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 2009  marzo 03 Martedì calendario

IL PO TROPPO INQUINATO. I PESCI DIVENTANO BISESSUALI


Maschi sempre meno maschi e un po’ più femmine. Femmine sempre meno femmine e un po’ più maschi. Non stiamo parlando di uomini e donne che hanno deciso di cambiare sesso. Ma di pesci. Che il sesso lo cambiano loro malgrado. Senza possibilità di scelta. Colpa degli scarichi di acque sporche (residui di attività quotidiane, industriali e agricole) che inquinano quelle di superficie, sostanze chimiche che interferiscono col sistema endocrino di diverse popolazioni ittiche, alterandolo. A documentare il fenomeno uno studio dell’Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche (Irsa-Cnr), che nel fiume Po ha rilevato la presenza di diverse specie di pesci con gonadi intersessuali, vale a dire contemporaneamente maschili e femminili. Di questo si parla oggi a Roma (Cnr - Dipartimento Terra e Ambiente, ore 9) nell’ambito del convegno ”Risorse idriche e sviluppo sostenibile. Il ruolo della ricerca”.

Il primo ritrovamento di pesci bisex risale al 2000 nella parte centrale del fiume, in corrispondenza dello scarico di sostanze chimiche trasportate dall’affluente Lambro, ed è proprio qui, dove sono stati ritrovati gli esemplari più numerosi, che gli studiosi hanno concentrato la loro attenzione. Una ricerca dell’Irsa-Cnr dimostra infatti la forte attività estrogenica nel sedimento del letto del tributario del Po. «Più spesso si parla di attività estrogenica, ma abbiamo trovato anche forti attività antiandrogeniche: si tratta di interferenti endocrini, cioè sostanze capaci di alterare le normali funzioni del sistema endocrino» ci spiega Luigi Viganò, ricercatore dell’Irsa-Cnr. «Quando un pesce è esposto a queste sostanze, diversi suoi organi, comprese le gonadi, subiscono delle alterazioni. Noi ci siamo concentrati sull’apparato riproduttivo e abbiamo visto che alcune sostanze, se l’animale viene esposto ad esse durante le fasi giovanili dello sviluppo, causano la comparsa di organi dell’altro sesso». Sostanze femminilizzanti, dunque, e sostanze maschilizzanti. Con una curiosità: l’evento più comune, almeno nel Po, è quello di femminilizzazione, cioè «di esemplari maschi nei testicoli dei quali viene indotto uno sviluppo con differenziazioni di comportamento tipiche di un ovario. L’inversione può essere più o meno estesa, fino a un maschio con gonadi totalmente femminili, che rappresenta il caso più grave».

Tra i pesci osservati, migliaia, spiccano cavedani, barbi e carpe. Esemplari danneggiati in modo più o meno grave (ridotta qualità a livello spermatico, capacità di riprodursi compromessa) dall’esposizione agli interferenti endocrini. Facciamo un esempio: se il pesce che normalmente produce 100 uova, o spermatozoi, arriva a produrne 90, il danno è contenuto. Se però la percentuale di invalidazione sale, i problemi aumentano. «Se produce 50 uova anziché 100, pochissimi embrioni raggiungeranno la maturità sessuale permettendo alla specie di progredire», aggiunge Viganò «e una specie debole difficilmente riuscirà ad opporsi ad altre specie, non autoctone, pronte a conquistare le nicchie disponibili. Negli ultimi trent’anni ci sono state drastiche riduzioni di alcune specie».

A questo punto per gli studiosi è quanto mai opportuno approfondire il problema e cercare di porvi rimedio. Per questo, però, servono nuovi fondi da destinare alla ricerca.