Domenico Quirico, la Stampa 03/03/2009, 3 marzo 2009
Pierre Bergé, il compagno di Yves Saint Laurent, l’organizzatore del sontuosissimo, costossimo e secondo molti inopportuno funerale all’asta della loro collezioni di capolavori e oggetti d’arte, fa il sornione: «Il collezionista cinese non vuole pagare i miei due bronzi? Benissimo, li tengo con me
Pierre Bergé, il compagno di Yves Saint Laurent, l’organizzatore del sontuosissimo, costossimo e secondo molti inopportuno funerale all’asta della loro collezioni di capolavori e oggetti d’arte, fa il sornione: «Il collezionista cinese non vuole pagare i miei due bronzi? Benissimo, li tengo con me. Continueranno, il topo e il coniglio, a farmi compagnia». Lui che aveva proposto, alla Cina furibonda, un simpatico scambio: disposto a regalarli, i due gioielli dell’imperatore Quianlong arraffati dai soldati francesi ai tempi del sacco del Palazzo d’Estate (correva il 1860 e si combatteva l’umiliante, sfacciata guerra dell’oppio), ma in cambio della liberazione del Tibet. E’ passata meno di una settimana dalla vendita dei due oggetti, per 15,7 milioni di euro ciascuno, a un misterioso acquirente telefonico, e questi si è fatto, e clamorosamente, vivo. E’ un cinese, Cai Mingchao, non un burocrate del partito, ma un noto collezionista e antiquario. Famoso per aver sborsato, nel 2006, 12 milioni di euro a un’asta a Hong Kong per assicurarsi un Buddha della dinastia Ming. Questo patriottico sardanapalo ora afferma di aver comprato i due bronzi per restituirli al legittimo proprietario, cioè la Cina. Ma, essendo un furto, non è disposto a pagarli. Esattamente la tesi che due avvocati, sostenuti dal Fondo cinese per il patrimonio artistico, hanno tentato invano di far sanzionare da un tribunale di Parigi poche ore prima dell’inizio della vendita al Grand Palais. Ma che il giudice ha respinto sostenendo che i due bronzi erano legittima proprietà di Bergé. Ora Cai sostiene che la sua offerta non è stata altro che un’operazione ben congegnata messa in piedi per recuperare le teste bronzee: «Tutti i cinesi avrebbero agito come me. Mi sono sforzato di fare il mio dovere. E adesso non pago». Gli ha fatto da autorevole spalla il presidente del Fondo del patrimonio nazionale Niu Xianfeng, che ha insistito che i due bronzi non devono essere pagati, aggiungendo però che per legge ci sono sette giorni per versare il denaro (il termine scade domani) e che la transazione è comunque possibile. Ipotesi che ribadisce anche l’agenzia Nuova Cina, secondo cui questi «metodi straordinari» sono stati «resi necessari dal carattere straordinario della situazione». Ci sono alcuni misteri, infatti, che restano senza risposta e lasciano intravedere una possibile trattativa segreta tra la casa d’aste e il governo cinese. Ma le due teste sono ancora in possesso di Christie’s?