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 2009  febbraio 27 Venerdì calendario

”COSI’ GENCHI PEDINO’ IL CAPO DEGLI 007’

La vicenda presenta degli aspetti gravissimi che impongono al Parlamento di intervenire. Non è possibile che il direttore del Sismi, Niccolò Pollari, e persino i suoi familiari siano stati pedinati elettronicamente per 24 mesi». Nel giorno in cui dalla maggioranza arrivano messaggi distensivi verso l’opposizione sul disegno di legge Alfano sulle intercettazioni - «il testo non è blindato e non porremo la fiducia» - il presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), Francesco Rutelli, ha consegnato ai presidenti di Camera e Senato un promemoria sulla vicenda della banca dati dei traffici telefonici del consulente Gioacchino Genchi. E poi, alla Conferenza dei capigruppo di Montecitorio e di palazzo Madama, iRutelli ha aggiunto che la Procura di Roma, che sta indagando sull’ex consulente dell’ex pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, ha fatto sapere che anche altri 14 agenti e funzionari dei servizi segreti hanno subito lo stesso trattamento di Pollari.
Il termine «pedinamento elettronico» significa che attraverso i tracciati dei tabulati telefonici, Genchi ha documentato non solo con chi parlava Pollari ma anche dove si trovavano lui e il suo interlocutore. E’ evidente, denuncia il Copasir, che si è determinata una falla nel sistema della sicurezza nazionale. Ed è per questo che il Copasir invita il Parlamento a individuare «nuove soluzioni di ordine normativo oppure di migliore organizzazione e collaborazione tra le istituzioni competenti».
Un tema che non viene affrontato nel disegno di legge del Guardasigilli Angelino Alfano che, invece, si concentra sui limiti dell’utilizzazione dello strumento delle intercettazioni da parte della magistratura e della pubblicazione degli atti giudiziari da parte degli organi di informazione. Ieri, dalla maggioranza sono arrivati segnali distensivi nei confronti dell’opposizione, della magistratura, del mondo dell’informazione (editori e giornalisti).
In sostanza, la settimana prossima la maggioranza tornerà a riunirsi per limare il testo del disegno di legge che andrà comunque in Aula, alla Camera, il 9 marzo. Le aperture, ribadite ieri dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Buonaiuti, dal capogruppo alla Camera della Lega, Roberto Cota, e dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa, in sostanza riguardano tre questioni. La prima: finora, nel testo del disegno di legge le intercettazioni venivano autorizzate soltanto in presenza di «gravi indizi di colpevolezza». Adesso il mandato affidato al ministro di Giustizia, Angelino Alfano, è quello di trovare una nuova formulazione che si avvicini a quella di «oggettivi indizi di colpevolezza» (insomma «una via intermedia tra gravi indizi e il nulla», spiega Roberto Cota, Lega). Seconda questione: il diritto di cronaca. Con l’attuale testo, nei fatti non si potrà pubblicare nulla fino alla fase della definizione del processo. Il ripensamento della maggioranza va nella direzione di garantire l’informazione nella forma di possibilità di raccontare l’inchiesta «per riassunto». Infine, il nuovo testo non dovrà contemplare l’arresto per i giornalisti che dovessero violare la legge. Se per l’Udc Michele Vietti, queste modifiche vanno nella direzione giusta, per il Pd e Idv il testo va bocciato.