Paolo Festuccia, La Stampa, 27/2/2009, 27 febbraio 2009
SACCA’: VOLEVANO FARMI DIVENTARE IL CANCRO DELLA RAI
«Ho provato una violenza disumana. Ci sono stati dei dottor Stranamore nell’azienda che evidentemente volevano demolirmi». Agostino Saccà, l’ex direttore generale della Rai è battagliero più che mai. La richiesta di archiviazione della Procura per una presunta storia di attrici e raccomandazioni è ormai alle spalle. Restano, però, i segni. «Ma di che parliamo, quelle artiste non hanno mai lavorato e non perché non fossero brave, ma perché non erano giuste in quei ruoli -. Ma di fatto, in questi mesi hanno cercato di farmi passare come la ruota bucata dell’azienda, il tumore della Rai».
E ora come si sente?
«Sereno. Ma lo ero anche prima, nonostante su di me ci fosse una morsa infernale. Avevo la sensazione che un pezzo avventizio della mia azienda volesse trasformarmi nel capro espiatorio».
E perché, se lo è chiesto?
«Alcuni forse avevano l’esigenza di riaccreditarsi a sinistra dopo il bacio della pantofola a casa di Berlusconi, altri per mere beghe di potere...»
A chi si riferisce ai vertici Rai, a Petruccioli a Cappon?
«Già nel gennaio 2008 l’azienda sapeva che le accuse non avevano consistenza. E, invece, di prendere le difese di un alto dirigente, di uno che è stato direttore generale, due volte direttore di Raiuno, la Rai, insomma, cosa fa? Lo getta alle ortiche e come se non bastasse dopo la reintegra del giudice, c’è il tentativo addirittura di licenziarmi, per poi «confinarmi» in un’altra struttura. Ma non finisce qui, perché le mie intercettazioni - che la procura ha detto di distruggere - vengono fatte trascrivere illegalmente, nonostante il parere contrario del capo degli affari legali della Rai, e stranamente finiscono ai giornali: tutto ciò è una violenza disumana».
E perché lo avrebbero fatto?
«Per una questione di riposizionamento ma anche commerciale. Io ho sempre creduto alla produzione italiana, altri hanno riservato le loro attenzioni agli acquisti internazionali: mi creda la differenza è enorme».
Ma chi sono i suoi amici?
«Tutti i più grandi artisti da Fiorello alla Cavani e l’azienda più sana. Quando sono tornato c’è stata un’ovazione. Eppoi, Giovanni Minoli. Mi son detto: se lui che ha grande testa ma anche cuore prende le mie difese, allora è un omaggio alla verità, riscatta l’onore dell’azienda, non solo il mio».
E i nemici?
«Non voglio ripetermi, si conoscono nomi e cognomi, non polemizzo più, la Rai ha bisogno di tornare a vivere».
E ora Agostino Saccà cosa farà?
«Alle scorse elezioni mi proposero di fare il capolista in Calabria, ma sarebbe stata una via di fuga. Io sono un combattente e sono certo che tornerò a fare il mio mestiere».
Ma alla Rai o altrove?
«Non lo so. Però è mio diritto recuperare tutto ciò che mi è stato sottratto in quasi due anni. Eppoi, visto come va la fiction Rai ora, rispetto a come l’ho lasciata io dovrebbero venire in ginocchio».
Ma Del Noce sostiene il contrario?
«Solo chi non conosce i meccanismi del prodotto può dire questo: io ho lasciato, idee, soggetti, ma poi produzione, post produzione, montaggio, non li ho più seguiti, basta che una sola cosa di questo non funzioni e il prodotto perde colpi...»
E con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi come è il suo rapporto oggi?
«I rapporti sono come tra due persone amiche che si stimano. Il Presidente Berlusconi, nei giorni caldi della vicenda, ha detto che ”Saccà è uno dei migliori manager editoriali, gli sono amico da vent’anni, lo stimo moltissimo”; insomma c’è grande rispetto. Berlusconi sa apprezzare le persone in grado di fare cose con l’intelligenza».
A viale Mazzini, però, qualcuno è preoccupato per l’epilogo della vicenda...
«Ne sono convinto. In questi anni c’è stato un forte imbarbarimento: pensate alla vicenda Bergamini, alla mia o a quella di Petroni (Ieri al Consulta ha dato ragione al consigliere ndr)...Il clima è diventato davvero irrespirabile...»
E quindi?
«Serve una discontinuità a tutti i livelli. Ci vorrebbe un rinnovamento di tutto il gruppo dirigente perché mai come in questo momento è necessario il rilancio editoriale».
Ma cosa intende per rinnovamento, una sorta di Raiset?
«Ma scherziamo, Raiset è una banalità, mentre a viale Mazzini occorre ritornare alla sua missione, cioè quella di servizio pubblico».
Ma così la Rai rischia di perdere ascolti?
«La tv pubblica da sempre è sopra nello share a Mediaset anche di diversi punti. Se perde qualcosa in termini di audience non cambia nulla ma guadagna nella qualità. C’è un ”sud di mondo” che viene da noi e che dobbiamo ”formare” e integrare: la tv è fondamentale anche per questa ragione».
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Un giallo, ma che non poche polemiche ha creato ieri mattina ai piani alti di viale Mazzini. La consueta rassegna stampa, infatti, non riportava nemmeno un rigo della vicenda Saccà. Niente prime pagine dei quotidiani italiani, niente servizi o articoli interni sulla questione. Qualcuno ha parlato, addirittura di censura. Poi la Rai ha spiegato che si trattava di un errore. Un errore tecnico, forse umano, che ha portato alla fattura della sola rassegna stampa multimediale. Sarà, chissà? Di certo, dopo le proteste la Rai è corsa ai ripari, e finalmente intorno alle 13 è giunta nelle mani dei dirigenti di viale Mazzini la rassegna classica con su scritto: «Per un errore tecnico è stata inviata la rassegna multimediale invece della selezione aziendale». Ma molti si son chiesti allora: per quale ragione, se si trattava della rassegna multimediale, essa rassegna conteneva anche altri articoli di giornale tranne quelli della vicenda Berlusconi-Saccà? E ancora, perché l’azienda ha impiegato così tanto a distribuire la nuova rassegna? Insomma, le giustificazioni sono tante ma non è che abbiano poi granché convinto. Anzi, semmai il contrario.