricoltura, il fuoco» (proverbio arabo). Norma. «Lungi dall’essere una forma incompleta di mascolinità, secondo una tradizione che spazia dalla genesi biblica, attraverso Aristotele, fino a Tommaso d’Aquino, la femminilità è la norma, la forma fondamentale della vita» (Amaury de Riencourt, storico). Genetica. Negli anni Ottanta ricercatori dell’università di Berkeley isolarono l’impronta del Dna comune a tutta la razza umana e immutata da millenni, scoprendo che è femminile. Da qui l’ipotesi che l’umanità discenda da una donna vissuta in Africa trecentomila anni fa, i cui discendenti migrarono dall’Africa diffondendosi in tutto il globo. Primitivi. Falso che i primitivi vivessero della caccia. Come dimostrano i Boscimani !Kung del Botswana: gli uomini cacciano intensamente per una settimana e per il resto del mese oziano. Il clima caldo non consente la conservazione della carne e la tribù si nutre, all’80 per cento, del cibo raccolto dalle donne. I primi utensili non furono le armi foggiate per la caccia, ma gli accessori ricavati da pietra e legno dalle donne per estrarre radici, tuberi e tritare vegetazione legnosa. Ciclo. Le donne maori ed eschimesi usano come assorbenti il muschio, le indonesiane preparano tamponi interni con una fibra vegetale, le Azimba dell’Africa centrale lavorano la stessa fibra per farne degli assorbenti, tenuti fermi con una benda ovale di pelle di capra legata alla cintura di un perizoma. Accorgimenti usati probabilmente anche dalle donne primitive, che non potevano permettersi di rimanere inattive un quarto del loro tempo. Inanna. Il poema più antico tramandato dalla storia (2300 a.C.), L’esaltazione di Inanna, composto da una donna (sommo sacerdote dei Sumeri), e dedicato a una divinità femminile. «Perché in principio, quando l’umanità emerse dalle tenebre della preistoria, Dio era una donna!». Dea Madre. Il culto della Grande Dea Madre comune a tutte le civiltà fin dall’origine. Prima testimonianza, le c.d. ”statuette di Venere” tra il 25.000 e il 15.000 a.C. (di pietra e avorio in Europa, di fango in Egitto). Finché, nel 500 d.C. gli imperatori cristiani lo abolirono ordinando la chiusura dell’ultimo tempio a lei dedicato. Insaziabili. In tutte le culture la Dea Madre aveva molti amanti (il suo nome nella cultura Inuit, significa ”colei che non vuole marito”). In mitologia si unisce con giovani uomini e belli che ne muoiono. Come Giasone, che giace con Demetra in un campo arato e subito dopo muore fulminato. Gilgamesh quando disubbidì alla gloriosa Ishtar: «Quale dei tuoi amanti hai amato per sempre? Quale dei tuoi pastori ti ha soddisfatto in eterno?... E se tu e io diventassimo amanti, forse che non sarei trattato allo stesso modo di tutti questi altri da te amati una sola volta?». Poliandria. Nella società pre-islamica le donne potevano praticare la poliandria. Quando rimaneva incinta la donna radunava intorno a sé tutti i suoi mariti per nominare il padre (il prescelto non poteva rifiutare). Comandamenti. «Ascoltate quanto dice la Dea Sposa, la Madre Reale, la Padrona del Mondo» (comandamento inciso alla base della statua del re egizio Ramsete II, XIV sec. a.C.). Matriarcato. Tutmosi I, diciottesima dinastia dei faraoni egizi, che alla morte della moglie dovette cedere il trono alla figlia adolescente, Hatshepsut, pur avendo anche due figli maschi. Debora. Profetessa e giudice biblica degli Israeliti (1200 a.C.). Il generale della tribù, Barak, non scendeva sul campo di battaglia senza di lei (dal Libro dei Giudici, capitoli 4 e 5). Dote. Il Codice Hammurabi (promulgato a Babilonia nel 1700 a.C.), prevedeva la consegna della dote alla donna (non al marito), e alla sua morte il passaggio in eredità ai figli. Un codice coevo prevedeva, in caso di divorzio, l’assegnazione dei figli alla moglie e l’obbligo di mantenimento in capo al marito. Esibizionismo. I