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 2009  marzo 02 Lunedì calendario

GRAN BUSI

sul concetto di ”provocazione”, OGGI – ”Vasco Rossi, Benigni, un Mentana a caso non sono più provocatori di Malgioglio o di Antonella Clerici o di don Milingo” – ”se un artista viene portato in palmo di mano, VUOL DIRE CHE NON C’è ARTE”…
Aldo Busi per Dagospia


Aldo Busi
Cambridge 2.3.2009

Lo smodato uso che i benpensanti, gli oscurantisti, i conformisti, gli ipocriti, i cultori del luogo comune, i difensori del loro meschino particulare, i vigliacchi a contratto, i codardi del bon ton, i fideisti, i preti in borghese, gli stanchi vampiri dello stato di fatto a loro favorevole, talvolta solo in apparenza, fanno della parola "provocazione"! Quante volte, non sapendo che dire, mi hanno tacciato di provocatore! E ovviamente non c’è mai alcuna provocazione che non sia seguita dall’aggettivo automatico - ma tutto è automatico nei reazionari che vedono in pericolo la piccola verità in tasca grazie alla quale se la riempiono - "gratuita".

Ora, io direi questo: dove non c’è provocazione non c’è arte (e se è per questo anche se la provocazione è obsoleta non c’è arte, poiché l’arte esplora sempre zone ancora tabù del vivere sociale) e un artista è innanzitutto un provocatore etico, e non è così facile esserlo, perché bisogna innanzitutto essere un agguerrito esploratore dell’animo umano e civile aggiornato (innanzitutto del proprio) e poi al pensiero deve seguire la sua attuazione estetica, e non solo a parole o nell’opera, ma nel proprio essere persona sociale e politica; un artista che non rischia niente è un artigiano che si compiace del proprio bric-à-brac compiacendo i suoi fruitori; un artista ci smena, non ci guadagna; un artista che "piace" è, proprio come un presidente del consiglio o un assessore alle opere pubbliche, il riflesso "ripulito" dei suoi immondi compratori che individuano in lui la cassa di risonanza dei loro vizi promossi a virtù; un artista per essere tale non può piacere, se piace è perché fa leva, con la sua scaltrezza demagogica, sul bisogno di conferme intellettuali e "morali" del popolino scientemente ignorante (anche ad alti livelli culturali) che lo promuove per promuoversi e sentirsi legittimato nella sua furbizia assurta, grazie all’"artista" prescelto, a intelligenza ultima e definitiva.

In questo senso, Vasco Rossi, Roberto Benigni, un Mentana a caso e poi una pletora di autori, pittori, architetti, giornalisti, direttori d’orchestra non sono più provocatori di Cristiano Malgioglio o di Antonella Clerici o di don Milingo; un artista viene accantonato dai suoi contemporanei, non onorato, un artista viene deriso, bloccato, infangato, rimosso; se viene portato in palmo di mano è perché con la sua cassetta degli strumenti, permessi a qualunque artigiano variamente tesserato, serve a far sì che tutto resti piallato e smussato com’è.

L’artista che non provochi l’utopia che è tanto ridicola e scandalosa oggi quanto sarà la prossima sdrammatizzata realtà a venire non è e non è stato nessun artista, o non più di un bravo droghiere che sa fare il suo lavoro e nella cui cassa le entrate sono di giorno in giorno superiori alle uscite. Un artista, ovverosia uno Scrittore o un cittadino qualunque che decida di darsi il coraggio che nessun altro si dà, non è omologabile. Si è artisti nella vita, quindi o subito o mai più: l’opera, se c’è e quando c’è e ammesso ci sia, può attendere.


[02-03-2009]