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 2009  febbraio 27 Venerdì calendario

Marabotto Giuseppe

• Cuneo 1 gennaio 1947. Magistrato. Dal 2002 al 2005, a capo della Procura della Repubblica di Pinerolo, nel febbraio 2009 arrestato con l’accusa di associazione a delinquere, corruzione e truffa pluriaggravata allo Stato (dopo pochi giorni la confessione) • «[…] è accusato di aver ”inventato” indagini su almeno 375 società, soltanto allo scopo di poter aprire fascicoli che gli dessero il pretesto per conferire inutili consulenze fiscali a terne di periti compiacenti e di loro parenti. Perizie al ritmo di ”una ogni 4 giorni, compresi i festivi”, strumentali alla liquidazione degli onorari ai consulenti e costate al Ministero della Giustizia oltre 11 milioni di euro, quasi un terzo dei quali tornati secondo l’accusa al procuratore Giovanni Marabotto sotto forma di buste di denaro. Per anni ospite fisso del ”Processo di Biscardi”, e di recente coinvolto (ma archiviato al Csm) in alcune intercettazioni con Luciano Moggi per chiedergli aiuto durante un’ispezione ordinata dall’allora Guardasigilli Castelli, al […] Marabotto si addebita la creazione di un ”sistema illegale” con il coinvolgimento di periti in vista a Torino (come i pure arrestati ieri Mario Florio e Ruggero Ragazzoni) nonché di una galassia di mogli-cognate- figli-soci-collaboratori di terne di consulenti; e con la previsione, per ogni gruppo, di un ”coordinatore” di tangenti, a sua volta chiamato a riversare il 30% degli onorari al collettore (il medico Dario Vizzotto, arrestato) che poi consegnava le buste di denaro al procuratore. Tradotto nel capo d’accusa stilato dal gip Stefania Donadeo, una ”associazione per delinquere” che per i pm milanesi Maurizio Romanelli e Stefano Civardi annovera almeno 27 persone. I primi scricchiolii erano arrivati dalle statistiche, visto che i procedimenti ”inventati” finivano poi, una volta formalizzati, quasi tutti con assoluzioni. Si sono aggiunti i sospetti degli stessi pm di Marabotto, come quello che lo definì ”un intrallazzato che fa e riceve favori”. Le segnalazioni nel febbraio 2005 dei pm torinesi Avenati, Baggio e Riccaboni hanno messo in moto le indagini, al cui inizio Marabotto lasciò Pinerolo nell’estate 2006 per la Corte d’Appello a Genova fino alla pensione. E l’ultimo tassello sono state le ammissioni di coindagati come l’ispettore dell’Agenzie delle Entrate, Riccardo Saliceti. Senza alcuna ragione formale, quasi pescando le società ”dalle pagine gialle” (metafora di un teste), Marabotto è accusato d’aver aperto fascicoli a ”modello 45” (il registro degli atti non costituenti notizia di reato) e ”sistematicamente simulato la necessità di accertamenti fiscali per i quali fossero necessarie specifiche competenze tecniche”, individuate sempre negli stessi gruppi di consulenti retribuiti dallo Stato. I consulenti giravano il 30% al loro coordinatore, perché ”questo era il prezzo da pagare”; il coordinatore dava i soldi al collettore finale delle tangenti, Vizzotto, il quale in buste di denaro li consegnava al procuratore, che secondo i testi coltivava questa teoria: ”Fai tu la raccolta, così, se ti beccano, in galera ci vai tu”. La prospettazione difensiva di Marabotto è che il suo sistema puntasse a monitorare e combattere la consistenza dell’evasione fiscale nel suo circondario. Ma già quando dettava legge non aveva convinto il comandante della compagnia di Orbassano della Finanza, capitano Lo Turco, che non esitava a qualificare le consulenze come ”autentiche schifezze” che ”non servivano a niente”. E quando un maresciallo della Gdf è stato incaricato di avviare accertamenti sulle perizie, le intercettazioni hanno sorpreso il procuratore a infuriarsi: ”Ho già preparato una lettera al Comando generale della Gdf... è vergognoso che facciano indagini sul modo di agire della Procura... quel maresciallo sparisce dalla circolazione... la pagherà molto cara... a questo maresciallo gli fanno un mazzo...”. Non è andata a finire proprio così» (Luigi Ferrarella, ”Corriere della Sera” 14/2/2009) • «Divenne famoso perché fu pubblico ministero nell’inchiesta e nel processo ”Calcio scommesse”, quella che nel 1986 scompaginò i campionati di serie A e B, una delle prime vere istruttorie mediatiche in tv. Fece da scorta a Luciano Moggi, allora direttore sportivo del Torino, convocato a Palagiustizia nel 1993 per una storia di ”hostess” fornite ad un arbitro. Divenne ospite quasi fisso del Processo del lunedì di Aldo Biscardi. E nel 2005, ormai più che chiacchierato, rispuntò fuori nelle intercettazioni di Calciopoli: chiamò al telefono il solito Moggi, mentre aveva gli 007 del ministero alla porta, per ingraziarsi un ispettore di provata fede juventina con biglietti per la Champions. [...]» (Lorenza Pleuteri, ”la Repubblica” 14/2/2009).