re babilonesi per rinnovare il proprio potere dovevano unirsi una volta all’anno pubblicamente con la prima sacerdotessa della Grande Madre (’sposalizio divino”). Bisogni. Una prigioniera del popolo degli Scoti, rispondendo alle curiosità di Giulia Augusta, moglie dell’imperatore romano Augusto: «Noi soddisfiamo i bisogni naturali molto meglio di voi romane, perché intessiamo rapporti con l’uomo migliore, mentre voi vi fate sedurre dal più ignobile». Clelia. Romana, fu presa in ostaggio dal re etrusco Lars Porsenna durante un’incursione contro Roma (VI sec. a.C.). Fuggì, rubò un cavallo e attraversò il Tevere a nuoto raggiungendo Roma. Restituita, Porsenna rimase così colpito che la lasciò libera insieme a tutti gli altri ostaggi. Amicizia di coscia. Offerta dalla regina celtica Maeve in cambio di aiuto nelle incursioni e nelle battaglie. Archidice. La più famosa cortigiana d’Egitto che, venendo a sapere di essere stata posseduta in sogno da un corteggiatore rifiutato, lo citò in giudizio per farsi pagare. I giudici ammisero il ricorso, decidendo che le spettava di sognare la corresponsione del dovuto. Iniziazioni. L’espressione aborigena usata al tempo del colonialismo per indicare il rito di iniziazione dei ragazzi della tribù australiana degli Aranda (in tempo di colonialismo): ”pene tagliato in due”. Infatti valeva il titolo onorifico di ”possessore di vulva”, e riti ulteriori prevedevano la riapertura periodica della ferita per dimostrare che l’iniziato poteva avere le mestruazioni. Foutin. Santo provenzale venerato nei villaggi del sud della Francia fino al XVII secolo. Per propiziarsi la fertilità le fedeli grattavano trucioli del fallo ligneo per mescolarli in una pozione, costringendo i preti a continui restauri. Giuramenti. In Galles, per integrare la prova di avere subito violenza, alla denunciante bastava giurare posando una mano su una reliquia di santi e afferrando con l’altra il membro del presunto colpevole (la consuetudine fu abrogata da re Howell il Buono, 909-950 d.C.). Fame. Fattori scatenanti, secondo Nigel Calder, della marginalizzazione delle donne nella storia (nei millenni immediatamente precedenti la nascita di Cristo): aumento demografico e perciò del bisogno di cibo. Coltivazione pianificata, migrazione e azioni belliche valorizzarono il ruolo maschile con conseguente spodestamento della Grande Dea Madre in mitologia. Nella fase di transizione i re che non volevano abbandonare il trono alla morte della moglie, si risposavano con l’erede designata, la figlia. Sacrifici. «Non più sacra la donna divenne sacrificabile». Ripiene. Nella Cina pre-feudale la tradizione della ”Sposa del signore del Fiume Giallo”, che per un anno veniva fatta ingrassare per poi essere gettata nello Yangtze Kiang. Invidia. «Dietro l’insistenza dell’uomo sulla superiorità maschile c’è un’antica invidia nei confronti delle donne» (Erik Erikson). Droit du seigneur. Con la nascita delle religioni monoteiste si radicò la convinzione che la lacerazione dell’imene della donna vergine fosse fonte del male per il marito. Vari i rimedi per evitare la contaminazione: in Oriente penetrandola con un bastoncello di ferro o incaricando uno schiavo di deflorarla, nei paesi del Nord Europa gravando del rischio uomini maturi (il padre, il fratello maggiore, uno zio, il feudatario). La cerimonia turca dell’’apertura dello scrigno”: in una sola notte la sposa vergine poteva subire rapporti sessuali con 100 uomini del reggimento dello sposo. Spogliarelli. La banda di prostitute parigine che nel luglio 1970, armate di pistola, assalirono un distaccamento della cavalleria reale ordinando ai soldati di gridare «Morte al re!». Al loro rifiuto una di loro, mezza nuda, di non più di sedici anni, si mise a ballare urlando: «Se ne volete un assaggio, dovete solo gridare: ”Morte al re!”», seguita da tutte le altre.